La creazione del firmamento e l'armonia celeste

In questo brano dell’Esamerone, Ambrogio di Milano commenta il passo della Genesi «Sia fatto un firmamento in mezzo alle acque e le divida. E così fu fatto», da cui trae spunto per esaminare alcune concezioni diffuse al suo tempo. La prima riguarda il tentativo, da parte di alcuni filosofi, di dimostrare l’impossibilità di una simile creazione, a cui Ambrogio risponde ribadendo il principio dell’onnipotenza divina. Il creatore dell’universo, afferma, non sottostà alle leggi di natura, poiché queste traggono origine dalla sua parola creatrice. Il secondo tema che tratta in questo brano riguarda il movimento armonico delle sfere celesti, ipotizzato dai filosofi, e l’accordo musicale che questo produrrebbe. Riporta alcune opinioni scettiche verso questa teoria, basate principalmente sull’idea che tale melodia dovrebbe essere udibile all’uomo, e le relative risposte.

4. E Dio disse: Sia fatto un firmamento in mezzo alle acque e le divida. E così fu fatto [Gen 1,6-7]. Ascolta le parole di Dio. Sia fatto, dice. È il tono di chi ordina, non di chi valuta; comanda alla natura, non si sottomette a limiti imposti, non prende misure, non verifica peso. La sua volontà è la misura delle cose, la sua parola segna il fine dell'opera. Sia fatto, disse, un firmamento in mezzo all'acqua. È fermo tutto ciò che Dio ha stabilito. E davvero opportunamente premise: Sia fatto un firmamento prima di aggiungere in mezzo all’acqua, affinché tu credessi che per comando di Dio è stato fatto il firmamento, prima di dubitare della liquidità dell'acqua. Se tu consideri la natura degli elementi, in che modo il firmamento si è potuto solidificare in mezzo alle acque? Queste scorrono, quello si rassoda; queste si spostano rapidamente, quello sta immobile. E divida l'acqua, disse. Ma l'acqua suole mescolare, non dividere. Come mai ordina ciò che sa contrario alla natura degli elementi? Ma siccome la sua parola ha dato principio alla natura, con pieno diritto si arroga di dare la legge colui che le ha dato l'origine.

5. Ma prima consideriamo che cosa sia il firmamento, se sia precisamente ciò che in precedenza ha chiamato cielo oppure cosa diversa e se vi siano due cieli o più ancora. Infatti, vi sono di quelli che dicono che esiste un solo cielo e che non sarebbe potuta bastare la materia per formare un secondo cielo, essendovi un'unica yule come essi dicono, perché, essendo stata consumata interamente per il precedente cielo[1], non sarebbe rimasto nulla che potesse servire alla costruzione di un secondo e di un terzo cielo[2]. Altri invece affermano che esistono innumerevoli cieli e mondi e sono derisi dai loro[3] – infatti non contrastano tanto con noi quanto con i loro - i quali si sforzano di dimostrare, sul fondamento di calcoli e di principi geometrici, che non può esistere un altro cielo né la materia permette che ve ne sia un secondo o un terzo né la potenza dell’artefice era in grado di creare molti cieli. E chi non si befferebbe di questa loro abile facondia, dato che essi, mentre non negano che gli uomini possano fare più cose dello stesso genere da una sola e medesima causa, si chiedono dubbiosi se abbia potuto creare più cieli il Creatore dell'universo, del quale è stato scritto: Ma il Signore ha fatto i cieli [Sal 95,5] e altrove: Fece tutto ciò che volle? [Sal 113,11] Che cosa infatti è difficile per colui per il quale volere e avere già fatto sono la stessa cosa? Vacilla la loro dimostrazione dell'impossibilità, quando discutono di Dio al quale con verità si dice: Nulla per te è impossibile [Mc 14,36].

6. Perciò noi non possiamo negare non solo l‘esistenza di un secondo, ma anche quella di un terzo cielo, visto che l'Apostolo afferma, attestandolo nei suoi scritti, d'essere stato rapito al terzo cielo [2Cor 12,2]. Davide pose anche i cieli dei cieli nella schiera degli esseri che lodano Dio [Sal 148,4]. A sua imitazione i filosofi introdussero il movimento armonico delle sfere dei cinque pianeti, del sole e della luna, affermando che l'universo è tenuto insieme dalle loro orbite o piuttosto dalle loro sfere[4]. Essi pensano che tali sfere, connesse e come inserite le une dentro alle altre, girino in senso inverso e con movimento contrario a tutte le altre[5] e che da tale impulso e movimento delle sfere stesse sia prodotto un suono dolce e pieno di soavità, artisticamente elaborato in una gradevolissima melodia, perché l'aria, solcata da un movimento così armonicamente ordinato e capace di equilibrare i toni acuti con quelli gravi, produce un'armonia tanto varia nella sua uniformità da superare la dolcezza d'ogni componimento musicale[6].

7. Ma se vuoi verificare la realtà di tale fatto e ne chiedi la sperimentazione per mezzo dei sensi e dell'udito, rimangono imbarazzati. Se tali teorie fossero vere, come mai noi non saremmo in grado di percepire il frastuono di un così grandioso movimento delle sfere, mentre, di solito, udiamo suoni più deboli, se è vero che quella sfera celeste cui dicono sono fissate le stelle, che ruotano ininterrottamente, ha un movimento più veloce e produce un suono acuto e invece questa della luna provoca il suono più basso? Dunque, se esigiamo che sia dimostrata la verità di tale spiegazione attraverso la nostra constatazione per mezzo della facoltà uditiva, ribattono che i nostri orecchi sono diventati sordi e in noi il senso dell'udito si è fatto ottuso per l'abitudine a questo suono, percepito dal principio dell'esistenza umana; e adducono quale esempio il fatto che il Nilo, il più grande tra i fiumi, in quel luogo naturalmente dove precipita da monti altissimi formando le famose cateratte, con l'intensità del suo fragore offende gli orecchi di coloro che abitano nelle vicinanze, così che si dice che siano privi dell’udito[7]. Ma a tali argomentazioni risponde facilmente la stessa verità. Infatti, noi che udiamo i tuoni provocati dall'urto delle nubi, non udiremmo la rotazione di così immense sfere le quali evidentemente, quant'è più veloce il movimento dal quale si crede siano trasportate, tanto più forte suono dovrebbero produrre? Aggiungono inoltre che questo suono non giunge sulla terra, per evitare che, se così fosse, gli uomini, affascinati dalla sua dolcezza e soavità che ha origine nel velocissimo moto dei cieli, dalle regioni d'oriente fino all'occidente trascurassero i propri affari e i propri lavori e tutto qui rimanesse inattivo, perché la mente umana si rivolgerebbe estasiata a quei suoni divini. Ma lasciamo a coloro che non appartengono alla Chiesa le questioni che non ci interessano e non riguardano la narrazione del testo divino: noi restiamo fedeli all’insegnamento delle Scritture celesti[8].



[1] Cfr. Basilio di Cesarea, Heaxaemeron 56D.

[2] Cfr. Platone, Timeo, 32c-33a; Aristotele, De caelo I,8-9.

[3] Cfr. Basilio di Cesarea, Hexaemeron 57AB.

[4] Cfr. Ibidem 57B.

[5] Cfr. Cicerone, De Republica VI,17.

[6] Cfr. Ibidem 18.

[7] Cfr. Ibidem 19.

[8] Cfr. Basilio di Cesarea, Hexaemeron 57D.

 

da Esamerone, III, 2, 4-7, tr. it. a cura di Gabriele Banterle, Città Nuova, Roma 2002, pp. 65-68.