Discorso ai docenti e studenti della Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA)

Cari fratelli e sorelle,

sono contento di festeggiare con voi l’80° compleanno della Libera Università Maria Santissima Assunta. Saluto cordialmente il Rettore, Prof. Francesco Bonini, e lo ringrazio per le sue cortesi parole. Saluto i Cardinali e i Vescovi, in particolare il Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Università. Estendo il saluto alle autorità accademiche, ai docenti, al personale tecnico-amministrativo, alle famiglie e agli amici di questa Istituzione. E saluto voi, cari studenti e studentesse, che costituite il centro dell’attività accademica. Grazie per la vostra festosa accoglienza!

Siete convenuti oggi per festeggiare insieme un traguardo significativo, possiamo dire un traguardo di maturità nello sviluppo dell’Ateneo. Ottant’anni orsono, esso nacque per rispondere a una necessità che era allora, ed è tuttora, impellente, cioè quella di formare educatori e in particolare educatrici, aprendo il mondo dell’alta formazione alle donne. Dapprima si puntò a preparare docenti per gli istituti medi e superiori; e poi, allargando il numero dei corsi di laurea, a formare professionisti nei diversi campi. Una “impresa di servizio”, come l’ha voluta la vostra fondatrice, la venerabile Luigia Tincani, che a sua volta si ispirava a Santa Caterina da Siena, donna indomita e appassionata della Chiesa.

Oggi desidero riconsegnarvi questo impegno, situandolo nel contesto del cambiamento d’epocache stiamo vivendo. Ci ispirano due Santi che ho avuto la gioia di proclamare in questi anni: Paolo VI e John Henry Newman, due Pastori che hanno vissuto l’Università e che hanno proposto con il loro stesso impegno pastorale e culturale, rispettivamente, una «coscienza universitaria» (cfr Coscienza universitaria: note per gli studenti, Roma), e «un’idea di Università» (cfr The Idea of a University, Westminster).

In effetti il termine stesso “università” designa una comunità, ma anche un’idea di convergenza di saperi, in una ricerca che fornisca verità e senso al dialogo tra tutti gli uomini e le donne del mondo. È un compito alto, di cui essere consapevoli e di cui essere degni. A tale riguardo, intendo consegnare a voi quanto ho detto ai vostri colleghi di un’altra Università romana: «Dovete impegnarvi, anche come università, in progetti di condivisione e di servizio agli ultimi, per far crescere nella nostra città di Roma il senso di appartenenza ad una “patria comune”. […] Lavorando con progetti, anche piccoli, che favoriscono l’incontro e la solidarietà, si recupera insieme un senso di fiducia nella vita» (Discorso all’Università Roma Tre, 17 febbraio 2017).

L’università comporta infatti un impegno non solo formativo ma educativo, che parte dalla persona e arriva alla persona. Impegno che non può che qualificare una università cattolica, dove l’aggettivo “cattolica” non introduce una distinzione, ma semmai un surplus di esemplarità: «Si rende necessaria un’educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 64), in particolare «sulla dignità della persona umana e il bene comune» (ibid, 65). Da qui l’esigenza di rinnovare l’assunzione di responsabilità di fronte agli impegni che qualificano l’istituzione universitaria in questa epoca in cui si accelerano i processi comunicativi, tecnologici e di interconnessione globale.

1) Anzitutto, una responsabilità di coerenza, ovvero di fedeltà e di comunità. La comunità universitaria lavora sempre per il futuro, ma lo fa con una forte consapevolezza delle radici e una realistica percezione del presente. Per questo, guardo con fiducia alle nuove generazioni che si formano in Università. Protagonisti consapevoli di quel cambiamento che nasce dalla visione e dalla coerenza, a partire da una prospettiva comunitaria: in questo senso la qualità e lo stile delle relazioni che vivete nell’università è fondamentale.

2) Ne consegue una responsabilità culturale e direi missionaria davanti al mondo. «Che cos’è l’università? Qual è il suo compito?» - si chiedeva Papa Benedetto XVI rivolgendosi alla più antica università della Capitale. E rispondeva così: «Penso si possa dire che la vera, intima origine dell’università stia nella brama di conoscenza che è propria dell’uomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto ciò che lo circonda. Vuole verità» (Insegnamenti, IV,1 [2008], 81). Non dobbiamo avere timore di usare questa parola, in uno spirito di dialogo sincero. Verità, libertà, bene: su questa direttrice auspico che la vostra Università sappia offrire una formazione in cui, trasversalmente al sapere curriculare, ci sia spazio per la formazione integrale della persona.

3) Ecco allora la responsabilità sociale dell’Università. Attivare circuiti virtuosi di sviluppo integrale con le forze vive della società. Serve il coraggio di mettersi in gioco. Aprire le sedi – a Palermo, a Taranto, e a Roma – alle antiche e nuove povertà.

4) Vi è infine una responsabilità interuniversitaria. L’Europa è stata la culla delle università, ma deve ritrovarne il senso. La vostra Università continui a lavorare nel sistema universitario a tutti i livelli e in particolare con le università cattoliche affinché si crei un clima fruttuoso di cooperazione, di scambio e di mutuo aiuto nel costruire progetti didattici e di ricerca innovativi, orientati a quella carità intellettuale che non fa sconti alla verità e che non si accontenta di mediocrità.

Tutti voi, studenti, docenti, e responsabili della comunità universitaria, incoraggio ad aprire i cuori e le menti. A non accontentarsi – voi studenti prima di tutto – degli spartiti correnti, del pensiero apparentemente egemone, di un mondo in cui diversità è conflitto. Possiate sentire la sana ambizione di aggiungere qualcosa di originale, che sia anche concreto e utile. Voi giovani, non abbiate timore di essere esigenti con i vostri docenti, che per essere maestri devono essere anche testimoni. E voi, docenti, non temete di essere esigenti con i vostri studenti, perché esprimano il meglio di sé.

Vi riconsegno, cari fratelli e sorelle, il motto dell’Università: In fide et humanitate. Quell’ “et” significa educazione integrale, in un mondo globalizzato e frammentato, pieno di contraddizioni, che richiede tanto lavoro insieme. Un lavoro serio, creativo, artigianale, che passa attraverso la mente, il cuore, le mani.

Maria, Assunta in cielo, continui ad essere riferimento e guida del vostro cammino che oggi si rinnova. Vi ringrazio di questo gradito incontro e di cuore benedico ciascuno di voi e il vostro lavoro. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.