La biomassa, cioè la massa vivente, sul pianeta pare costituito in gran parte da vegetali (97% circa) in minima parte da animali (restante 3%); di questo si tratta per la gran parte di insetti; noi, come Homo Sapiens, all’interno dei mammiferi, costituiamo un misero 0,01% della biomassa totale. La materia oscura e l’energia oscura occupano il 96% della massa-energia dell’interno universo. Noi, Homo Sapiens, apparteniamo al “piccolo resto” del restante 4%: è la materia barionica o ordinaria. [1] La materia ordinaria è in gran parte costituita da stelle e nubi di gas interstellare per la quasi totalità costituite da idrogeno ed elio. Questi costituiscono rispettivamente il 74% e il 24% della materia barionica [2]. Gli elementi di numero atomico superiore costituiscono il restante 2% della materia della nostra galassia; è questa che da vita alla chimica complessa e ai composti, organici e non. Noi, Homo Sapiens, e con noi il nostro pianeta e la vita stessa, apparteniamo al piccolo resto di materia barionica che costituisce la chimica complessa. Gli elementi superiori all’elio, sintetizzati da eventi interstellari violenti (supernove) e che compongono la chimica dei pianeti (carbonio, ossigeno, silicati, metalli, fino al ferro ma anche oltre in misura minore) possono organizzarsi in formazioni planetarie. Sia se ipotizziamo che la vita sia solo presente in questo angolo dell’universo, sia che ipotizziamo che vi siano molti pianeti abitati come la Terra, in ogni caso la materia barionica organizzata in vita in un certo pianeta sarà certamente una frazione minuscola rispetto a quella inerte dei tanti pianeti disabitati e aridi. Dunque, ancora una volta, noi, Homo Sapiens, apparteniamo a questo “piccolo resto”. Di questa chimica complessa, diciamo post-elio, solo una piccola parte si combina in chimica organica – al momento solo la chimica del carbonio sembra essere in grado di generare la vita. Homo Sapiens appartiene a questo“piccolo resto. Ma apparteniamo anche al piccolo resto dei mammiferi; fra i mammiferi al “piccolo resto” dei primati, fra i primati al piccolo resto del genere Homo, e fra questi siamo l’unica specie oggi qui rimasta a rappresentarla.
Dunque, rispetto alle migliaia e migliaia di specie viventi l’uomo appartiene a una esigua minoranza, sia come biomassa, sia come numero di specie, sia come finestra temporale; esistiamo infatti da appena 200 mila anni come specie, un'inezia per i tempi geologici; il genere Homo esiste da appena 2 milioni di anni circa. Questo è un “piccolo resto” se paragonato all’età dell’universo, circa 13 miliardi di anni, oppure a quella della sistema solare, circa 4 miliardi di anni. La vita esiste da miliardi di anni e ha impiegato moltissimo prima di organizzarsi in organismi complessi come i vertebrati. Noi, Homo Sapiens, apparteniamo anche a questo piccolo resto temporale. Se anche prendessimo come riferimento lo spazio questo pianeta è un piccolo resto rispetto allo spazio del Sistema Solare, che è un piccolo resto della Via Lattea, la nostra galassia, che è un piccolo resto del Gruppo Locale, a sua volta piccolo resto del Superammasso di galassie detto “della Vergine”, piccolo resto di tutto l’universo [7].
Anche se esistessero numerosissime forme di vita in pianeti lontani e in lontane galassie possiamo a buona ragione concludere che anche loro, analogamente, appartengono a “piccoli resti”.
Comunque scegliamo le unità di misura, pur cambiando i punti di vista, sembra proprio che siamo un “piccolo resto”. In parte questo è conseguenza del nostro modo di vedere e catalogare il mondo (per esempio la tassonomia) ma in larga parte è un dato oggettivo.
I meccanismi dell’evoluzione confermano questo modo di procedere [3] in quanto le nuove specie nascono da porzioni molto ridotte di una popolazione, queste poi crescono e si diffondono [3]. «L’estinzione è la regola. È la sopravvivenza a costituire l’eccezione» [5].
Insomma se mettiamo al centro l’uomo o anche la vita intelligente, sembra chiaro che la natura nell’organizzare le strutture in modo sempre più complesso – in forme sempre più vicine all’uomo – si focalizza su porzioni sempre più piccole di materia e di realtà. Il maggiormente complesso accade in porzioni sempre più piccole, sempre più “residuali”. Perchè? Non lo sappiamo, possiamo solo osservarlo. Mentre abbiamo chiaro il come, per rispondere al perché abbiamo bisogno di altre armi. Evitare di rispondere affermando che non esista un perchè, o che la domanda non abbia senso è un modo come un’altro di affermare comunque una risposta alla medesima domanda di fondo.
