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Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze

Papa Paolo VI
27 aprile 1968

Paolo VI dichiara che l'Accademia è stata fondata per dare una «prova dell'amore e del rispetto» che la Chiesa nutre per il mondo scientifico. Egli ribadisce l'impegno della Chiesa per l'indagine scientifica e afferma che questa può contribuire al «progresso religioso e cri­stiano dell'umanità». Richiamando l'insegnamento del Concilio Vaticano II, sostiene la possibilità di una sintesi tra la conoscenza scientifica e la fede. Prosegue dicendo che la scienza deve «tendere al bene dell'umanità» e mette in guardia dai pericoli di un'eventuale guerra nucleare e batteriologica. L'autentico scopo della scienza è costruttivo; cerca, ad esempio, di sconfiggere la fame nel mondo.

Cari Signori, 
salutiamo con gioia nelle vostre persone il corpo degli illustri scienziati che - presenti o assenti - costituiscono la nostra Accademia Pontificia delle Scienze, con a capo il suo nuovo e dotto Presidente, il rev. Padre O'Connell, e siamo felici di avere questa opportunità di rendere solenne omaggio al vostro valore nel campo scientifico. I diversi contributi che voi apportate al progresso delle scienze vi fanno grandissimo onore, e questo onore si riflette sulla Santa Sede, che ha preso l'iniziativa di riunirvi. Siate quindi, prima di tutto, salutati e ringraziati. 
Diverse circostanze, tra cui la morte, dolorosamente sofferta, del vostro pre­sidente monsignor Georges Lemaitre, non hanno permesso alla vostra Acca­demia, negli ultimi tempi, di abbondare in manifestazioni esterne. Nessuno, certo, sarà tentato di interpretare questa apparente e accidentale diminuzione di attività come un segno di diminuita vitalità di una istituzione, che si è ormai conquistata nel mondo la reputazione e la celebrità che merita. Da parte nostra, noi teniamo comunque a confermare qui solennemente la stima e la fiducia che ci animano nei suoi confronti. 
L'idea che ha portato alla fondazione dell'Accademia Pontificia delle Scien­ze era - voi lo sapete - di dare, attraverso le persone che la compongono e per le attività che essa svolge, una prova dell'amore e del rispetto della Chiesa cat­tolica per il mondo scientifico contemporaneo. Questo primo disegno, ci tenia­mo a rinnovarvene l'assicurazione, è più che mai vivo nella coscienza e nelle prospettive della Sede apostolica. Essa si farà un dovere di conservare all'Ac­cademia la sua piena vitalità. Essa intende rendere testimonianza, per suo mez­zo, del culto che la Chiesa cattolica professa per la ricerca scientifica, della libertà che le riconosce nel suo ambito specifico, della fiducia con cui guarda conquiste presenti e future. In effetti, se la scienza, invece di esser con­ come un corpo estraneo nella vita dell'uomo, vi è, al contrario, inseri­ta in maniera conveniente, la Chiesa ritiene che essa possa condurre al progresso non soltanto speculativo e tecnico, ma morale ed anche - senza alcun bisogno di ricorrere a processi artificiosi - al progresso religioso e cristiano del­l'umanità. 
Basterebbe dire con quale rispettosa attenzione la Chiesa considera la mis­sione dello scienziato. Voi apparite ai suoi occhi come i ricercatori e gli esplo­ratori delle misteriose realtà della Creazione: come dire coloro che adempiono al più alto compito che Dio, creandolo, ha affidato all'uomo: conquistare la terra, svelare i segreti della natura. Perché la natura è piena  di segreti, e non si può dubitare che quanti si adoperano a scoprirli - a prezzo di quali pazienti e minuziose ricerche, voi lo sapete meglio di noi - non rispondano a un disegno originale e a un a sicura volontà del Creatore.

