Identificazione e Classificazione dei nuovi pollini della Sindone

Max Frei

Max Frei Sulzer, biologo ed esperto di criminologia, è stato direttore del Servizio Scientifico della Polizia di Zurigo. Negli anni ’70 si dedicò a prelevare polveri dal Telo Sindonico e a studiarne la composizione per rintracciare la presenza di pollini che potessero fare luce sulle origini e la storia del reperto. Riportiamo qui un testo di interesse storico, un suo intervento durante un Congresso del 1981, due anni prima della sua morte, in cui egli riferisce sui risultati della sua ricerca.


Il polline e le spore delle crittogame sono cellule vegetali prodotte come organi di riproduzione mediante divisione di altre cellule vive.
La loro forma e struttura dipendono dai cromosomi della cellula madre.
Ogni varietà di pianta contiene uno spettro cromosomico individuale e diverso da ogni altra specie. Ciò spiega perché il polline è assolutamente caratteristico per ogni pianta.
Per riconoscere la struttura completa non basta il microscopio normale ottico, ma bisogna ricorrere all’aiuto del microscopio elettronico a scansione e verificare le identificazioni, comparando il polline in questione con pollini maturi raccolti sulla pianta stessa.
Ho eseguito questo procedimento per lo studio della Sindone, collezionando personalmente campioni di confronto in Palestina, in Anatolia, a Costantinopoli, a Cipro, in Francia ed in Italia.
Ho pure avuto l’aiuto dell’amico Ghio, che ha raccolto una grande quantità di piante fiorifere in Turchia.
Un metodo molto efficace di confronto è quello di associare pollini da identificare ad un gruppo di pollini autentici della pianta, che si suppone sia la fornitrice del polline in via d’identificazione. Se si possono studiare nella medesima preparazione, a tutti gli ingrandimenti e con la stessa luce a diverse lunghezze d’onda, i risultati sono più sicuri e più certi che nel confronto di due preparazioni a sé stanti.
Il microscopio elettronico consente di studiare i dettagli più minuti della struttura della pellicola esterna, la così detta «exina», e dei pori.
Unicamente il microscopio a scansione permette di distinguere, con assoluta sicurezza, due specie dello stesso genere, anche se la parentela è molto stretta.
Ciò dipende pure dalle ridottissime dimensioni del polline, che deve essere esaminato a forte ingrandimento, anche fino a più di 4.000 volte.
Dal punto di vista dell’identificazione non possono quindi nascere dei dubbi.
Si comprende che il confronto si può stabilire soltanto quando si è formata un'idea concreta della possibile identità del polline, forse in base alla propria esperienza, forse in base a tavole illustrate o studiando sistematicamente la flora di una regione di probabile origine del polline.
Il lavoro è immenso perché le microfotografie per il confronto dei pollini sono sempre rare e non comprendono che una percentuale molto ridotta di tutte le piante fiorite.
Inoltre si deve tenere presente che ci si può trovare di fronte a pollini «sporchi» e la loro pulizia richiede una lunga esperienza e molta pazienza; sovente una buona parte dei pollini stessi, in questo lavoro, va perduta.
Nel caso dei pollini della Sindone devo confessare che un esemplare molto bello non è ancora stato possibile identificarlo e nessun altro palinologo, anche straniero, mi ha potuto essere di aiuto fornendomi il relativo nome.
Un collega mi ha suggerito che potrebbe trattarsi di una pianta estinta e, pur allettato da quella che sarebbe una splendida scoperta, devo rifiutare questa idea sino a quando non avrò una prova concreta che dovrebbe risultare da un confronto con polline fossile.
Non sto qui ad illustrare le difficoltà di un’indagine dei genere, peraltro possibile, ma molto lunga e complessa nel tempo.

