A metà degli anni Novanta del secolo scorso, il filosofo e teologo belga Michel Schooyans individua in maniera risoluta quale sia la sfida proposta dalla contemporaneità: «Il maggior problema del XIX secolo sul piano morale, sociale, economico e politico è stato l’immeritata miseria della classe operaia, cui bisogna aggiungere lo sfruttamento coloniale. Il maggior problema del nostro tempo sul piano morale, sociale, economico e politico è ancora più grave di quello del secolo scorso. Si tratta dell’immeritato disprezzo di cui la vita umana è vittima ovunque nel mondo» (p. 14). Questa convinzione dell’A. circa la svalutazione della vita umana e della sua dignità dà origine al libro Bioetica e popolazione, da lui concepito come un “prontuario” (cf. p. 16) articolato in 146 domande e risposte, ripartite in 16 capitoli che affrontano le principali questioni oggi dibattute inerenti la vita umana: aborto, eutanasia, relazione tra libertà e responsabilità, demografia e geopolitica, economia e crisi ambientale. Le questioni vengono affrontate in maniera dettagliata e le risposte fanno largo uso di dati statistici che illustrano un panorama complesso e contraddittorio, in cui i Paesi economicamente più sviluppati vedono un’inarrestabile diminuzione delle nascite, fanno fronte comune per ridurre la crescita demografica nel Terzo Mondo (p. 123) e promuovono un sempre più rigido controllo della vita, dal suo concepimento fino al suo termine. L’A. rileva come questo modo di affrontare le cose da parte di tali Paesi si muova in direzione diversa da quanto i documenti della Chiesa cattolica espongono circa la promozione di una “cultura della vita”. Ad essa sono dedicati i capitoli 14 e 15 del libro, utili anche per comprendere cosa la Chiesa affermi su tali tematiche e su cosa essa fondi i suoi insegnamenti. Schooyans propone qui una sintesi tra il valore riconosciuto dal cristianesimo al corpo e alla sessualità, la riflessione sulla questione demografica e la Dottrina sociale della Chiesa: «Ebbene, ciò che la Chiesa dice anzitutto nel suo insegnamento sociale è che non l’uomo è fatto per il mercato, bensì il mercato per l’uomo. La vita dell’uomo non può essere organizzata principalmente, se non esclusivamente, in funzione degli imperativi del mercato così come concepito dall’ideologia liberale» (p. 150). Si introduce così l’idea che il modo in cui venga presentata la sovrappopolazione risponda in buona parte alla formazione di un “mito” che l’A. sottopone a critica. In modo esplicito, egli mette in luce come le argomentazioni a favore della denatalità nascondano in realtà il timore e gli interessi economici dei Paesi economicamente più sviluppati, poco inclini a condividere le proprie risorse con i poveri della terra: «In breve, più preoccupati della propria sicurezza che delle propria solidarietà, i ricchi invocano la “sovrappopolazione” per “giustificare” la coercizione esercitata sui poveri» (p. 165). Il volume testimonia, anche dal punto di vista storico, quanto il dibattito fosse accesso negli anni ‘90 del secolo scorso. Le tesi dell’A. sono sostenute talvolta con decisione, ma sempre ben documentate, rivelando una comprensione ricca e organica di questioni interconnesse, che mostrano oggi tutta la loro attualità.