Nel 1905 il giovane L.E.J. Brouwer tenne una conferenza presso l’associazione studentesca ‘Libero studio’ all’Università di Delft, in Olanda. Il testo, intitolato Vita, arte e mistica, venne pubblicato pochi mesi dopo dalla Technische Boekhandel en Drukkerij J. Waltman Jr. Di lì a pochi anni l’autore di questo breve scritto, che con accenti profondamente critici delineava una visione del mondo incentrata sul primato della coscienza e dell’“uomo interiore”, discuteva la sua tesi di dottorato Sui fondamenti della matematica (1907), avviandosi verso la carriera accademica che lo avrebbe portato a ricoprire la carica di professore all’Università di Amsterdam dal 1912 al 1951. Riconosciuto come uno degli ispiratori e dei massimi rappresentanti dell’intuizionismo matematico, autore di importanti contributi nel campo della topologia e in particolare della dimostrazione del Teorema del punto fisso, Brouwer sosteneva che la costruzione della matematica – concepita non come una scoperta ma come un’azione – non derivasse dall’esperienza del mondo esterno ma fosse imputabile al solo senso interno dell’essere umano. Come scrive Paolo Zellini nel saggio che accompagna il testo di Brouwer: «La matematica, avrebbe spiegato più tardi Brouwer, è improntata a due fenomeni della coscienza: il primo consiste in un movimento temporale, una transizione da una sensazione a un’altra; il secondo in un criterio causale, il cui effetto sta nel collegar fra loro diversi complessi di sensazioni» (p.133). Posti sotto questa luce, gli sviluppi successivi del pensiero matematico di Brouwer appaiono in continuità con alcune intuizioni giovanili presentate in Vita, arte e mistica, testo peraltro incluso solamente in maniera parziale nell’edizione dell’opera omnia di Brouwer (1975-1976) e tradotto in inglese, in versione integrale, solamente nel 1996. Il motivo di questa sorta di oblio editoriale deriva da un certo imbarazzo degli studiosi di fronte ad alcune tesi espresse in questa conferenza, in cui le tematiche mistiche si accompagnano ad alcune posizioni fortemente anti-moderne, che vanno da osservazioni circa il ruolo subordinato della donna alla polemica contro il progresso scientifico e lo sviluppo delle applicazioni tecniche. Il percorso delineato da Brouwer indica la necessità di una presa di distanza dal “triste mondo” (cap. I) al fine di “volgersi a se stessi” (cap. II). Nell’economia del discorso di Brouwer la coscienza, ovvero l’interiorità, si contrappone all’intelletto, colpevole di una caduta dell’uomo nell’esteriorità del mondo (cap. III). Nei nove capitoli che compongono il testo l’autore propone un cammino che, passando per la “verità immanente” (ovvero l’adesione al proprio karma, cap. VI), porti infine alla “verità trascendente” (cap. VII) e alla “vita liberata” (cap. VIII), in un costante rifiuto della società moderna e in particolare dei suoi aspetti più intimamente segnati dall’economia (cap. IX). Nonostante alcune riflessioni che al lettore di oggi non possono non suonare unilaterali e datate, Vita, arte e mistica non è soltanto un documento della vita culturale dei primi del Novecento ma una interessante testimonianza di come il pensiero di uno dei massimi matematici contemporanei si radichi in una più ampia speculazione e in una vera e propria visione del mondo capace di contemperare al suo interno elementi mistici e antropologici. Le numerose citazioni di Brouwer, tratte dai testi di Meister Eckhart e Jacob Böhme ma anche dalla Bhagavad Gītā (testo sacro della tradizione induista), ci mostrano come la compenetrazione tra mistica e matematica, che troviamo lungo tutta la storia di questa disciplina, fin da Pitagora, non sia un retaggio di epoche lontane ma costituisca il punto di partenza di indirizzi recenti, come appunto l’intuizionismo di Brouwer.
Vita, arte e mistica
Autore scheda bibliografica tematica
Stefano Oliva