Nel discutere la modalità di applicazione delle scienze positive alla teologia, si dichiara quali aspetti della prospettiva evoluzionista sono compatibili con la fede cristiana e come devono essere intese le narrazioni del Libro della Genesi riguardo la creazione dei progenitori.
Non pochi chiedono con forza che la religione cattolica tenga in massimo conto quelle scienze. Il che è senza dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo.
Per queste ragioni il magistero della chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede.
Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela.
Però quando si tratti dell'altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono abbracciare quell'opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l'insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della rivelazione e gli atti del magistero della chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio [cf. Rm 5,12-19].
Come nelle scienze biologiche e antropologiche, così pure in quelle storiche vi sono coloro che audacemente oltrepassano i limiti e le cautele stabilite dalla chiesa. In modo particolare si deve deplorare un certo sistema di interpretazione troppo libera dei libri storici dell'Antico Testamento; i fautori di questo sistema, per difendere le loro idee, a torto si riferiscono alla lettera che non molto tempo fa è stata inviata all'arcivescovo di Parigi dalla Pontificia Commissione per gli studi biblici. Questa lettera infatti fa notare che gli undici primi capitoli del Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo, tuttavia appartengono al genere storico in un vero senso, che però deve essere maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli - fa ancora notare la Lettera - con parlare semplice e metaforico, adatto alla mentalità di un popolo poco civile, riferiscono sia le principali verità che sono fondamentali per la nostra salvezza, sia anche una narrazione popolare dell'origine del genere umano e del popolo eletto.
Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da narrazioni popolari (il che può essere concesso), non bisogna mai dimenticare che hanno fatto questo con l'aiuto dell'ispirazione divina, che nella scelta e nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore.
Quindi le narrazioni popolari inserite nelle sacre Scritture non possono affatto essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto più di un'accesa fantasia che di quell'amore alla verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri sacri, anche dell'Antico Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi sono palesemente superiori agli antichi scrittori profani.
Enciclica Humani generis, 12 agosto 1950, in H. DENZINGER, Enchiridion Simbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, a cura di P. Hünermann, Freiburg i.B. 1991, DH 3895-3899.