brano tratto da: Paola Paganelli, Una fede che diviene cultura. Alla scuola di Romano Guardini, Cantagalli, Siena 2005, pp. 5-9, 11-16
Romano Guardini ha la dote straordinaria di saper parlare al cuore dell' uomo. E la sua parola è còlta in modo particolare dai giovani perché il loro cuore è più predisposto ad ascoltare e a lasciarsi interrogare. H. Kuhn a questo proposito racconta come:
Tutte le domeniche, nel corso dell'anno accademico, la Messa delle 11 a S. Luigi , la Chiesa dell'Università di Monaco, è gremita fino all'ultimo posto: Romano Guardini celebra la Messa e tiene la predica. La folla è composta per la maggior parte da giovani universitari. Come nessun altro Guardini sa parlare alla gioventù e risvegliare le coscienze. [1]
Egli per parlare alla collettività si rivolge ad ogni singolo uomo, ben consapevole dell'importanza di ogni persona e che vi è comunità solo quando ogni singolo io vive pienamente se stesso: in caso contrario non vi è comunione ma solo massa, omologazione. Guardini capisce i giovani, li conosce e sa parlare loro anche perché riesce a conciliare la giovinezza con la maturità. Egli, infatti, mantiene un cuore aperto alla realtà affrontando responsabilmente i problemi he in essa si presentano, certo com’è che è la persona ad essere chiamata a risolvere tali problemi e, per questo, è all'esperienza personale che egli si rivolge. È quello che si può dire un maestro. Come può sorgere un maestro? Come si è potuta formare una simile personalità?
Romano Guardini nasce a Verona il 17 febbraio 1885, ma dopo un anno la famiglia si trasferisce a Magonza dove il padre era Console d'Italia. Egli viene così educato in Germania, per cui la sua formazione è tedesca, cresce in ambiente tedesco. Fin dalla giovinezza appare in lui un'inquietudine interiore che lo porta a cercare un posto ben preciso nella vita. Si iscriverà prima alla Facoltà di scienze naturali che abbandonerà subito per il diritto e l'economia, ma anche questi studi non lo soddisferanno. Finché a Berlino si fa evidente in lui la vocazione sacerdotale: così nel 1905 intraprende gli studi teologici prima a Friburgo, poi a Tubinga, infine a Magonza dove nel 1910 riceve l'ordinazione sa cerdotale. Lui stesso racconta, nella sua autobiografia:
Ricordo, come se fosse ieri, l'ora in cui questa conoscenza si fece decisione. Fu nella mia piccola mansarda nella casa dei miei genitori... Mi era divenuto a grado a grado chiaro che v'è una legge secondo la quale l'uomo, “quando conserva la sua anima”, cioè rimane in se stesso e accetta come valido soltanto ciò che gli appare immediatamente evidente, perde la realtà essenziale. Se vuole invece giungere alla verità e nella verità al suo vero se stesso, allora deve donarsi ... Io sedetti dinanzi al mio tavolino, e il mio pensiero procedette: “Dare la mia anima – ma a chi? Chi è in grado di chiedermela? Di chiedermela in modo, che tuttavia non sia ancora io che la prenda in mano? Non semplicemente “Dio”, poiché quando l'uomo vuole avere a che fare soltanto con Dio, allora dice “Dio” e intende se stesso. Deve perciò esserci una istanza oggettiva , che possa trar fuori la mia risposta da ogni nascondiglio dell'affermazione di sé. Ma tale istanza è soltanto una e unica: la Chiesa cattolica nella sua autorità e precisa determinatezza. La questione del conservare o dare la propria anima viene decisa in ultima analisi non dinanzi a Dio, ma dinanzi alla Chiesa. [2]
