Cara a diversi Padri apologeti, fra cui Teofilo di Antiochia, la metafora del nocchiero viene impiegata per mostrare l’esistenza di una causalità finale nella creazione, tale da guidare il corso della natura secondo la volontà originaria del suo Creatore.
Chi non vuol credere all'opera della provvidenza e ritiene stoltamente che questo mondo, fatto di cielo e di terra, sia condotto con tanta armonia e tanto ordine senza nessuno che lo governi, si comporta come se qualcuno, sedendo su di una nave e attraversando il mare, pur vedendo il nocchiero reggere il timone e manovrare opportunamente i remi, inclinandoli ora a destra ora a sinistra, mentre la nave approda in tutti i porti nei quali costui la diriga, ciò nondimeno, chiaramente bugiardo com'è, volendo contrastare l'evidenza, negasse che a poppa vi sia il nocchiero e che la nave sia munita di remi e diretta dal movimento del timone: secondo costui essa procederebbe invece spontaneamente, vincendo da sola la violenza delle onde e combattendo con le raffiche dei venti, senza bisogno dell'aiuto dei marinai o del nocchiero che, consultandosi con loro, impartisca gli ordini opportuni.
Costoro, infatti, si accorgono chiaramente che il Signore di tutte le cose, dopo aver creato il mondo, lo governa e lo dirige in modo giusto e conveniente. Constatano, altresì, tanto nell'insieme quanto nelle singole parti costitutive di questa macchina universale, ogni bellezza ed utilità. Ciò nonostante essi divengono deliberatamente ciechi, o piuttosto, benché vedano, sono disonesti. Pur ricevendo i doni della provvidenza essi li disprezzano, contestando addirittura attraverso le cose di cui essi godono, il loro governatore.
da La provvidenza divina, 2, tr. it. di Mario Spinelli in La teologia dei Padri , Città Nuova, Roma 1981, vol. I, p. 113.