In occasione del II Meeting Internazionale “La scienza per la pace” – Nuovi discepoli della conoscenza: il metodo scientifico nel cambiamento d’epoca, promosso dalla Diocesi di Teramo-Atri, in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, a motivo del IX centenario della morte del Patrono San Berardo, desidero far giungere agli organizzatori, ai relatori e ai partecipanti il mio saluto e il mio augurio per un fruttuoso svolgimento dei lavori. Rivolgo pure il mio pensiero alle Autorità accademiche e scientifiche, agli ospiti delle Istituzioni nazionali ed europee e a tutti gli uomini e le donne impegnati nella ricerca scientifica.
Per la vostra Assise avete scelto un tema di notevole interesse, che offre uno sguardo prospettico ricco di speranza per il futuro dell’umanità. Essere uomini e donne di scienza, infatti, è una vocazione e, insieme, una missione, una forma specifica di carità: quella intellettuale.
Parlando della carità intellettuale, una delle grandi figure del XIX secolo, il Beato Antonio Rosmini, affermava che verità e carità sono unite da un legame fondamentale: la ricerca e lo studio della verità sono parte imprescindibile di un autentico servizio di carità e, al tempo stesso, la carità vissuta ed esercitata, porta l’uomo ad una conoscenza sempre più piena della verità, fino ad aprirsi al dono di Dio e a lasciarsene possedere. È per questo che – dice il Sacerdote roveretano – bisogna: «custodire […] contemplare e indagare la verità, promuovendone in modo ottimo ed instancabile la conoscenza fra gli uomini» (cfr. Costituzioni dell’Istituto della Carità, n. 789).
Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la carità intellettuale non può essere rinchiusa nei recinti dei Centri di ricerca o riservata solo agli “addetti ai lavori”, ma deve animare e sostenere la costruzione di una rinnovata prossimità, come ho indicato nell’Enciclica Fratelli tutti (cfr. nn. 3-4). Urge, quindi, che quanti sono coinvolti nell’investigazione scientifica scoprano la responsabilità storica del loro impegno nei diversi ambiti del sapere, superando la tentazione di isolarsi in sfere particolari, per promuovere una nuova cultura della conoscenza.
San Paolo VI parlava di tale sfida quando, al suo ingresso a Milano come Arcivescovo nel 1954, diceva: «L’uomo moderno ha la fame e il possesso dei mezzi, ma non ha l’ansia dei fini. È un gigante cieco». Oggi la carità intellettuale deve suscitare nella persona il “pensare in grande”. È nell’unità armonica di conoscenza e di amore, di fede e di ragione che trova pace nella sua ricerca e può realizzare modelli culturali e sociali capaci di rispondere veramente ai propri bisogni (cfr Fratelli tutti, n. 185).
Le nuove generazioni attendono di incontrare discepoli della conoscenza di simile levatura, per prepararsi ad essere protagonisti nella Storia e così contribuire all’incremento di una solida cultura. La sfida non è da poco, e per questo concludo rievocando il messaggio che San Paolo VI alla chiusura del Concilio Vaticano II, indirizzò agli uomini di pensiero e di scienza: «Continuate a cercare, senza stancarvi, senza mai disperare della verità! Ricordate le parole di uno dei vostri grandi amici, Sant’Agostino: “Cerchiamo con il desiderio di trovare, e troviamo con il desiderio di cercare ancora”. Felici coloro che, possedendo la verità, la continuano a cercare per rinnovarla, per approfondirla, per donarla agli altri. Felici coloro che, non avendola trovata, camminano verso essa con cuore sincero: che essi cerchino la luce del domani con la luce dell’oggi, fino alla pienezza della luce!» (San Paolo VI, Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza, 8 dicembre 1965).
Nella verità e nella carità è la via della pace, e una ricerca illuminata della verità nella carità (cfr Ef 4,15) porrà sempre più solide fondamenta per la costruzione di una società pacifica perché armonicamente ordinata al suo fine, nel rispetto della persona e nella grata corrispondenza ai doni di Dio.