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I limiti della selezione naturale applicata all'uomo

Alfred Russel Wallace
1870

Contributi alla teoria della selezione naturale

Il testo qui proposto è la nostra traduzione italiana di parte del capitolo in cui Alfred R. Wallace manifesta le sue riserve circa l'idea che la selezione naturale possa spiegare interamente l'evoluzione umana, al pari di quanto riesca a fare per l'evoluzione degli altri animali. Il testo è del 1870, e andrebbe naturalmene contestualizztao alla sua epoca. Molti degli argomenti usati da Wallace non sarebbero infatti più adeguati al contesto contemporaneao, ma la sua idea centrale circa l'insufficienza della selezione naturale resta un tema ancora attuale. 

   

In questo volume ho cercato di dimostrare che le note leggi di variazione, moltiplicazione ed ereditarietà, che hanno portato alla "lotta per l'esistenza" e alla "sopravvivenza del più adatto", sono probabilmente sufficienti a produrre tutte le variegate strutture, tutti i meravigliosi adattamenti, tutta la bellezza della forma e del colore, che vediamo nel regno animale e vegetale. Al meglio delle mie capacità ho risposto alle obiezioni più ovvie e ripetute a questa teoria e, spero di aver aumentato la sua forza generale mostrando come il colore - una delle roccaforti dei sostenitori della creazione speciale - possa essere, in quasi tutte le sue modifiche, spiegato dall'influenza combinata della selezione sessuale e dal bisogno di protezione. Ho anche cercato di mostrare, come lo stesso potere che ha modificato gli animali ha agito sull'uomo; e ho, credo, dimostrato che, non appena l'intelletto umano si fosse sviluppato al di sopra di un certo stadio minimale, il corpo dell'uomo avrebbe cessato di essere materialmente influenzato dalla selezione naturale, perché lo sviluppo delle sue facoltà mentali avrebbe reso inutili modifiche importanti nella sua forma e struttura. Pertanto, probabilmente susciterà qualche sorpresa tra i miei lettori, scoprire che non ritengo che tutta la natura possa essere spiegata sui principi di cui sono un fervente sostenitore; e che ora io stesso mi accingo a sollevare obiezioni, e a porre limiti, al potere della "selezione naturale". Credo, infatti, che ci siano tali limiti; e che, così come sicuramente possiamo tracciare l'azione delle leggi naturali nello sviluppo delle forme organiche, e possiamo chiaramente concepire che una conoscenza più completa ci permetterebbe di seguire passo dopo passo l'intero processo di tale sviluppo, così sicuramente possiamo tracciare l'azione di qualche legge superiore sconosciuta, al di là e indipendentemente da tutte quelle leggi di cui siamo a conoscenza. Possiamo rintracciare questa azione più o meno distintamente in molti fenomeni, i due più importanti dei quali sono: l'origine della sensazione o coscienza e l’evoluzione dell'uomo dagli animali inferiori. In primo luogo, considererò quest'ultima difficoltà come più immediatamente connessa con gli argomenti trattati in questo volume.

   

Cosa non può fare la selezione naturale

Nel considerare la questione dello sviluppo dell'uomo per mezzo di leggi naturali note, dobbiamo sempre tenere presente il primo principio della "selezione naturale", non meno che della teoria generale dell'evoluzione, secondo cui ogni cambiamento di forma o struttura, ogni aumento delle dimensioni di un organo o della sua complessità, ogni maggiore specializzazione o divisione fisiologica del lavoro, può avvenire solo in quanto è vantaggioso che sia così modificato. Lo stesso Darwin si è preoccupato di farci ben comprendere, che la "selezione naturale" non ha il potere di produrre perfezione assoluta ma solo perfezione relativa; non ha nessun potere di dar vita a creature molto più avanzate dei loro simili, ma solo di quel tanto che basta perché le prime sopravvivano alle seconde nella nella lotta per l'esistenza. Ancora meno ha il potere di produrre modifiche che sono in qualche modo dannose per il suo possessore, e il signor Darwin usa spesso la forte affermazione che un solo caso di questo tipo sarebbe fatale per la sua teoria. Se, quindi, trovassimo nell'uomo un qualsiasi carattere che le prove a 1 nostra disposizione mostrassero essere dannoso al suo primo apparire, questo carattere non avrebbe potuto essere prodotto dalla selezione naturale. Né si sarebbe potuto generare un organo appositamente sviluppato se fosse stato per l’uomo semplicemente inutile, o se il suo uso non fosse stato proporzionato al grado del suo di sviluppo. Casi come questi dimostrerebbero l’intervento di una qualche altra legge, o qualche altro potere, che non sia la "selezione naturale". Ma se, inoltre, potessimo vedere che queste stesse modifiche, seppur dolorose o inutili al momento della loro comparsa, sono diventate massimamente utili in un periodo molto più tardo, e sono ora essenziali per il pieno sviluppo morale e intellettuale della natura umana, dovremmo allora dedurre l'azione della mente, che prevede il futuro e lo prepara, proprio come sicuramente facciamo quando vediamo che l'allevatore al lavoro con l’intenzione di produrre un netto miglioramento in qualche pianta coltivata o animale domestico. Vorrei inoltre sottolineare che questa indagine è tanto scientifica e legittima quanto quanto quella sull’origine delle specie. È un tentativo di risolvere un “problema inverso”, vale a dire, di dedurre l'esistenza di un nuovo potere, con caratteri definiti, che renda conto di fatti che secondo la teoria della selezione naturale non dovrebbero accadere. Questo tipo di problemi è ben noto in scienza, e la ricerca della loro soluzione ha spesso portato ai risultati più brillanti. Nel caso dell'uomo, ciò concerne quei fatti della natura a cui si è fatto riferimento: nel richiamare l'attenzione su di essi, e nel dedurne una causa, credo di essere nell'ambito della ricerca scientifica tanto quanto lo sono stato in qualsiasi altra parte del mio lavoro. […]

