Questa nota pagina agostiniana mette in luce la specificità del cristianesimo sull’orizzonte della filosofia platonica, alla quale Agostino era certamente debitore. A quanto l’Autore dice del platonismo, il lettore potrà sostituire idealmente quanto altre religioni o altre prospettive filosofiche affermano di Dio creatore, notando che le parole di Agostino, lungi dal rifiutare tutto ciò come erroneo, mostrano piuttosto che nel cristianesimo si compiono le loro legittime aspirazioni nella ricerca della verità su Dio.
9.13 [Nei libri dei platonici] vi trovai scritto, se non con le stesse parole, con senso assolutamente uguale e col sostegno di molte e svariate ragioni, che al principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio; egli era al principio presso Dio; tutto fu fatto per mezzo suo e senza di lui nulla fu fatto; ciò che fu fatto è vita in lui, e la vita era la luce degli uomini, e la luce riluce nelle tenebre, e le tenebre non la compresero. Poi [vi trovai scritto] che l'anima dell'uomo, sebbene renda testimonianza del lume, non è tuttavia essa il lume, ma il Verbo di Dio è il lume vero, il quale illumina ogni uomo che viene in questo mondo; e che era in questo mondo, e il mondo fu fatto per mezzo suo, e il mondo non lo conobbe. Che però egli venne a casa sua senza che i suoi l'accogliessero, ma a quanti lo accolsero diede il potere di divenire figli di Dio poiché credettero nel suo nome [cfr. Gv 1,1-12] , non trovai scritto in quei libri.
9.14 Così trovai scritto in quei libri che il Verbo di Dio non da carne, non da sangue, non da volontà di uomo né da volontà di carne, ma da Dio è nato; che però il Verbo si è fatto carne ed abitò fra noi [cfr. Gv 1-13-14] , non lo trovai scritto in quei libri. Vi scoprii, certo, sotto espressioni diverse e molteplici, che il Figlio per la conformità col Padre non giudicò un'usurpazione la sua uguaglianza con Dio, propria a lui di natura, ma il fatto che si annientò da sé, assumendo la condizione servile, rendendosi simile agli uomini e mostrandosi uomo all'aspetto; si umiliò prestando ubbidienza fino a morire, e a morire in croce, onde Dio lo innalzò dai morti e gli donò un nome che sovrasta ogni nome, affinché al nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra, agli inferi, e ogni lingua confessi che il Signore Gesù sta nella gloria di Dio Padre [cfr. Fil 2,6-11], non è contenuto in quei libri . Vi si trova che il tuo Figlio unigenito esiste immutabile fin da prima di ogni tempo e oltre ogni tempo, eterno con te; che le anime attingono la felicità dalla sua pienezza [cfr. Gv 1,16] e acquistano la sapienza rinnovandosi grazie alla partecipazione della sapienza in se stessa stabile; ma il fatto che morì nel tempo per i peccatori [cfr. Rm 5,6], e invece di risparmiare il tuo unico Figlio, lo hai consegnato per noi tutti [cfr. Rm 8,32], non si trova in quei libri. Infatti celasti queste verità ai sapienti e le rivelasti ai piccoli [cfr. Mt 11,25], per attrarre quanti soffrono e sono oppressi a lui, che li ristori, poiché è mite e umile di cuore [cfr. Mt 11,28] e guiderà i miti nella giustizia, insegna ai mansueti le sue vie [cfr. Sal 24,39], osservando la nostra umiltà e la nostra sofferenza, rimettendoci tutti i nostri peccati [cfr. Sal 24,18]. Ma quanti, innalzandosi sul coturno di una scienza a loro dire più sublime, non ne odono le parole: Imparate da me, poiché sono mite e umile di cuore, e troverete il riposo per le vostre anime [cfr. Mt 11,29], sebbene conoscano Dio, non lo glorificano né ringraziano come Dio, bensì si disperdono nei loro vani pensieri, e il loro cuore insipiente si ottenebra. Proclamandosi saggi, si resero stolti [cfr. Rm 1,21ss].
9.15. Perciò trovavo in quei libri anche la gloria della tua incorruttibilità, trasformata in idoli e simulacri di ogni genere foggiati a immagine dell'uomo corruttibile e degli uccelli e dei quadrupedi e dei serpenti [cfr. Rm 1,23]. Vi si può vedere il piatto egiziano, per cui Esaù perdette i privilegi della primogenitura: il popolo primogenito onorò in tua vece la testa di un quadrupede, col cuore rivolto in Egitto e la tua immagine, la sua anima, curva innanzi all'immagine di un vitello che si ciba di fieno. Trovai queste cose in quei libri, e non me ne cibai. Ti piacque, Signore, di togliere a Giacobbe l'onta della sua inferiorità, affinché il maggiore servisse al minore; chiamasti le genti alla tua eredità. Quindi io, venuto a te dalle genti, fissai il mio sguardo sull'oro che per tuo volere il popolo prediletto asportò dall'Egitto, poiché, dovunque era, era cosa tua. Dicesti agli ateniesi per bocca del tuo Apostolo che noi in te viviamo e ci muoviamo e stiamo, come dissero anche certuni fra i loro autori [cfr. At 17,28], e senza dubbio quei libri provenivano di là. Così non prestai attenzione agli idoli degli egiziani, cui sacrificavano col tuo oro coloro che trasformarono la verità di Dio in menzogna, adorarono e servirono la creatura anziché il creatore [cfr.Rm 1,25].
Confessiones, Libro VII, cap. IX, nn. 13-15, tr. it. di Carlo Carena, in “Opere di sant'Agostino”, vol. I, Citta Nuova, Roma 19936, pp. 195-199.