Carissimi giovani.
Sono veramente lieto di trovarmi in mezzo a voi, oggi, all’aprirsi di un altro anno ricco di prospettive per il vostro Movimento, in occasione del convegno nazionale, organizzato come manifestazione culturale e sociale per forze nuove di tutta l’Italia, già impegnate nel lavoro dei campi.
Nella gioventù la Chiesa vede sempre l’avvenire, la creatività, la speranza d’un mondo migliore, riponendo particolare fiducia nei movimenti che s’ispirano chiaramente e generosamente alle linee perenni dei grandi principi cristiani.
Il tema da voi scelto come guida in questi giorni di riflessione “Giovani, agricoltura, territorio, ambiente” esprime già di per se stesso il vostro interesse verso problemi di crescente rilevanza, da approfondire nei dibattiti secondo le loro varie angolature.
Ed eccovi qui venuti non solo per portarmi di persona, con l’entusiasmo di credenti, i vostri voti augurali, ma anche per riascoltare, applicata alle circostanze, l’essenza di una dottrina attinta alla luce del Redentore nato a Betlemme, e perciò in grado di illuminare come nessuna altra la strada che vi proponete di percorrere.
Desidero in proposito raccomandarvi vivamente di non perdere mai di vista il punto fondamentale: che, cioè, la natura è data agli uomini da Dio come un dono.
Dio ha creato la terra, le acque, gli animali del mare, del suolo e dell’aria, i fiumi, le montagne, le pianure con le leggi immutabili e per tanti versi ancora inesplorate, della fisica e della biologia. È stato Dio a plasmare l’uomo, collocandolo, come si esprime mirabilmente la Scrittura, in un giardino, perché “lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2, 8-15). E quanto Dio aveva fatto era cosa molto buona (Gen 1, 31).
L’uomo, dunque, è collaboratore e artefice, ma non padrone assoluto, né di se stesso né delle cose, che egli è chiamato a sua volta a plasmare perché il giardino divenga più florido. La terra avuta in dono deve essere sottoposta al “dominio” dell’essere umano nel quadro del disegno divino, altrimenti viene compromesso il ruolo dell’artefice collaboratore.
È per tali ragioni che la Chiesa si è sentita sempre vicina ai lavoratori dei campi, e non ha mai mancato di alzare la voce, nei suoi documenti sociali, contro le ingiustizie, aperte e nascoste, commesse così frequentemente a danno del mondo rurale rispetto agli altri settori di lavoro. Per queste stesse motivazioni, nella mia enciclica sul lavoro umano, mi sono soffermato a sottolineare l’“importanza fondamentale” del lavoro agricolo nell’insieme dello sviluppo della comunità sociale (Ioannis Pauli PP. II Laborem Exercens, 21).
Cari giovani, ho fiducia che già il richiamo di queste considerazioni basilari potrà essere per voi stimolo e luce nel corso delle vostre approfondite discussioni nel convegno.
La terra e gli elementi naturali costituiscono non solo uno dei fattori della produzione, indispensabile al mantenimento della vita materiale, della sussistenza della famiglia, della prosperità economica e sociale, ma anche uno degli strumenti capaci di dare sicurezza e spinta alla crescita dell’uomo come persona umana.
Le risorse diffuse in superficie e nascoste sapientemente da Dio nelle profondità della terra debbono essere scoperte e messe in valore a servizio della persona, della famiglia, della società in un insieme organico. L’uomo ha il dovere d’intervenire nell’ambiente naturale per adattarlo alle proprie superiori esigenze e per tutelarlo come fonte di reddito, senza mai comprometterne la caratteristica di strumento di promozione umana e di sviluppo della comunità.
È per questo che s’impone una gestione razionale dell’ambiente. Ove ciò non avvenga, l’uomo abdica al suo ruolo di punto di riferimento della natura, secondo il chiaro progetto di Dio, col trionfo dell’egoismo incontrollato e dell’interesse materiale senza freno.
Purtroppo è quanto oggi avviene con preoccupante frequenza. L’uso delle risorse, effettuato senza tener conto del contesto dell’ambiente e dell’uomo, porta a sfigurare bellezze di paesaggi, a rompere equilibri dinamici vitali, a provocare fenomeni d’inquinamento e di degrado, a compromettere processi di funzionamento della realtà naturale, a minacciare la sopravvivenza degli esseri viventi.
La terra smarrisce così il suo volto, plasmato da Dio, di giardino a servizio della persona umana, per divenire fonte esclusiva di sfruttamento economico, deserto in abbandono.
Cari giovani, nel ringraziarvi della vostra visita, per le manifestazioni di omaggio e di devozione, desidero formulare l’augurio che dalle vostre riflessioni vengano fuori linee concrete per la diffusione di una cultura dell’ambiente e propositi di collaborazione con le forze di buona volontà. Possa la terra rifiorire in giardino per tutti; e il Signore vedere che anche gli uomini fanno cose buone.