   

Sintesi dell'argomentazione sull'insufficienza della selezione naturale per rendere conto dello sviluppo dell'uomo

Per riprendere brevemente la mia argomentazione – ho dimostrato che il cervello dei selvaggi inferiori e, per quanto ne sappiamo, delle razze preistoriche, è di dimensioni poco inferiori a quelle dei più alti tipi di uomo, e immensamente superiore a quelle degli animali superiori; al contempo, è universalmente ammesso che la grandezza del cervello è uno degli elementi più importanti, e probabilmente il più essenziale, tra quelli che determinano il potere mentale. Eppure, le esigenze mentali dei selvaggi, e le facoltà da essi effettivamente esercitate, sono ben poco superiori a quelle degli animali. I sentimenti superiori di pura moralità e raffinata emozione, e il potere del ragionamento astratto e della concezione ideale, sono per loro inutili, rari se mai si manifestano, e non hanno relazioni importanti con le loro abitudini, desideri, aspirazioni o benessere. Possiedono un organo mentale che va oltre i loro bisogni. La Selezione Naturale avrebbe potuto dotare l'uomo selvaggio di un cervello solo leggermente superiore a quello di un primate antropomorfo, mentre in realtà ne possiede uno appena inferiore a quello di un filosofo. La pelle morbida, nuda e sensibile dell'uomo, completamente priva di quella copertura pelosa che è universale tra gli altri mammiferi, non può essere spiegata dalla teoria della selezione naturale. Le abitudini dei selvaggi dimostrano che sentono il bisogno di questa copertura, che è totalmente assente nell'uomo proprio dove è più spessa negli altri animali. Non abbiamo motivo di credere che avrebbe potuto essere dannosa, o addirittura inutile per l'uomo primitivo; e, in queste circostanze, la sua completa eliminazione, dimostrata dal fatto che no ricompare neppure in incroci misti, è una dimostrazione dell’intervento di qualche altro potere rispetto alla legge della 2 sopravvivenza del più forte, nello sviluppo dell'uomo rispetto a quello degli animali inferiori. Altri caratteri mostrano problematiche dello stesso tipo, anche se non in egual misura. La struttura del piede e della mano umana sembra inutilmente perfetta per i bisogni dell'uomo selvaggio, in cui però quelli sono completamente e sviluppati alla maniera umana, come nelle razze più alte. La struttura della laringe umana, che dà il potere della parola e della produzione di suoni musicali, e soprattutto il suo estremo sviluppo nel sesso femminile, si dimostrano al di là delle esigenze dei selvaggi, e dalle loro abitudini note, impossibili da acquisire sia attraverso selezione sessuale, sia per la sopravvivenza dei più adatti. La mente dell'uomo offre argomenti nella stessa direzione, non meno forti di quelli derivanti dalla sua struttura corporea. Alcune delle sue facoltà mentali non hanno alcuna relazione con i suoi simili, né con il suo progresso materiale. Il potere di concepire l'eternità e l'infinito, e tutte quelle nozioni puramente astratte di forma, numero e armonia, che giocano un ruolo così importante nella vita delle razze civilizzate, sono completamente al di fuori del mondo del pensiero del selvaggio, e non hanno alcuna influenza sulla sua esistenza individuale o su quella della sua tribù. Non avrebbero potuto, quindi, essere sviluppate attraverso la conservazione di forme utili di pensiero; eppure ne troviamo tracce occasionali in civiltà inferiori, e in periodi in cui non avrebbero potuto avere effetti pratici sul successo dell'individuo, della famiglia o della razza; e lo sviluppo di un senso morale o di una coscienza è ugualmente inconcepibile tramite simili processi. Ma, d'altra parte, troviamo che ognuna di queste caratteristiche è necessaria per il pieno sviluppo della natura umana. Il rapido progresso della civiltà in condizioni favorevoli non sarebbe possibile, se l'organo della mente dell'uomo non fosse preparato in anticipo, pienamente sviluppato in termini di dimensioni, struttura e proporzioni, e se non fosse bisognoso che di poche generazioni di uso e abitudine per coordinare le sue complesse funzioni. La pelle nuda e sensibile, richiedendo abiti e case, porterebbe ad un più rapido sviluppo delle facoltà inventive e costruttive dell'uomo; e, conducendo ad un più raffinato senso di modestia personale, potrebbe aver influenzato, in misura considerevole, la sua natura morale. La forma eretta dell'uomo, liberando le mani da ogni impiego per la locomozione, è stata necessaria per il suo progresso intellettuale; e l'estrema perfezione delle sue mani ha reso possibile da sola quell'eccellenza in tutte le arti della civiltà che lo eleva così in alto sopra il selvaggio, ed è forse solo il precursore di un superiore progresso intellettuale e morale. La