Consacrato sacerdote egli continua a studiare fino a conseguire nel 1915 il dottorato in teologia con una tesi su san Bonaventura. Seguono poi alcuni avvenimenti particolarmente significativi: l'incontro con il movimento giovanile cattolico Quickborn (Fonte d 'acqua viva) del quale fu direttore spirituale dal 1924 al 1939; e la libera docenza nel 1922 a Bonn in teologia dogmatica e nel 1924 la chiamata all'Università di Berlino per inaugurare la cattedra di filosofia della religione e Katholische Weltanschauung di nuova istituzione. Tale fatto fu accompagnato da molte polemiche poiché l'ambiente delle università tedesche era prevalentemente protestante. Kuhn riferisce che, essendo Guardini giuridicamente dipendente dalla Facoltà teologica cattolica di Breslavia ed essendo considerato solo ospite all'Università di Berlino,
gli studenti che chiedevano al portiere in quale aula il professor Guardini tenesse le sue lezioni veniva risposto: “Da noi non c'è alcun professor Guardini". Ma gli studenti stessi riuscivano a trovare l' aula anche senza aiuto, ed anzi, il loro numero cresceva di giorno in giorno. [3]
Con l'avvento del nazionalsocialismo l'aria si fece più pesante e nel 1939 Guardini venne privato della cattedra. Ma egli non si diede per vinto e, per continuare ad insegnare, fonda la Katholische Bildungswerk, una specie di università popolare, i cui corsi richiamarono un attento pubblico, e inaugurò i Sermoni del secondo martedì del mese nella chiesa dei Gesuiti a Berlino, anch’essi seguitissimi. Nel novembre del 1945, ormai terminate le ostilità, Guardini venne reintegrato nella sua cattedra di Katholische Weltanschaung, questa volta a Tubinga.
Egli era solito paragonare i giovani a dei feriti ai quali occorre parlare con dolcezza. Avvertiva l'urgenza di restituire l'inquietudine dello spirito a quella gioventù alla quale per ben dodici anni era stato "impedito di pensare". La parola inquietudine la troveremo spesso in Guardini. Essa sta ad indicare uno spirito che non si ferma, uno spirito che non ha paura di porsi i grandi interrogativi sull'esistenza, uno spirito che per tutta la vita cerca la Verità, la Totalità. È per lui sinonimo di attesa consapevole e perciò di una certa sollecitudine di fronte alla realtà. È la stessa inquietudine del S. Agostino delle Confessioni:
Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te. [4]
Questa gioventù che egli ha davanti è ammalata, non solo fisicamente per le ferite della guerra, ma anche spiritualmente per la cultura nichilista che in quel periodo si stava affermando in tutto l'Occidente. Ed è a questa gioventù che egli si rivolge in particolare per restituirle quelle grandi domande sulla vita , sull'essere che quella società andava togliendole. Per questa « missione» Dio gli concesse circa vent'anni di tempo. Da Tubinga si spostò, nel 1948, a Monaco di Baviera e qui insegnò ed intervenne pubblicamente in diverse circostanze. Scrisse ampiamente come testimonia la sua biografia. Nel 1964 cedette la sua cattedra e gli subentro Karl Rahner.
Gli furono assegnati molti riconoscimenti: il Premio della pace degli editori tedeschi, la laurea in filosofia honoris causa dell'Università di Friburgo nel 1954, il premio Erasmus nel 1962, la qualifica di professore emerito nel 1964. Si spense a Monaco di Baviera il primo ottobre 1968 all'età di 83 anni. In sua memoria, l' Accademia Cattolica di Baviera istituì il Premia Romano Guardini, che fu assegnato anche ad Hans Urs von Balthasar, che fu uno dei suoi più illustri discepoli.
Egli si considerava «uno che cammina solitario». L'elemento dominante in lui è un'attenzione, una passione per la realtà, uno sguardo così pieno sull'essere che non è facile a trovarsi. E questa passione ha la sua origine e motivazione nella Rivelazione, perché, secondo lui, la Rivelazione cristiana può manifestarsi in tutto il suo spessore solo mantenendo il senso vivo della realtà, della concretezza: e la legge dell'Incarnazione. Solo allora il cristianesimo può aiutare ad accogliere il mondo nella sua totalità senza censurare nulla. Altrimenti il cristianesimo viene ridotto a concetti, o schemi, che anziché aiutare ad aprire un varco nel mondo, chiudono di fronte alla realtà, imprigionano in se stessi.