Area di distribuzione ecologica e geografica delle piante
È ovvio che la presenza di una pianta cosmopolita, o ad area molto vasta, non permette deduzioni.
Contrariamente, le piante che crescono solo in un paese e che sono endemiche di una zona ristretta, ad esempio una montagna od un’isola sola, hanno un grande valore di prova.
Lo stesso si verifica con piante a ristretta diffusione ecologica, come piante delle rupi, delle steppe, dei deserti sabbiosi, o piante che crescono in zone con elevata concentrazione di sali nel suolo.
Queste alofite sono circoscritte ai deserti salati o alle coste del mare e mancano completamente in molti territori della Francia e dell’Italia.
Sotto questo punto di vista i pollini della Sindone, vista la loro ecologia e la loro geografia botanica, sono, da classificare come elementi molto validi per la ricerca sul passato geografico del Lenzuolo.
Più una pianta è specializzata per vivere in condizioni ecologiche estreme, più possiamo essere sicuri che sia il clima che le condizioni atipiche non sono alterate e che questa varietà botanica si può riscontrare nella stessa zona per secoli e secoli.
Due esempi molto significativi per questo fenomeno, secondo le mie ricerche, sono la Onosma Syriacum e lo Hyoscyamus Aureus, piante specializzate a vivere sulle rupi, sui muri e sulle rovine che ai tempi di Cristo non mancavano in Palestina.
Il loro polline si trova sulla Sindone, e le stesse piante crescono tutt’oggi sulle mura della vecchia cittadella di Gerusalemme.
Tutti sanno che lo studio dei pollini fossili, per esempio nella torba, permette di ricostruire l’aspetto della vegetazione nel passato.
In egual modo i pollini sepolti nel fango del Mar Morto ci danno un’idea molto chiara della flora palestinese (chiamata «flora della Bibbia») ai tempi di Cristo.
Alcuni degli elenchi, pubblicati dall’Università di Tel Aviv, di pollini estratti dal fondo del Mare Morto o dal lago di Genezaret contengono molti nomi identici alle liste da me pubblicate nel 1978 del polline sindonico.
Per essere chiaro: questi pollini nei sedimenti marittimi o lacustri sono fossili, ma non rappresentano piante estinte e pure i pollini della Sindone non provengono da piante estinte. Fatta riserva, se possibile, per quel polline di cui ho detto che non sono ancora riuscito a classificare.

Il trasporto del polline
Il destino normale del polline è quello di essere trasportato sullo stelo di un fiore della stessa specie, trasporto effettuato dal vento, dagli insetti, da uccelli (colibrì) in piante tropicali, da lumache in piante acquatiche, ecc.
Molti pollini non raggiungono mai la loro meta, ma la natura produce pollini in abbondanza specialmente da parte delle anemofile, come il nocciolo, il noce, la quercia, il faggio, le conifere, le ciperacee, il grano ed altre graminacee.
Ricerche eseguite in Italia ed in molti altri Paesi — ad esempio in Israele ed, in Svizzera, a Basilea — hanno provato statisticamente che normalmente il trasporto col vento porta il polline lontano non più di 10-100 km.
Apparecchi automatici per la raccolta della polvere eolica durante tutto l’anno hanno fornito la prova che elementi estranei, asportati da lontano col vento, sono sempre in evidente minoranza rispetto alle piante dei dintorni (fino ad 8 km.).
Osservazioni spettacolari. per esempio il ritrovamento di pollini di faggio in Africa (Tschad), non sono una prova per il contrario; sono eccezioni che non possono alterare sensibilmente lo spettro completo dominato sempre dalle piante più vicine.
Per la Sindone questo fatto significa che il Lenzuolo deve avere soggiornato in Palestina o in Turchia, poiché le piante che crescono in quelle zone, comprese le specie mediterranee, sono dominanti nello spettro pollinico.
Escludo una contaminazione con polvere portata da pellegrini o da uccelli migratori. poiché questi non avevano occasione di entrare in contatto con la Sindone.
Alcuni critici hanno espresso l’opinione che basterebbe in un millennio un solo uragano soffiante da Est per spiegare sulla Sindone, se questa era esposta all’aria libera nei giorni seguenti, il deposito di una trentina di pollini della Turchia, della Palestina e del bacino orientale del Mediterraneo.
Ma questa argomentazione non è valida perché le piante che hanno prodotto questi pollini fioriscono in epoche diverse ed occorrerebbero perciò venti più frequenti dall’Anatolia sino in Francia in mesi diversi ed in giornate senza pioggia ed in più con una esposizione della Sindone al momento giusto per raccogliere la polvere eolica corrispondente.
Tutte queste coincidenze sono statisticamente pressoché impossibili a verificarsi.