perfezione dei suoi organi vocali ha portato prima alla formazione del linguaggio articolato, e poi allo sviluppo di quei suoni squisitamente tonici che sono apprezzati solo dalle razze superiori, e che sono probabilmente destinati, in una condizione superiore a quella che abbiamo finora raggiunto, ad usi più elevati e ad un godimento più raffinato. Dunque, quelle facoltà che ci permettono di trascendere il tempo e lo spazio, e di realizzare le meravigliose concezioni della matematica e della filosofia, o che ci danno un intenso desiderio di verità astratta (che occasionalmente si sono manifestate in un periodo così precoce della storia umana da anticipare di gran lunga le poche applicazioni pratiche che da allora sono nate) sono evidentemente essenziali per il perfetto sviluppo dell'uomo come essere spirituale, ma sono assolutamente inconcepibili se intesi come prodotti dall'azione di una legge che solo guarda, e solo può guardare, al benessere materiale immediato dell'individuo o della razza. La conclusione che traggo da questa classe di fenomeni è che un'intelligenza superiore ha guidato lo sviluppo dell'uomo in una direzione definita, e per uno scopo speciale, così come l'uomo guida lo sviluppo di molte forme animali e vegetali. Le sole 3 leggi dell'evoluzione forse non avrebbero mai prodotto un cereale così ben adatto all'uso dell'uomo come il grano e il mais; frutti come la banana senza semi e il pane, oppure animali come la mucca da latte di Guernsey, o il cavallo da tiro di Londra. Eppure, questi assomigliano così strettamente alle produzioni della natura non assistita, che possiamo ben immaginare un essere che in grado di dominare le leggi di sviluppo delle forme organiche attraverso le epoche passate, rifiutando di credere che qualche nuovo potere fosse coinvolto nella loro produzione, e rifiutando con disprezzo la teoria (allo stesso modo in cui la mia teoria sarà respinta da molti che sono d'accordo con me su altri diversi punti), secondo cui in questi pochi casi un'intelligenza avrebbe controllato e diretto l'azione delle leggi di variazione, moltiplicazione e sopravvivenza, per i suoi propri scopi. Sappiamo, tuttavia, che questo è stato fatto; e dobbiamo quindi ammettere la possibilità che, se non siamo le più alte intelligenze dell'universo, qualche intelligenza superiore possa aver diretto il processo attraverso il quale la razza umana è stata sviluppata, per mezzo di attività più sottili di quanto conosciamo. Allo stesso tempo devo confessare che questa teoria ha il vantaggio di richiedere l'intervento di qualche distinta intelligenza individuale, per aiutare la produzione di ciò che difficilmente possiamo evitare di considerare come il fine ultimo e il risultato di tutta l'esistenza organizzata - l'uomo intellettuale, sempre in avanzamento, spirituale. Ciò implica, quindi, che le grandi leggi che governano l'universo materiale erano insufficienti per la sua produzione, a meno che non si consideri (come si può ragionevolmente fare) che l'azione di controllo di tali intelligenze superiori è una parte necessaria di quelle leggi, così come l'azione di tutti gli organismi circostanti è uno dei fattori dello sviluppo organico. Ma anche se la mia opinione particolare non dovresse essere quella vera, le difficoltà che ho proposto rimangono, e credo dimostrino che una legge più generale e fondamentale è alla base di quella della "selezione naturale". La legge dell'"intelligenza inconscia" che pervade tutta la natura organica, proposta dal dottor Laycock e adottata dal signor Murphy, è una tale legge; ma a mio avviso ha il doppio svantaggio di essere incomprensibile e incapace di qualsiasi tipo di prova. È più probabile che la vera legge sia troppo profonda per essere scoperta; ma mi sembra che ci siano ampie indicazioni che tale legge esista, ed è probabilmente collegata all'origine assoluta della vita e dell'organizzazione. […] 

   

Conclusione

Le obiezioni che in questo saggio ho portato all’idea che la stessa legge che sembra essere stata sufficiente per lo sviluppo degli animali, è stata l'unica causa della superiore natura fisica e mentale dell'uomo saranno, non ho alcun dubbio, superate e smentite. Ma mi arrischio a pensare che manterranno comunque il loro fondamento, e che possono essere soddisfatte solo dalla scoperta di nuovi fatti o nuove leggi, di natura molto diversa da quelle che ad oggi ci sono note. Posso solo sperare che il mio trattamento dell'argomento, per quanto necessariamente molto scarso, sia stato chiaro e comprensibile; e che possa risultare suggestivo, sia per gli avversari che per i sostenitori della teoria della Selezione Naturale.

   

Da Contributions to the theory of natural selection, Macmillan & co., Londra 1870, pp. 332-371.