John F. Haught, noto teologo cattolico, professore emerito alla Georgetown University di Washington D.C., esperto di Science & Religion, fornisce in questo libro risposte chiare, concise e convincenti alle critiche alla religione contenute nei libri best-seller di Richard Dawkins L’illusione di Dio (2006), Sam Harris La fine della fede (2004) e Christopher Hitchens Dio non è grande (2007). Questi autori, dalla grande visibilità mediatica, sono fra gli esponenti di maggior spicco della corrente contemporanea del “nuovo ateismo”. L’A. mette in luce, in maniera sintetica e puntuale e con un intento divulgativo, come il modo di affrontare la religione sia in questi libri pieno di incoerenze logiche, malintesi superficiali e indebite generalizzazioni. Haught fa riferimento anche all’opera di Dennet, Breathing the Spell. Religion as a Natural Phenomenon. L’idea centrale di Dennet è che solo la natura sia reale, che Dio non esista e che solo la scienza possa darci una conoscenza affidabile della realtà. Su questa argomentazione si baserebbe l’idea secondo la quale qualunque persona ragionevole e scientificamente preparata dovrebbe rifiutarsi di credere in Dio. Di tale sorta sono le argomentazioni del “nuovo ateismo” che l’A. definisce come “teologicamente poco stimolanti”. Gli esponenti a cui l’A. fa riferimento adottano la strategia di «sopprimere praticamente qualsiasi voce teologica significativa che volesse mettersi in dialogo con loro. […] La loro visione della fede religiosa rimane sullo stesso livello non erudito della religiosità irriflessiva, superstiziosa e letteralista di coloro che essi criticano». (p. 18) Essi inoltre confondono e omologano la religione con gli estremismi, i fondamentalismi e i fanatismi.
Il teologo, dopo aver esposto in compendio le affermazioni principali dei tre autori (cap. 1), opera una distinzione tra le diverse forme di ateismo (cap. 2). All’ateismo duro, hard-core, del passato (Nietzsche, Camus, Sartre…), egli contrappone la “nuova” versione soft. Nei capitoli centrali l’A. offre una sintesi delle principali riflessioni in risposta agli interrogativi sulla teologia, su Dio, sul perché le persone credano o su come si possa essere buoni senza Dio, svolgendo una trattazione espositiva e critica precisa delle tesi del “nuovo ateismo”. Una di queste si basa sull’idea che ogni forma di fede sia irrazionale in quanto sarebbe “moralmente sbagliato” credere in qualcosa senza averne prove sufficienti. Tuttavia, come messo in evidenza da Haught: «anche alla base di tutte le affermazioni espresse dagli atei –compreso il rifiuto formale della fede– troviamo dichiarazioni d fede delle quali non è stata dimostrata l’attendibilità» (p. 30). L’A. paragona le argomentazioni dei “nuovi atei” contro la fede e la teologia al rifiuto dei creazionisti per l’evoluzione, espresso “senza aver mai seguito un corso di biologia”. Nel cap. 8, l’A., dopo aver mostrato che i nuovi atei pensano erroneamente e genericamente alla fede come a un tentativo “intellettualmente erroneo” per arrivare a qualcosa che somigli alla comprensione scientifica, si propone di dimostrare qui che «ciò che i nostri nuovi atei intendono per “Dio” non ha quasi nulla a che vedere con la fede cristiana e la teologia oggi intesa con quel nome» (pp. 21-22).
Haught sconfessa il culto per la scienza propugnato dai “nuovi atei”, mostrandolo quale tentativo di ridurre una realtà complessa; essi rivelano, nelle loro argomentazioni, il fondamentalismo proprio di chi è convinto di possedere la verità ma ha il timore di porsi in un dialogo aperto con chi la pensa diversamente. «Lo scientismo sta alla scienza come il letteralismo sta alla fede. È un modo di rimpicciolire il mondo per renderlo docile e manipolabile. È un modo di sopprimere l’ansia che può nascere da un incontro più aperto, coraggioso e sano con il mistero» (p.70).
Suggeriamo la lettura dell’opera di John Haught, una delle poche in lingua italiana che si preoccupa di rispondere al movimento del “nuovo ateismo”, in quanto particolarmente utile per inquadrare il fenomeno in oggetto; infatti, nonostante la debolezza teoretica degli argomenti associati ai nuovi atei, gli autori da lui recensiti godono di una ampia diffusione.