Quando volgiamo il nostro spirito a  considerare la vostra attività di scien­ziati, essa ci appare svilupparsi da una doppia premessa, che costituisce come il piedistallo di questo grado superiore di eccellenza umana al quale l'esercizio della vostra professione di ricercatori vi eleva. 
C'è anzitutto l'uso sistematico e perfezionato dell'intelligenza. Se voi, si può dire, siete più pienamente uomini degli altri è, in effetti, in primo luogo perché avete sviluppat o ad un alto livello le possibilità di ciò che nell'uomo vi è di più nobile e più somigliante a Dio: il pensiero, la capacità di «divenire tutte le cose» - il «fieri omnia» della filosofia classica - questo privilegio unico e incompara­bile dell'intelligenza umana, questo potere posseduto dall'essere pensante di conquistare la realtà, di assimilarla, di farne una verità che diviene un suo bene proprio, pur essendo in potenza, per la sua universalità,  il bene di tutti. 
A questa superiore utilizzazione della più alta facoltà dell'essere umano si aggiunge nello scienziato - e questa è la seconda premessa - il suo inserimento nella tradizione scientifica. Egli raccoglie, assimila, approfondisce e perfeziona ciò che vi è di valido nell'immensa eredità di studio e di riflessione di coloro che lo hann o preceduto; egli utilizza questo patrimonio di sapere umano già acqui­ sito come ba se di partenza da cui slanciarsi verso nuove conquiste, a vantaggio della sua generazione e di quelle che la seguiranno.

Veramente, l'uomo di scienza ben merita onore e riconoscenza ed è per noi una esigenza del cuore, allo stesso tempo che un dovere, rendere omaggio nelle vostre persone, Signori, ai rappresentanti altamente qualificati della cultura moderna e del genio che la ispira. Noi abbiamo coscienza, agendo così, di inter­ pretare fedelmente il pensiero della Chiesa nei vostri riguardi: pensiero che essa ha sovente espresso in queste ultime decadi, specie attraverso la voce dei nostri predecessori Pio XI e Pio XII, e che ha di nuovo altamente proclamato in occa­sione del recente Concilio ecumenico. 
Come potremmo lasciar passare un'occasione come questa senza ricordare che questa solenne assemblea ha voluto porre tutto il peso della sua autorità nel riaffermare il positivo atteggiamento della Chiesa nei confronti della scienza?

Ecco in quale luce il Concilio vede la vostra vocazione di ricercatori: «Colui che si sforza - esso dice- con perseveranza e umiltà, di penetrare i segreti delle cose, egli, anche se non ne ha coscienza, è come guidato dalla mano di Dio , che sostiene tutti gli esseri e fa sì che siano ciò che sono». Queste parole si leggono nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo moderno, che dedica un intero capi­ tolo al problema della cultura. Analizzando gli sviluppi di essa, il documento conciliare non esita a prender atto, con viva soddisfazione, delle positive acqui­ sizioni dovute all'attuale progresso delle scienze e delle tecniche, e cita espres­ samente «il gusto delle scienze e la fedeltà indefettibile alla verità nelle ricerche scientifiche, la necessità di lavorare insieme in gruppi specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre più netta della responsabilità che gli scienziati hanno di aiutare e anche di proteggere gli uomini, la volontà di procurare a tutti condizioni di vita più favorevoli, specie a coloro che sono privi di responsabilità o soffrono di indigenza culturale (Cfr. Gaudium et spes, nn. 36 e 57). Il documento conciliare mette certamente i cristiani in guardia contro il pericolo di un umanesimo pura­mente terrestre, ma allo stesso tempo mostra loro come la fede che essi profes­sano «lungi dal diminuirlo, accresca piuttosto l'obbligo, che è loro, di lavorare con tutti gli uomini alla costruzione di un mondo più umano» (Cfr. ibidem, n. 57).

