L'opera della teologa statunitense Elizabeth A. Johnson, religiosa cattolica ed esponente di una teologia "al femminile", è diretta a lettori con una preparazione teologica di base, in quanto il tema affrontato potrebbe a ragione considerarsi parte di una "teologia della natura". La domanda centrale che l'autrice si pone è la seguente: in un’epoca di devastazione ecologica, come possiamo immaginare l’amore di Dio per il creato? Come si può concepire la redenzione cosmica? Ma soprattutto, come è possibile conciliare queste tematiche con il tema del peccato? La prospettiva ecologica è qui solo implicita, ma certamente presente, in quanto l'opera è espressione di un pensiero che vede l'essere umano e la natura profondamente solidali, solidali nella croce e nella redenzione di Gesù Cristo.
L’autrice è consapevole dell’ostacolo rappresentato dal concetto di redenzione inteso esclusivamente come perdono dei peccati, avvenuto grazie alla morte e alla resurrezione di Gesù. Infatti, poiché il mondo naturale non pecca, esso non sarebbe suscettibile di perdono e redenzione. Al tempo stesso, la sacra Scrittura lo mostra bisognoso di redenzione, di trasformazione, di compimento. La Johnson non intende certamente sorvolare sull’importanza fondamentale che lo studio del peccato e del suo rapporto con la salvezza hanno nel contesto teologico, ma ritiene che l’attenzione ricevuta nel corso dei secoli, principalmente centrata sull'agire morale e sulla colpa originale dell'essere umano, sia stata tale da far scomparire o quasi, dal discorso teologico, il carattere "cosmico" della redenzione. Per esaminare questo contrasto e cercare di risolvere l’impasse in cui si trova, la studiosa ripercorre la storia del tema in oggetto, come viene trattato nelle Scritture e poi dalla teologia occidentale. La trattazione è strutturata come un dialogo fra la teologa stessa e una interlocutrice immaginaria, Clara, che le pone le domande necessarie per avviare la trattazione e la guida nell’analisi. Questo ricorso retorico e redazionale, che a volte rende il ritmo della lettura un po' forzato, aiuta l’Autrice a organizzare il suo pensiero secondo una serie di risposte alle numerose obiezioni che le vengono poste.
Il pensiero della Johnson è originale e tuttavia ben fondato sia nelle Scritture, sia negli insegnamenti della Chiesa. Esso si articola in sei punti principali, sviluppati nei rispettivi capitoli del volume. Di particolare interesse è il Capitolo V, Il Dio di ogni carne: Incarnazione profonda, in cui la studiosa affronta il tema della cosiddetta Deep Incarnation, un modello interpretativo di grande attualità suggerito dal teologo Niels Gregersen. Secondo questa prospettiva, l’Incarnazione del Verbo, realizzata in una specifica umanità, quella di Gesù di Nazaret, non limita la sua portata divina soltanto al genere umano, ma, attraverso di esso, si estende anche agli altri esseri viventi, perché interconnessi con tutte le altre creature. Il mistero dell'Incarnazione, dunque, si espande a tutta la vita biologica e all’intero universo materiale. Questa visione, pur partendo da una nuova comprensione scientifica del mondo, quella di un mondo in evoluzione, ha tuttavia delle basi scritturistiche non indifferenti, che vengono illustrate con precisione. In questo modo, la Johnson estende il valore trasformante e redentivo della croce di Cristo a tutto il creato, in quando solidale all'Incarnazione del Verbo divino, al di là del peccato dell'uomo. La croce e la redenzione, come già in alcuni Padri della Chiesa, Ireneo di Lione o Massimo il Confessore, assumono prospettive cosmiche, e non solo umane. Riflettendo sul mistero della morte presente nel creato, afferma Elisabeth Johnson: «Dal momento che anche Dio, che crea e dà forza al mondo evolutivo, si unisce alla lotta in Cristo, bevendo personalmente il calice della sofferenza e scendendo nel nulla della morte, l'afflizione, anche nel peggiore dei casi, non ha l'ultima parola, La speranza contro ogni speranza nace dalla presenza divina nel cuore della morte. Gesù Cristo risorto, una cosa sola con la carne della terra, incarna l’estrema speranza di tutte le creature nella creazione. La trasformazione finale della storia che verrà sarà la salvezza di ogni cosa, inclusa la gemente comunità della vita, introdotta nella comunione con il Dio dell’amore» (p. 261).