Distribuzione dei pollini sul lenzuolo sindonico
Nei primi studi avevo avuto occasione di effettuare i miei prelievi principalmente nelle zone basse ed al margine del Lenzuolo. Nel 1978 ho esteso le mie ricerche in quasi tutte le zone compresa quella del volto.
Se il «Mandylion» di Edessa/Costantinopoli era nient’altro che la Sindone piegata ed incorniciata, si potrebbe pensare di trovare un maggiore numero di pollini della Turchia nella zona del volto rispetto alle altre parti del Lenzuolo.
Non sono in grado di confermare questa ipotesi che comporterebbe numerosi prelievi e lunghi studi statistici.
Dato il fatto che il Lenzuolo è stato arrotolato, srotolato e piegato tante volte, in occasione della sua venerazione durante i secoli, una distribuzione più o meno eguale di tutta la polvere su tutta la superficie non è da escludere.
La distribuzione del polline sulla stoffa e nella teca di conservazione, secondo il mio punto di vista, non presenta niente di anomalo.

Nuovi pollini scoperti sulla Sindone
Al Congresso Internazionale di Sindonologia del 1978 avevo esposto le fotografie e le microfotografie al microscopio elettronico a scansione di 48 varietà di pollini.
Riflettevano lo studio di 5 anni in funzione dei prelievi eseguiti.
Nel frattempo avevo avuto occasione di studiare altro materiale e precisamente:
a) i nastri collanti prelevati in data 8 ottobre 1978, in occasione della riunione degli scienziati americani ed italiani per lo studio della Sindone;
b) polvere prelevata in data 6 ottobre 1978 da Baima Bollone e coll. nella teca di conservazione della Sindone;
c) fotografie al microscopio elettronico di polvere prelevata, per mezzo di aspiratore speciale, da Riggi in data 8 ottobre 1978, in parte sul retro della Sindone nello spazio tra il lino e il supporto aggiunto nel ‘500. Riggi mi ha gentilmente mostrato una gran parte delle sue fotografie, che in verità non contenevano pollini identificabili;
d) polline estratto dall’Aloe Socotrina e dall’Aloe Agallocha.

Risultati ottenuti sul nuovo materiale
L’analisi al microscopio ottico ed il controllo al microscopio elettronico a scansione hanno dato i seguenti risultati:
1) Sul Lenzuolo non ho trovato pollini di Aloe Socotrina né di Aloe Agallocha; invece sono presenti cellule dell’epidermide di Aloe Socotrina, come si possono estrarre dalla polvere di aloe nel commercio. Ciò che conferma l’uso dell’aloe nei preparativi di seppellimento.
2) Nel materiale prelevato dalla Sindone ho identificato, fino ad ora, oltre una decina di pollini già contenuti nell’elenco del 1978, nove varietà di pollini non ancora ritrovati nelle ricerche precedenti. Una delle specie (Bassia Muricata Asch) è una pianta dei luoghi salsi dell’Africa Settentrionale, le altre sono piante mediterranee: Pinus Halepensis L., Phillyrea Angustifolia L., Pistacia Vera L., Pistacia Lentiscus L., Anemone Coronaria L., Cistus Creticus L., Rìdolfia Segetum Moris ed una pianta ruderale cosmopolita (Amaranthus Lividus DC.).
Non considero 1’Ambrosia Coronopifolia T. e G. ritrovata in un nastro collante. Si tratta dì una pianta americana che negli Stati Uniti produce gravi allergie: il polline di questa pianta (Ragweed in americano) probabilmente aderiva ai guanti di cotone, che i periti americani mi avevano pregato di portare per « proteggere » la Sindone contro eventuali contaminazionì causate dalle mie ricerche. Ma essi stessi non avevano controllato lo stato di purezza dei guanti!
Nel loro insieme le nuove ricerche hanno confermato i risultati del 1978, anche se in questi nuovi esami non ho per ora trovato nuovi pollini della Turchia.
Lo spettro palinologico comprende ora 57 nomi e permette di provare statisticamente che la Sindone nel suo passato ha soggiornato in Palestina, in Turchia, in Francia ed in Italia.
Questa affermazione può essere basata sul fatto che le piante rappresentate sulla Sindone si possono raggruppare secondo la loro area e secondo le esigenze ecologiche, in diversi tipi geografici molto caratteristici.
a) 21 piante della Palestina in senso « biblico » (non della Palestina di oggi); un sottogruppo comprendente piante delle rupi, mura, rovine, ecc.: oggi sulle mura della vecchia cittadella; un altro sottogruppo molto importante formato da piante che crescono nei deserti sabbiosi o salsi, specialmente nel Negev e attorno al Mar Morto. Alcune varietà si trovano pure in Anatolia, perché si sono diffuse dalle zone desertiche dell’Iran sino in Africa Settentrionale, ove sono però più rare.
b) 15 piante mediterranee, che crescono pure in Palestina. È chiaro che la contaminazione con questi pollini potrebbe essere avvenuta in Italia e in Francia, se non si tratta di elementi del bacino orientale mediterraneo che mancano nel bacino occidentale.
c) 6 piante dell’Anatolia più 9 varietà, che crescono pure in Palestina. Sono generalmente piante delle steppe e di luoghi sassosi o salsi.
d) Una pianta di Costantinopoli e dintorni.
e) 10 piante con area vasta nell’Europa. Questi elementi crescono in Francia ed in Italia ed il luogo di contaminazione rimane indeterminabile.

Oltre le affermazioni di un soggiorno della Sindone in Palestina, in Anatolia, a Costantinopoli, in Francia ed in Italia, i ritrovamenti di materiale pollinico sulla superficie della Sindone non consentono di indicare con maggiore precisione i luoghi di soggiorno del Lenzuolo tra il 1204 (Costantinopoli) ed il 1349 (Besançon) o il 1354 (Lirey) in quanto dalle ricerche eseguite non ho avuto indicazioni specifiche di zone floreali relative ad una determinata area geografica.
Infatti, finora, non ho riscontrato elementi caratteristici provenienti dall’isola di Cipro, né elementi tipici del bacino Carpatico o dell’Adriatico, tre zone che da parte di storici furono proposte come stazioni di un possibile soggiorno della Sindone nel suo ritiro da Costantinopoli.
Nel presente Convegno vi è stata la notizia, non ancora debitamente controllata, che nell’anno 1205 il Lenzuolo avrebbe soggiornato in Atene a seguito di traversie subite dallo stesso.
Quando avrò più precise informazioni non escludo di eseguire personali ricerche in quelle zone.
Bisogna tenere presente che questo studio è molto laborioso e lunghissimo e non è da escludere che nelle zone del Lenzuolo, ove non sono stati eseguiti prelievi (un terzo della superficie), possano essere presenti elementi che nel futuro permetteranno di risolvere problemi non ancora chiariti a sufficienza.
Mi pare importante rilevare che negli ultimi studi non ho riscontrato dati negativi, cioè elementi che potrebbero provare che la Sindone sarebbe opera di un falsario.
I pollini non sono incollati sulle fibre con tempera e non sono coperti da tempera, come accadrebbe se si trattasse di una pittura.
Ho già riferito sulle modalità per il controllo scientifico dei trasporti ultra lontani del polline. Nel caso della Sindone, tra le piante che hanno fornito i pollini, quelle che crescono in Palestina e nella Turchia, comprese quelle Mediterranee, rappresentano più della metà di tutte le specie. Quindi la Sindone deve essere stata contaminata mentre soggiornava in zone ove queste piante sono indigene.
Per terminare, mi permetto aggiungere che, secondo la mia opinione, lo studio palinologico della Sindone non ci riserva più grandi sorprese. D’altra parte si può sempre avere la fortunata combinazione di ritrovare un polline molto raro, che abbia una collocazione ben precisa e mi consenta di rispondere agl’interrogativi precedentemente posti.
Per questa ragione il mio interesse è diretto verso altre due reliquie importantissime. Ho già avuto occasione di prelevare campioni di polvere dalla corona di spine, custodita a Nôtre Dame de Paris, e dalla sacra tunica di Cristo conservata ad Argenteuil: sarà interessantissimo il confronto dei pollini con quelli della Sindone.
Inoltre le Autorità competenti hanno già dato il permesso di procedere ad una datazione delle due reliquie mediante il nuovo test con il carbonio 14, per il quale bastano alcuni milligrammi di materia organica.
È indubbio che questo potrebbe consentire di giungere a risultati molto più completi.

 

da L. Coppini, F. Cavazzuti (a cura di), La sindone. Scienza e Fede. Atti del II Convegno Nazionale di Sindonologia, Bologna, 27-29 novembre 1981, CLUEB, Bologna 1983, pp. 277-284.