Alessandro Volta nasce a Camnago, vicino Como, sesto di sette fratelli, il 18 febbraio 1745, da don Filippo e donna Maddalena dei conti Inzaghi. Nel 1757 Alessandro inizia gli studi umanistici, retorici e filosofici presso il Collegio dei gesuiti a Como: spicca in latino e italiano. I suoi autori preferiti sono Virgilio e Tasso, ma legge anche il De rerum natura di Lucrezio e, imitandolo, scrive un carme di 492 esametri in latino sulle più recenti scoperte di fisica. In pieno Enciclopedismo il giovane Volta legge e studia le opere dei neo-illuministi, restando colpito dal fervore anti-cattolico di alcuni di essi e cominciando a riflettere su argomenti per controbattervi. Terminati gli studi del liceo, nonostante le pressioni di uno zio canonico perché intraprendesse gli studi forensi, Alessandro decide di procedere come autodidatta nello studio dei fenomeni elettrici.
Nel 1769, appena ventiquattrenne, pubblica il suo primo lavoro dal titolo De vi attractiva ignis elettrici ac phaenomenis independentibus, nel quale traccia un programma di ricerca tendente a unificare le forze elettriche con quelle di attrazione di origine newtoniana. Nel 1771 scrive un secondo lavoro, nel quale, tra l'altro, presenta una nuova macchina elettrostatica. Nel 1774 il conte Firmian, ministro dell'Impero asburgico per la Lombardia, lo nomina soprintendente (cioè preside) e successivamente docente di Fisica sperimentale nelle Regie Scuole di Como. Approfondendo quanto già teorizzato nel De vi attractiva, costruisce nel 1775 un nuovo apparecchio in grado di fornire elettricità senza bisogno di un continuo strofinio. Il nuovo strumento, chiamato dallo stesso Volta "elettroforo perpetuo", viene subito utilizzato in tutti i laboratori europei. Nel 1780 realizza il primo condensatore elettrico con due piatti metallici separati da uno strato isolante, dandone descrizione alla Royal Society in una lettera in cui descrive la prima legge dell’elettrostatica, ovvero la carica come prodotto di capacità e di tensione. A partire da quella data si avvierà anche agli studi di termologia e di fisica dei gas. Nel 1778 era stato nominato professore di Fisica Particolare all'Università Ticinense, presso la quale nel 1785 viene eletto rettore.
Nel 1792, venuto a conoscenza degli esperimenti di Galvani sull'elettricità animale, si impegna a ripeterli, inizialmente incredulo, ritenendo le contrazioni della rana non dovute a un'elettricità di origine animale ma ad un'elettricità esterna, provocata dal contatto dei due metalli che costituiscono l'arco. L'ipotesi voltiana, respinta da Galvani e dai sostenitori dell'elettricità animale, dà inizio a una disputa che investe il mondo scientifico europeo, dividendolo in “galvaniani” e “voltiani”.
Con una lunga lettera del 20 marzo 1800 alla Royal Society, Alessandro Volta annuncia la sua scoperta più importante, la pila, della quale offrirà le due versioni, a colonna e a tazze. Nasceva così il primo generatore di corrente continua, che tanta importanza dovrà rivestire per lo sviluppo delle scienze sperimentali e per le loro applicazioni. Pochi mesi dopo Napoleone lo invita a Parigi per assistere in uniforme di accademico di Francia agli esperimenti. Sorpreso dalla preparazione scientifica dello scienziato italiano, Napoleone gli conferirà una lunga serie di onorificenze: una speciale medaglia d’oro, prima d’allora mai assegnata a uno straniero; poi la Corona Ferrea; la Legion d’onore; la nomina a senatore e il titolo di conte. Come ricorda significativamente Lucati, nella biblioteca dell'Istituto di scienze di Parigi lo stesso Napoleone raschiò le ultime tre lettere della scritta "Al grande Voltaire" lasciando così leggere "Al grande Volta". Ma lo scienziato comasco scriveva: "In mezzo a tante cose che devono certo farmi piacere, e che sono fin troppo lusinghiere, io non m'invanisco a segno di credermi più di quello che sono; e alla vita agiata da una vana gloria preferisco la tranquillità della vita domestica".