(…)
Guardini si preoccupa di dimostrare che il mondo con la sua pretesa assoluta contraddice se stesso e che solo la Rivelazione risponde adeguatamente all'esigenza dell'uomo. La concezione moderna dell'esistenza considera infatti il mondo ed il soggetto come realtà a sé stanti e, come tali, non portatrici di significato. Ma dalla Rivelazione apprendiamo che non è nel mondo il fondamento della sua esistenza bensì nella creazione. II mondo non è in grado di spiegare il suo esserci, esso è e basta. Occorre invece riparlare di creazione e cioè di un atto posto da qualcuno e ciò è spiegabile solo come atto d'amore. Negare quest'atto conduce alla ribellione contro Dio, al rifiuto di accettare il suo dono. E questo porta, in ultima istanza, al rifiuto della vita, al rifiuto dell'esistenza, al rifiuto di sé e del proprio significato. Le condizioni storiche non hanno l'ultima parola, ma sono condizioni temporanee che accompagnano l'uomo nel mondo. Le circostanze in cui si svolse la sua vita testimoniano proprio questa: nonostante le difficoltà che incontrò egli non smise mai di essere propositivo.
Spiando il presente, tessendo la forma, preoccupato, inquieto, accorto guardo sempre all'ora che viene ... Mai il terreno sul quale camminava fu sicuro: il suo piede che lo tastava per primo, cercava di renderlo percorribile per coloro che lo seguivano. [5]
Chi parla del mondo, parla implicitamente dell'esistenza umana poiché solo l'uomo possiede il mondo, solo l'uomo ha consapevolezza del mondo.
L’uomo è quel livello della natura in cui la natura prende coscienza di se stessa, è quel livello della realtà in cui la realtà comincia a diventare coscienza di sé... [6].
Così su ogni persona ricade la responsabilità di essere portatrice, e quindi ricercatrice del significato del mondo. Mancare in questo è molto grave, sia per una responsabilità verso se stessi, sia per una responsabilità nei confronti dei posteri. Solo capendo il significato di una cosa o di uno strumento lo si usa correttamente e quindi, non capendo il significato del mondo, e quindi dell’uomo, si rischia, quasi inevitabilmente, di distruggerlo
Giustamente Kuhn definisce Guardini un «filosofo di vita» [7], in cui l’interesse pratico costituisce la guida della sua intera trattazione. Infatti la sua non è una filosofia aprioristica, ma una filosofia che affronta i problemi reali che si presentano nella società del suo tempo, e che sa addirittura prevedere le conseguenze a cui una mancata, o erronea, risposta a questi gravi problemi può condurre. Dopo tale affronto, e la conseguente analisi, egli cerca di illuminare e indicare una via per risolvere le problematiche. Una filosofia di questo tipo non corre il pericolo di camminare nelle astrattezze o nel vuoto concettuale!
Leggendo, tra le sue opere, quelle dedicate alla letteratura, si possono riconoscere due vie:
una è la via filosofica che parte dall'uomo, da quel senso religioso che è costitutivo di ogni uomo; è la via che, dall'interiorità della spirito, procede verso l'Assoluto, verso il divino. Egli attraverso lo studio di Socrate, sant'Agostino, san Bonaventura, Dante, Pascal, Holderlin, Kierkegaard, Dostojevskij, Rilke, coglie in loro anzitutto una grande ricerca religiosa, una grande domada sull'esistenza. Attraverso l'opera di questi uomini, dotati di una forte sensibilità e di una capacita letteraria straordinaria, egli è in grado di mettere in luce l'esigenza di felicità e di compimento che accomuna ogni uomo. I poeti infatti sono coloro che con maggiore intensità hanno avvertito la domanda esistenziale di ogni altro e l’hanno saputa esprimere, facendosi così interpreti dell’umanità.
L’altra è la via della Rivelazione. Questa parte da Dio e arriva all'uomo, in Cristo, attraverso la Chiesa. Guardini percorre questa strada, sicuramente, studiando gli autori cristiani: sant'Agostino, san Bonaventura, Dante, Pascal. Egli avverte la profonda esigenza di andare alle origini della tradizione della Chiesa, perciò molto attinge dalla conoscenza diretta della Patristica.
(...)
L'epoca moderna
È fondamentale l'analisi che Guardini compie, nel saggio intitolato "La fine dell'epoca moderna" [8], nel quale prende in considerazione anzitutto l'uomo del nostro secolo. L'epoca moderna ha prodotto una situazione di indebolimento rispetto alla capacità di conoscere integralmente la realtà, tanto quella del mondo e delle persone, quanto quella religiosa. La crisi dell'epoca moderna consiste, infatti, nell'incapacità di conoscere ed incarnare contenuti assoluti: un'incapacità derivante dalla svalutazione della fede, sorgente dalla quale scaturisce la possibilità di rapporto con tutti e con tutto, in quanto principio di una nuova conoscenza.
Per Guardini la persona è essenzialmente se stessa solo nel reale rapporto con Dio: se questo rapporto manca, o è negativo, ne consegue inevitabilmente la disperazione. È indispensabile, a suo avviso, la «fede viva», la «fede vivente». Egli è ben consapevole di quanto la vita cristiana nel nostro tempo sia dura e faticosa, e di quanto essa sia essenziale, indispensabile per una vera umanità, per una vera libertà. Occorre perciò ritornare al senso religioso cogliendo in esso la predisposizione offerta, già dalla natura umana, a ricevere la Grazia, la sola che sia in grado di svelare il vero volto dell'uomo e portare il mondo al suo compimento.
Guardini ritiene indispensabile l'atteggiamento del chiedersi le ragioni dell'adesione al cristianesimo, per compiere il passo da una fede spontanea e immatura ad una vera fede, per essere sempre pronti, come dice l'apostolo Pietro a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.
La vita cristiana richiede infatti una verifica - parola, fino a Guardini, più nota al mondo della scienza che a quello della fede - il credente deve chiedersi dove stia la verità: confrontare, giudicare, appunto verificare nei fatti se tale credenza risponda alle proprie esigenze, alle proprie domande.
Da tale posizione emerge che il cristianesimo non è anzitutto una teoria o un'interpretazione della vita, ma è un fatto, un avvenimento costituito da una persona: Gesù Cristo.
Perciò scrive Guardini nel suo Diario:
Nel cristianesimo ciò che decide tutto, assolutamente tutto, pensiero, azione, essere, è se la realtà di Dio viene sentita se Egli sta nell’esistenza come il Reale, come in ultima istanza l’unico Reale. [9]
Tale realtà di Cristo può essere solo nella Chiesa, la sola che possa concepire l’uomo come persona, contra l'individualismo, chiuso in se stesso, dell'epoca moderna.
Occorre osservare che Guardini si trovò ad essere sacerdote in un'epoca non felice e non facile della storia della Chiesa in Germania. Infatti all'inizio del XX secolo l’idealismo tedesco, sorto nell’ambito protestante, era determinante per la vita spirituale tedesca ed era divenuto una specie di religione, emarginando così la spiritualità. Guardini, con la sua opera, si adoperò per liberare il pensiero cattolico da un pericoloso isolamento, liberando, contemporaneamente, il pensiero filosofico dalle ristrettezze accademiche. Egli avvertiva questo compito come una missione e come una missione l’ha vissuto.
Note
[1] H. kuhn, Romano Guardini, l’uomo e l’opera, tr. it. Formentini, Morcelliana, Brescia 1973, p.7
[2] R. Guardini, Appunti per un’autobiografia, tr. it. G. Penati, Morcelliana, Brescia 1986, pp. 90-92
[3] H. kuhn, op. cit, pp. 21-22: cfr. R. Guardini, Appunti…, op. cit., p. 48
[4] S. Agostino, Le confessioni, I, 2, tr. it. A. Landi, Ed. Paoline, Roma 1981, p. 29
[5] H. U. Von Balthasar, Romano Guardini. Riforma delle origini, F. Baroncini, Jaca Book, Milano 1970, p. 21
[6] L. Giussani, Il senso religioso, Jaca Book, Milano 1986, p. 39
[7] H. Kuhn, Romano Guardini, op. cit., p.46
[8] Saggio contenuto in R. Guardini, La fine dell’epoca moderna – Il poter, tr. it. M. Paronetto Valier, Morcelliana, Brescia 1993
[9]R. Guardini, Diario, tr. it. N. Ponzanelli, Morcelliana, Brescia 1983, p. 222