Siamo lontani, Signori, lo vedete, dalle dispute spesso meschine e quasi sem­pre sterili in cui una volta si compiacevano certi spiriti, inclini a considerare la Chiesa e il progresso delle conoscenze umane come due avversari in aperta lotta. 
Non che l'antica questione, che rinasce senza posa, dei rapporti tra scienza e fede abbia perduto ogni attualità e ogni interesse. E ci sarebbe stato gradito se avessimo disposto di un tempo meno limitato, di profittare di una circostan­za come questa per intrattenerci con voi. Avremmo voluto descrivervi la nuova luce sotto la quale tale questione sembra presentarsi oggi: quella di una più netta distinzione dei piani sui quali ciascuna di esse - scienza e fede - seguen­do i suoi propri metodi, svolge il filo delle sue conoscenze, mentre la complessità globale del pensiero rende possibile una sintesi felice dei due ordini di conoscenza. 
Noi vi avremmo allora mostrato senza dubbio - per averlo provato per diretta esperienza - come la ricerca scientifica, venendo talvolta ad assorbire tutte le capacità di conoscenza del ricercatore, sembra conferire all'attività intellettuale e spirituale dell'uomo una soddisfazione piena e definitiva; come essa riesce ad annullare non solo la conoscenza, ma anche l'aspirazione verso la conoscenza di Dio; a tal punto che l'ateismo finisce per apparire ad alcuni scienziati come una posizione logica, in grado di soddisfare il pensiero e giusti­ficare la realtà. 
E a nostra volta saremmo tentati di abbattere questo fragile edificio del pro­ gresso intellettuale moderno e di affermare - non senza fare appello, ancora una volta, alla vostra esperienza, ma a un livello più profondo - che la scienza prepara e postula un ordine di pensiero che la trascende e la giustifica: poiché essa non spiega tutto; essa non può esplorare che ciò che esiste, ciò che un Altro, infinitamente più grande di essa, ha consegnato con prodigalità allo stu­dio dei figli dell'uomo. E se essa è fedele a mantenere le sue ricerche e le sue certezze nel dominio che le è proprio, quello dell'osservabile e del misurabile, quanto più progredirà nelle sue investigazioni, tanto più sentirà il bisogno e quasi l'intuizione dell'immensità del mondo divino che la domina e che in lei riflette qualcosa di sé.

Ma limitiamo ci piuttosto a considerare un altro aspetto del mondo scienti­fico, quello che il vostro congresso mette in così bella e lodevole evidenza, e domandiamoci: quale deve esser l'impiego, l'uso pratico ed utile che la scienza, o per meglio dire gli uomini di scienza, e i loro brillanti allievi, i tecnici, deb­ bono fare delle conquiste della scienza? Non vi è che una risposta possibile: tutto deve tendere al bene dell'umanità. 
È forse necessario ricordarvi, Signori, che lo spettro delle calamità più ter­ribili, capaci di sconvolgere e ridurre in cenere tutta la terra abitata, esce pro­prio dai laboratori più avanzati delle scienze fisiche moderne? Potremmo noi tacere davanti a tali prospettive? Poiché per quanto grande possa essere in que­ sto campo la responsabilità degli uomini politici, essa lascia intatta quella degli scienziati. Ed è per questo che non cesseremo di pregare e supplicare, e voi ce ne fornite un'occasione singolarmente propizia. Che si abbia il coraggio delle necessari e rinunce! Che ogni misura venga presa, ogni impegno assunto, allo scopo di prevenire e scongiurare la fabbricazione e l'uso delle armi nucleari, degli attacchi batteriologici e di ogni altro mezzo che tragga dal progresso scientifico il potere diabolico di infliggere a intere popolazioni, anche estranee a eventuali conflitti , il flagello di orribili devastazioni! Che l'umanità si ravve­da! Che essa sappia trovare in se stessa, nei suoi capi, nei suoi maestri, la forza e la saggezza di gettare lontano da sé l'uso malefico della scienza distruttrice! Che essa piuttosto chieda alla scienza il segreto di fare del bene a lei stessa! 
Essa lo fa, del resto, per il suo onore e a vantaggio  di tutti. E voi stessi, Signori, con questa settimana di studio che vi riunisce, ne date testimonianza magnifica. Il vostro tema «La materia organica e la  fertilità del suolo» è tutto orientato verso il bene degli uomini, o meglio, verso questo sviluppo integrale e solidale dell'umanità che abbiamo invocato, un anno fa, nella nostra Enciclica Populorum progressio. Rendere la terra feconda, farle produrre pane per tutti i suoi abitanti, lottare contro la sterilità delle zone desertiche , moltiplicare ovun­que i frutti delle colture agricole, ottenere dalla fatica dell'uomo risultati più facili e più  abbondanti, rendere possibile la vittoria sulla fame, che affligge, ancora oggi, intere popolazioni, dare sostegno alle generazioni umane crescen­ti senza sosta: ecco la vostra conquista, ecco la vostra arte, la vostra missione, la vostra corona. 
Noi siamo fieri di voi, Signori, felici dei vostri studi e dei vostri contributi al benessere dell'umanità. Ed è di gran cuore che vi esprimiamo le nostre lodi e i nostri voti. E nel nome di questo Dio così grande e così misterioso, di cui esplo­rate le opere, del Dio Creatore del mondo e redentore dell'uomo, di questo Dio che in tutta  umiltà,  ma in tutta verità, noi rappresentiamo, noi doniamo a tutti la nostra benedizione apostolica.