Significative le osservazioni dei suoi amici e biografi, soprattutto in merito all’umiltà e alla sua semplicità di carattere: “Buon padre, ottimo marito — scrive T. Bianchi — fu l'idolo della famiglia; liberale, cortese, fu carissimo agli amici; pietoso dell'infelice, fu benedetto dal poverello. [...] Era di umore allegro, amicissimo dell'innocente scherzo; e nelle colte e sollazzevoli brigate colto ed allegro ad un tempo. [...] La sua vita moderata dalla più temperante parsimonia”. Da parte sua l'amico canonico Gattoni osserva: “Carattere singolarissimo del Volta fu sempre quello di non esaltarsi mai in nulla; di non guatar d'alto in basso alcuno, com'è costume di certi saggi; d'essere familiare, affabile con tutti, adattandosi alla capacità d'ognuno senza disprezzo”. Osserva ancora C. Cantù: "A sentirlo discorrere con la domestica o spassarsi fra contadini e con operai, appena l'avresti creduto quel sommo ch'egli era […]”. Lui stesso scriveva a proposito del forbito linguaggio delle scienze: “Mi piacciono i termini tecnici, i vocaboli scientifici, ma vorrei qualche volta che avesser men del magico, per non dir diabolico” (lettera M. Landriani, 4.8.1776).
Teresa Peregrini, sua moglie dal 1794, gli diede tre figli: Luigi, Zanino e Flaminio. Nel 1814, quest’ultimo morirà diciottenne di encefalite, episodio che proverà profondamente lo scienziato accrescendo in lui una religiosità che non aveva mai abbandonato. I suoi biografi menzionano la sua intensa vita spirituale: santa Messa anche quotidiana, frequenza ai sacramenti (confessione e comunione), recita quotidiana del rosario. Ne offre una sintesi il Cantù: “Affezionato alla sua religione, non solo per abitudine, ma per effetto di lunghe meditazioni, non trascurò la delizia del pregare e le forme esterne del culto, neppure quando la moda imponeva che ogni uomo non vulgare dovesse o nutrire o affettare dispregio per quel ch'era stato sacro ai padri”. Fra le attività di Volta vi fu l’insegnamento della dottrina cristiana ai ragazzi nella chiesa parrocchiale di San Donnino a Como, dove tuttora una lapide ricorda con certa enfasi ottocentesca: “qui insegnando il catechismo si preparò al miracolo della pila”. Si incontra con Tamburini, apostolo del giansenismo lombardo insieme a G. Zola, dando ai biografi materiale per dibattere sul suo grado di adesione a questo movimento, una ipotesi che il suo comportamento (si pensi alla sua frequenza ai sacramenti, certamente contraria al rigore giansenista) sembrerebbe invece sfavorire.
Di Alessandro Volta siamo infine in possesso di una testimonianza di zelo apostolico nell'aiutare quanti si trovavano in crisi di fede, quella del suo incontro con Silvio Pellico: da una successiva lirica del Pellico sappiamo che egli era allora praticamente ateo e che le argomentazioni di Volta posero in lui un germe di fede che poi maturerà nel carcere dello Spielberg.
Bibliografia:
Alessandro Volta nel duecentocinquantesimo anniversario della nascita: Incontro su aspetti della figura e dell'opera, Cedam, Padova 1998.
S. BERGIA at al., Dizionario Biografico degli Scienziati, Zanichelli, Bologna 1999, pp. 1496-1498.
A. GIGLI BERZOLARI, Alessandro Volta e la cultura scientifica e tecnologica tra '700 e '800, Fonti e studi per la storia dell'Università di Pavia, Cisalpino, Milano 1993.
K.A. KNELLER, Christianity and the Leaders of Modern Science, A Contribution to the History of Culture during the Nineteenth Century, American Council on Economics and Society, Fraser (Michigan) 1995, pp. 114-118.
P. VANZAN, Alessandro Volta: l’uomo, lo scienziato, il credente, in «Civiltà Cattolica» 150 (1999), q. 3577, pp. 13-26.
Sitografia: