Benché universalmente nota per via del celebre teorema cui dà il proprio nome, la figura di Pitagora è nondimeno ammantata di una spessa aura di mistero. A eccezione di pochi frammenti attribuiti ad alcuni suoi discepoli, la «vera identità» del filosofo greco «si perde nella notte dei tempi» (p. 10). È questo il punto di partenza del testo La musica di Pitagora. La nascita del pensiero scientifico (2013) di Kitty Ferguson, musicista e autrice di numerosi testi di divulgazione. Genere, quest’ultimo, cui può essere ascritto pure il libro in questione, sebbene la profondità d’analisi, la ricchezza bibliografica e documentaria, nonché la vastità degli ambiti e degli aspetti considerati al suo interno permettano d’inquadrarlo legittimamente come un’esaustiva monografia sul ruolo, il pensiero e l’eredità teorica di Pitagora e dei pitagorici. Obiettivo esplicito del testo, infatti, è la ricostruzione delle modalità e delle motivazioni che hanno permesso alla «storia perduta della vita e della persona di Pitagora» di generare e alimentare una «complessa tradizione e ricchezza di interpretazioni» (p. 15). Il filo conduttore seguito dall’autrice lungo tutto il testo è costituito dunque dall’intuizione pitagorica secondo cui «dietro l’apparente varietà e confusione della natura ci sono una regolarità e un ordine» che sono rintracciabili e osservabili «attraverso i numeri» (p. 12). Questa regolarità e questo ordine rispecchiano, per i pitagorici, i rapporti che sono alla base dell’armonia musicale. È questo il motivo per cui il saggio si richiama esplicitamente alla musica. Il libro è composto da diciannove capitoli, ripartiti in tre sezioni principali, cui si aggiungono un epilogo e un’appendice. La tripartizione summenzionata risponde alla periodizzazione istituita dall’autrice. La prima sezione, che consta di sei capitoli, è incentrata dunque sul VI secolo a.C., il periodo in cui visse e operò Pitagora. Qui Ferguson si sofferma sulle testimonianze, sulle leggende e sui numerosi aneddoti relativi alla sua figura che ci sono stati tramandati dalla storia antica – come il mito circolante nella Roma imperiale secondo cui egli «sarebbe stato figlio di Apollo» (p. 17) – per provare a dipanare il groviglio di finzione e realtà in cui si nascondono, sin quasi a perdersi, le poche informazioni che abbiamo sulla sua vita. La seconda parte del testo concentra i sette capitoli che la compongono sul periodo compreso fra il V secolo a.C. e il VII secolo d.C., e prende le mosse dalle notizie relative alla lenta «dissoluzione della confraternita» (p. 97) fondata da Pitagora. Ferguson ricostruisce la vita, il pensiero e l’influenza dei pitagorici più influenti negli anni immediatamente successivi alla morte del maestro, fra i quali si possono annoverare Ippaso di Metaponto, Filolao di Metaponto e Archita di Taranto. Successivamente, considera l’influenza pitagorica su giganti del pensiero classico come Platone, Aristotele e Tolomeo, per giungere poi a sondarne la permanenza sin nelle opere di Porfirio, Giamblico, Macrobio e Boezio. I sei capitoli della terza e ultima sezione, infine, ripercorrono la storia delle influenze e delle eco della dottrina pitagorica compresa fra il secolo VIII e i nostri giorni, soffermandosi in particolar modo sul periodo della rivoluzione astronomica (con la considerazione delle ricerche e dei testi di Keplero) e giungendo ad affacciarsi su temi di estrema contemporaneità scientifica come, ad esempio, le ricerche sulle «onde acustiche della radiazione cosmica di fondo» (p. 311). Il breve ma suggestivo epilogo del libro rimarca sino a che punto l’attività, l’opera e il pensiero di Pitagora e dei suoi seguaci abbiano influenzato la storia umana, sebbene essi ne fossero inconsapevoli al punto da non essere «neppure in grado di cominciare a concepire quale immenso paesaggio si aprisse dinanzi alla porta da loro dischiusa» (p. 313).