È suggestivo osservare come nel racconto di Genesi 1, l’opera della Creazione avviene per “separazioni” successive. Similmente Dio sceglie un popolo, Israele, per “presentarsi” al mondo: poco numeroso, poco potente, fra i più piccoli, insignificanti, fra i più sfigati, un gruppo di pastori nomadi del deserto, tra Palestina ed Egitto, che i più potenti popoli chiamavano “abiru” (da cui secondo alcuni deriverebbe “ebreo” [8]) un termine che doveva essere più o meno simile al nostro “zingaro”. Comunque siano andate le cose era comunque un «piccolo resto» di persone che diventa popolo grazie a una esperienza – forse ancora minoritaria – di un certo Mosè. Dopo varie esperienze traumatiche, fra cui deportazioni, la fede sarà conservata da “piccoli resti” di esiliati (Babilonia) che per secoli conserverà la fede senza più una terra e una polis. È un Dio strano, uno che ama i perdenti, gli ultimi, che sta dalla parte delle vittime innocenti. Dalla parte dei “piccoli resti”.
Le esperienze di fede da cui nascono le forme religiose spesso nascono da piccoli resti: è così anche con Buddha, con Maometto e altre. Più difficile dirlo per talune tradizioni, come l’Induismo, per mancanza di fonti e l’origine troppo antica. Anche il cristianesimo nasce all’origine come piccolo resto: un gruppo insignificante di discepoli di un maestro che si è fatto mettere misteriosamente in croce e di cui, dicono i suoi discepoli, sia risorto dai morti. Qui, addirittura, è un piccolo resto sociologicamente fallimentare: per la prima volta nasce una fede proprio a partire dall’evento che ne doveva decretare la fine immediata: la morte infamante del proprio fondatore e la delusione delle attese che aveva suscitato. Pretendeva di essere Dio, un dio sempre più strano: si fa lui “resto”, ultimo fra gli ultimi. Fino a morire, fino agli abissi degli inferi. Inconcepibile.
Le culture anche, nascono sempre come “piccoli resti”, per poi diffondersi più vigorosamente.
E la scienza? Anch’essa è un forma di cultura, procede in modo analogo: le grandi innovazioni, le nuove teorie e visioni, quelle che cambiano davvero il mondo, ma anche quelle meno importanti, partono da “piccoli resti”, persone o squadre di persone che all’inizio non hanno molto seguito perché, si sa, «affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie» [4]. Ci vuole del tempo. Questo enorme laboratorio della natura, della coscienza, dello spirito, è tutto basato su scarti, su quantità e qualità effimere, insignificanti. Su “piccoli resti”, appunto.
La nostra logica tende a pensare il piccolo resto come insignificante, e allora il senso del tutto ci sfugge, pensando che noi stessi siamo insignificanti. Dopotutto anche un singolo individuo potrebbe pensare di esserlo: quasi sparisce in mezzo a 8 miliardi di uomini di oggi [10] e una storia lunga millenni. Ma questa logica di quale mentalità è figlia? È figlia della logica di potenza, della logica della sopraffazione, del profitto, della logica dell’ego, dell’avarizia, per cui il “poco vale poco”. Anche noi siamo figli della natura, e di Dio che l’ha creata: perché dunque facciamo fatica ad accogliere questa realtà? È il mistero del peccato, che ci spinge a forza verso direzioni che nel profondo non ci appartengono. Ma, almeno questo, non è così difficile da accogliere: basta in fondo pensarci un po’ su, alzare lo sguardo al cielo, aprire la mente, lasciarsi dietro schemi e pregiudizi, come la stessa scienza ci insegna saggiamente a fare sempre, aprire il libro della natura e ascoltare la Parola, la Sapienza. All’unisono tutti insegnano e cantano lo stesso inno: «i piccoli resti sono preziosi».
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Riferimenti Bibliografici:
- https://www.focus.it/scienza/spazio/che-cosa-sono-la-materia-e-l-energia-oscura
- https://it.wikipedia.org/wiki/Abbondanza_chimica#Abbondanza_degli_elementi_nell’universo
- Giorgio Manzi, L’evoluzione umana, Il Mulino, Bologna 2007
- Carl Sagan, Extraordinary claims require extraordinary evidence. (dalla serie televisiva Cosmos: A Personal Voyage, 1980, episodio n. 12, Encyclopedia Galactica) https://it.wikiquote.org/wiki/Carl_Sagan#cite_note-1
- Carl Sagan, Da The Varieties of Scientific Experience, The Penguin Press HC, 2007. https://it.wikiquote.org/wiki/Carl_Sagan#cite_note-2
- https://www.raiplay.it/video/2019/03/Quante-storie-31604439-550e-4931-8d1f-0236486162fd.html
- https://it.wikipedia.org/wiki/Gruppo_Locale
- L’attribuzione è confroversa, si veda ad esempio http://individual.utoronto.ca/mfkolarcik/texts/ShasuorHabiruBiblicalArchaeologicalReview34_NovDec_2008.pdf
- Atlante della Terra, Utet, Torino 1999, a cura di Piero Bianucci citato in https://www.uaar.it/ateismo/statistiche/vita_sulla_terra/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale