I legami fra la Chiesa Cattolica e le scienze astronomiche non sono testimoniati soltanto dagli interessi che questa ebbe, a livello istituzionale, nella promozione di centri di studio e di osservazione, ma anche dalla vita personale di numerosi sacerdoti che si dedicarono professionalmente all’astronomia, riconoscendovi un aspetto significativo del loro ministero di educatori e di testimoni del Vangelo. Al tempo stesso, si tratta necessariamente di eccezioni. E ciò, sia per le comprensibili esigenze di dedicazione legate all’attività di ricerca e di osservazione, sia perché — cosa più importante — la presenza della fede cristiana nei luoghi della ricerca scientifica è soprattutto affidata a quei ricercatori laici che siano al tempo stesso credenti. Tuttavia, l’esistenza di sacerdoti dediti professionalmente all’astronomia resta pur sempre una circostanza storica assai significativa. Essa depone a favore di quella familiarità che i luoghi di formazione del clero, contrariamente a quanto forse comunemente si ritiene, ebbero in realtà con l’attività delle scienze e con la cultura scientifica in generale.
Giovan Battista Hodierna
Nato a Ragusa nel 1597, morto a Palma di Montechiaro nel 1660.
La personalità scientifica di Giovan Battista Hodierna, per quanto poco conosciuta dai non specialisti, è una delle più ricche ed interessanti nel panorama siciliano del XVII secolo. Malgrado egli non abbia aderito apertamente al copernicanesimo, fu un seguace della scuola galileiana, ne diffuse i principi e partecipò in modo attivo al dibattito scientifico dell’epoca, pur essendo fortemente penalizzato da una situazione di isolamento geografico e culturale, che di fatto impedì un’adeguata circolazione delle sue opere.
Intorno al 1618 Hodierna esegue le sue prime osservazioni astronomiche dalla torre campanaria della locale chiesa di S. Nicola. Nel 1622 prende gli ordini sacri e nel 1637 segue Don Carlo Tomasi et Caro (1614-1675) e il suo fratello gemello Giulio (1614-1669) nella fondazione della città di Palma di Montechiaro (AG), di cui diventa “vicario curato”; ne diventerà arciprete nel 1645. Si trova traccia di qualche suo breve viaggio: il primo, a Roma e Loreto, in occasione del giubileo del 1625; il secondo, a Roma, nel 1639; il terzo, a Palermo, nel 1640 insieme alla famiglia Tomasi; il quarto, a Roma e Napoli nel 1645, su espresso incarico di Giulio Tomasi.
L’attività scientifica di Hodierna è varia e complessa. Le discipline che maggiormente lo interessarono furono l’astronomia, l’ottica, la meteorologia e le scienze naturali. In ciascuna di queste scienze Hodierna ha dato un contributo di tutto rispetto, nel contesto generale dell’epoca. Di particolare interesse sono i suoi contributi nel campo dell’astronomia, in un momento di svolta di questa scienza, che corrispondeva al diffondersi delle dottrine galileiane.
Sono da ricordare le sue pionieristiche ricerche sulle nebulose, alle quali fu il primo a dedicare uno studio speciale, producendo un catalogo ed una classificazione delle stesse. Nel De admirandis coeli characteribus (1654) Hodierna propone infatti una classificazione delle nebulose in tre tipologie: luminosae (ammassi stellari in cui le stelle sono distinguibili ad occhio nudo); nebulosae (ammassi stellari risolubili tramite il cannocchiale astronomico); occultae (ammassi stellari non risolubili al cannocchiale). Inoltre, dei circa quaranta oggetti ivi menzionati da Hodierna, almeno una ventina sono osservazioni originali, ovvero oggetti celesti registrati per la prima volta.
Se il contributo più originale di Hodierna nel campo dell’astronomia è il catalogo di nebulose, col quale si distacca dai criteri di ricerca scientifica dell’epoca, ciò per cui egli è più noto sono in realtà i suoi contributi all’astronomia planetaria, ovvero la prima pubblicazione delle effemeridi dei satelliti galileiani e gli studi sulla forma di Saturno.
Nel Menologiae Iovis Compendium (1656), Hodierna non solo pubblica le prime tavole astronomiche dei moti dei satelliti medicei, ma tenta per primo di determinarne le latitudini e le effemeridi delle loro eclissi. Hodierna aveva infatti osservato i satelliti di Giove dal 1652 al 1655 e ne aveva determinato, con una certa accuratezza, i valori dei periodi e delle distanze relative dal centro del pianeta. Certamente l’edizione più nota delle effemeridi medicee è tuttavia quella di Giovanni Domenico Cassini (1625-1712) del 1668, dove l’autore menziona il lavoro di Hodierna, evidenziandone i limiti, ovvero la scarsa qualità degli strumenti e la mancanza di una adeguata teoria di supporto.
Alla forma di Saturno, Hodierna dedica nel 1657 un opuscolo, Protei caelestis vertigines seu Saturni sistema, col quale si inserisce nel dibattito scientifico sulla forma del pianeta. Nell’opuscolo, Hodierna pubblica una lettera scritta a Christiaan Huygens (1629-1695), in cui la forma mutevole del pianeta, già osservata da Galileo, era da lui spiegata con l’ipotesi che Saturno fosse di forma oblunga con due macchie scure laterali. Huygens prestò attenzione alla lettera di Hodierna, che trasmise a Johannes Hevelius (1611-1687) e si premurò anche di rispondergli con gentilezza, confutando la sua teoria nel Systema Saturnium (1659), dove dà la corretta spiegazione del fenomeno, rivelando l’esistenza di un anello intorno al pianeta.
Ruder Josip Boskovic
Nato a Ragusa di Dalmazia (Dubrovnik) nel 1711, morto a Milano nel 1787.
Dopo aver studiato nel collegio dei Gesuiti della sua città natale, nel 1725 entra giovanissimo in noviziato, trasferendosi a Roma per studiare presso il prestigioso Collegio Romano. Qui si distingue soprattutto nel campo delle scienze matematiche e fisiche, tanto da diventare ben presto professore di matematica presso lo stesso Collegio. Nel 1744 riceve l’ordinazione sacerdotale. Autore di numerose dissertazioni, mostrò subito una particolare preferenza per l’astronomia, prendendo parte alle principali discussioni scientifiche del suo tempo. Vanno menzionati in particolare i suoi studi sulla forma della terra, sulla gravità, sulla determinazione dell’orbita dei corpi celesti nel caso di poche osservazioni disponibili.
Particolarmente abile nel campo della matematica pura, era tuttavia altrettanto abile nella risoluzione di problemi pratici; consulente del Governo Pontificio per tutte le importanti questioni tecniche, si occupò di diversi progetti, tra cui il consolidamento della cupola di S. Pietro nel 1742 e la bonifica dell’agro pontino nel 1762.
Intorno al 1750, Boskovic aveva dato la sua disponibilità a partire volontario insieme ad altri confratelli per effettuare la triangolazione del Brasile, su richiesta del Re del Portogallo, nutrendo la speranza di poter poi effettuare una propria campagna di rilevamenti in Ecuador per la risoluzione del problema della forma della terra. Benedetto XIV, tuttavia, preferì tenerlo al suo servizio, incaricandolo di effettuare le stesse operazioni sul territorio dello Stato Pontificio. Insieme al confratello Christopher Le Maire, Boskovic effettuò quindi diverse misure dell’arco di meridiano passante per Roma e nel 1755 produsse una mappa dello Stato Pontificio, misurando accuratamente le due basi trigonometriche, sulla via Appia – poi rideterminata nel 1854-55 da Secchi – e nelle vicinanze di Rimini.
Trattò numerose questioni diplomatiche e politiche, non meno di quelle scientifiche e tecniche; non è escluso che il parere di Boskovic abbia influito sulla decisione di Benedetto XIV di abrogare nel 1757 il decreto dell’Indice che proibiva i libri che sostenevano il sistema copernicano.
Lasciato il Collegio Romano, tra il 1758 e il 1763, svolse un’intensa attività diplomatica e scientifica che lo portò a Vienna (dove pubblicò nel 1758 la prima edizione del Philosophiae naturalis theoria, poi riedita a Venezia nel 1763 col titolo invertito), in Francia, a Londra – qui è probabile che il suo suggerimento di utilizzare lenti liquide per evitare l’aberrazione cromatica abbia ispirato a Dollond la costruzione dei doppietti acromatici – in Polonia e a Costantinopoli, per osservare il transito di Venere del 1761 in qualità di membro della Royal Society (era stato eletto in quello stesso anno), non tralasciando i suoi interessi archeologici, oltre che scientifici.
Tornato in Italia nel 1763, accetta la cattedra di matematica all’Università di Pavia e, alcuni anni dopo, quella di ottica e astronomia a Brera. È suo il progetto per la costruzione dell’Osservatorio del Collegio di Brera nel 1764, come pure il primo progetto per la costruzione dell’Osservatorio del Collegio Romano al posto della cupola (mai realizzata) della chiesa di S. Ignazio – progetto che verrà più tardi interamente recepito e realizzato da Secchi.
I peggiorati rapporti con l’ambiente milanese nonché il decreto di soppressione della Compagnia di Gesù lo indussero nel 1773 a trasferirsi a Parigi, dove Luigi XV istituì appositamente per lui il prestigioso posto di “Directeur d’optique au service de la Marine”; nel 1783 Boskovic decise tuttavia di rientrare in Italia per curare la stampa del suo voluminoso trattato Opera pertinentia ad opticam et astronomiam, pubblicato nel 1785.
La fatica dei viaggi e dei numerosi lavori e impegni, aveva tuttavia minato da qualche tempo la sua salute, che ebbe un peggioramento nel 1786, col manifestarsi di disturbi nervosi e psichici, che segnarono tristemente i suoi ultimi mesi di vita.
Autore prolifico, a lui si devono oltre sessantatre trattati di vario argomento scientifico, nonché alcune opere letterarie, a testimonianza della varietà dei suoi interessi e dell’intensa attività da lui svolta nel corso della sua carriera scientifica.
Giovanni Battista Beccaria
Nato a Mondovì nel 1716, morto a Torino nel 1781.
A sedici anni entrò nell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie (Padri Scolopi); valente fisico, insegnò nelle scuole dell’Ordine in diverse città prima che un reale decreto lo nominasse nel 1748 professore di fisica all’Università di Torino, dove fu autore di un profondo rinnovamento dell’Ateneo, introducendovi l’insegnamento della fisica newtoniana.
Si occupò soprattutto di studi sull’elettricità, in particolare di quella atmosferica; fu tra i primi sostenitori della carica superficiale di un conduttore (poi dimostrata da Cavendish e Coulomb) e della teoria di Franklin sui parafulmini. Nel 1755 fu eletto membro della Royal Society, pubblicando i suoi principali risultati scientifici sulle Philosophical Transactions nel 1766 e nel 1770. Fra i suoi interessi vi fu anche la chimica, alla quale si dedicò con esperimenti che ottennero la lode di A.M. Lavoisier, contribuendo così alla sua fama nel’ambiente scientifico italiano.
Nel 1760 fu incaricato della misura del meridiano passante per Torino, studio da cui fu poi tratta una carta dello Stato sabaudo. Il lavoro, che si concluse con la pubblicazione del Gradus Taurinesis (1774) lo fece entrare in contatto con l’astronomo italo-francese J.D. Cassini. L’anno precedente aveva ottenuto di poter alloggiare degli strumenti astronomici presso una torretta nel centro di Torino per effettuare delle osservazioni, dando così inizio all’attività astronomica nella città sabauda.
Giuseppe Toaldo
Nato a Pianezze nel 1719, morto a Padova nel 1797.
Entrato all’età di quattordici anni nel seminario di Padova, all’epoca importante centro di studi e di diffusione della cultura anche scientifica, dopo aver completato gli studi e ricevuto l’ordinazione sacerdotale, insegnò matematica e letteratura italiana nello stesso seminario. Nel 1744 curò per conto del Seminario di Padova un’importante edizione delle opere di Galilei, corredata di una prefazione in cui si manifesta apprezzamento per l’opera del pisano, e di un valido apparato critico di note. Nel 1754 fu nominato parroco di Montegalda, coniugando così i suoi interessi scientifici alla cura della comunità a lui affidata. L’abbandono dell’insegnamento, di fatto, permise a Toaldo di dedicarsi alle attività che gli erano più congeniali: osservando la comunità sociale di Montegalda, seppe infatti analizzare in modo scientifico le credenze e le condizioni di vita dei suoi parrocchiani con senso pratico ma anche con profonda umanità. È qui che, coi suoi studi, pose le fondamenta della meteorologia come scienza autonoma.
Nel 1764 gli fu assegnata la cattedra di astronomia all’Università di Padova e si adoperò nell’affiancare l’attività pratica alla speculazione teorica. A lui si deve il progetto di conversione della Torlonga di Padova in Osservatorio Astronomico, progetto che realizzò in collaborazione con l’architetto Domenico Cerato, suo compagno di studi. Studiò con particolare interesse l’elettricità atmosferica e, grazie al suo intervento, vennero installati per la prima volta dei parafulmini in numerose chiese ed edifici pubblici.
Fu membro della Royal Society e di numerose accademie europee.
Giuseppe Piazzi
Nato a Ponte in Valtellina nel 1746, morto a Napoli nel 1826.
Matematico di formazione, fu allievo di Giovan Battista Beccaria a Torino e del matematico Francesco Jacquier a Roma, dove completò il noviziato per entrare nell’ordine dei Teatini. Nel1770 gli fu assegnata la cattedra di matematica all’Università di Malta; tre anni più tardi si trasferì a Ravenna per insegnare al Collegio dei Nobili, quindi a Palermo nel 1781 come lettore di matematica presso la locale Accademia de’ Regi Studi. Nel 1787 ivi assunse la cattedra di astronomia, ottenendo il permesso di recarsi in Francia ed in Inghilterra per perfezionarsi nell’astronomia pratica ed acquistare la strumentazione necessaria per la creazione di un moderno osservatorio astronomico a Palermo, di cui assumerà la direzione. Rientrato da Londra nel 1789, l’anno successivo ottenne da Re Ferdinando di Borbone l'autorizzazione per edificare un Osservatorio astronomico e, coadiuvato dall’architetto di Casa Reale Giuseppe Venanzio Marvuglia, iniziò i lavori di costruzione della nuova specola sulla torre detta di Santa Ninfa del Palazzo Reale, allora sede del Vicerè. Qui collocò il celebre Cerchio di Ramsden con cui, nel 1791, diede inizio al suo programma osservativo. I suoi principali risultati scientifici saranno la scoperta del primo asteroide (Cerere), la notte del 1 gennaio del 1801, la redazione del catalogo stellare(Praecipuarum stellarum inerrantium positiones mediae ineunte seculo XIX), pubblicato nel 1803, e la seconda edizione di quest’ultimo, riveduta e ampliata, del 1814, che comprendeva poco più di 7.600 stelle. Si occupò della riforma del sistema di pesi e misure, nonché di quello della misura del tempo; a tal proposito, allo scopo di educare il popolo all’uso del sistema europeo, nel 1801 tracciò la meridiana della Cattedrale di Palermo.
Nel 1817 venne chiamato a Napoli per ultimare i lavori dell’Osservatorio di Capodimonte, che dirigerà fino alla morte, in qualità di Direttore generale degli Osservatori del Regno delle Due Sicilie.
Giuseppe Calandrelli
Nato a Zagarolo nel 1749, morto a Roma nel 1827.
Ordinato sacerdote nel 1768, manifestò subito uno spiccato interesse per la matematica e le scienze naturali, tanto da assumere la cattedra di matematica e di fisica presso il Collegio Romano nel periodo di affidamento di quest’ultimo al clero secolare. A questo periodo risalgono alcuni studi di meteorologia e topografia. Dedicò particolare attenzione all’astronomia, segnalando la necessità di una specola che servisse per l’attività didattica nonché per eseguire un programma di ricerca astronomica. Grazie all’appoggio di alcuni alti prelati, Calandrelli riuscì nel suo intento e nel 1787 vennero completati i lavori del nuovo Osservatorio presso il Collegio Romano; Calandrelli si occupò anche di reperire gli strumenti per la Specola, contribuendo a volte con denaro proprio. Sollevato dall’insegnamento nel 1815 per ragioni di età, si occupò dei suoi studi astronomici fino al 1824, anno in cui il Collegio Romano fu riconsegnato alla Compagnia di Gesù. Calandrelli tentò allora di realizzare una nuova specola presso il Seminario di S. Apollinare, dove si era trasferito portando con sé i suoi strumenti, ma l’età avanzata e le precarie condizioni di salute non gli consentirono di portare a termine il progetto. Nella Basilica di S. Apollinare, attigua al seminario e ora sede della Pontificia Università della Santa Croce a Roma, una lapide ricorda la presenza delle sue spoglie.
I più importanti risultati della sua attività di ricerca furono la determinazione della latitudine della specola, l’osservazione di diverse eclissi, alcuni studi sulla rifrazione e sull’aberrazione della luce. Il nome di Calandrelli è legato anche alla presunta osservazione di una parallasse stellare, quella di Vega, che egli pubblicò nel 1806 a Roma. Sebbene le sue osservazioni si rivelarono spurie, ed i primi calcoli corretti di parallassi stellari furono pubblicati solo nel 1838 da Friedrich Bessell, il suo lavoro favorì il formale riconoscimento del sistema eliocentrico negli ambienti della Santa Sede. Fu riferendosi infatti a queste osservazioni che Giuseppe Settele, ordinario di astronomia alla Sapienza a Roma, chiese ed ottenne nel 1820 la concessione dell’imprimatur al suo testo Elementi di Astronomia nel quale si sosteneva l’eliocentrismo, dando origine ad un documento del Sant’Uffizio che rappresenta de facto la conclusione formale della vicenda copernicana, attestando la non più vigenza del precedente decreto di insegnamento dell’eliocentrismo soltanto ex suppositione.
Angelo Secchi
Nato a Reggio Emilia nel 1818, morto a Roma nel 1878.
È una delle personalità scientifiche più rilevanti del XIX secolo; fisico di formazione e astronomo di professione, i suoi interessi spaziarono dalla meteorologia al magnetismo terrestre, alla geodesia, all’archeologia. Dopo aver studiato presso il Collegio dei Gesuiti della sua città natale, nel 1833 entrò in noviziato nella Compagnia di Gesù. Quattro anni più tardi, iniziò gli studi al Collegio Romano, distinguendosi per le sue attitudini allo studio delle scienze. Fu allievo di p. Francesco De Vico, direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano e del fisico Giovan Battista Pianciani, di cui divenne assistente nel 1845, dopo aver insegnato fisica presso il Collegio Illirico di Loreto nel triennio precedente. Fu quindi ordinato sacerdote nel 1847. A seguito dello scioglimento della Compagnia di Gesù, nel 1848 lasciò l’Italia rifugiandosi prima in Inghilterra presso il Collegio di Stonyhurst, poi negli Stati Uniti presso quello di Georgetown. Alla fine del 1849 i Gesuiti rientrarono a Roma e Secchi assunse la direzione dell’Osservatorio del Collegio Romano, succedendo a p. De Vico, prematuramente scomparso in Inghilterra.
Si occupò quindi di rinnovare locali e strumentazione dell’Osservatorio; tra il 1852 ed il 1853, riprendendo il progetto di Boskovic, ottenne di edificare il nuovo Osservatorio sui solidi pilastri che avrebbero dovuto sostenere la cupola della chiesa di s. Ignazio e lo dotò, tra l’altro, di un eccellente telescopio Merz di 22 cm di apertura, il più grande allora esistente in Italia.
Secchi è considerato uno dei pionieri dell’astrofisica, in Italia e all’estero, per aver introdotto gli studi spettroscopici in campo astronomico. Promotore e fondatore, insieme all’astronomo Pietro Tacchini, della Società degli Spettroscopisti Italiani (1871), collaborò a lungo con quest’ultimo nelle osservazioni spettroscopiche della cromosfera solare. Numerosi i suoi contributi, soprattutto nell’ambito della fisica solare e stellare: tra gli altri, nel 1860 dimostrò che le protuberanze sono fenomeni realmente appartenenti al sole e a lui si deve, tra il 1867 ed il 1869, una delle prime classificazioni delle stelle per tipi spettrali, che fu alla base delle successive classificazioni eseguite negli Stati Uniti. Notissimi i suoi trattati astronomici Le Soleil (1870 e 1875-77) e Le Stelle (1877). Tra i contributi nelle altre discipline, vanno ricordati l’invenzione del meteorografo, uno strumento per il rilevamento e la registrazione dei dati meteorologici giornalieri ed il trattato Sull’Unità delle Forze Fisiche (1864).
Come già Boskovic, anche Secchi fu consulente del Governo Pontificio per numerosi servizi: negli anni 1854-55 rimisurò la base geodetica sulla via Appia; si occupò quindi del servizio meteorologico e del servizio dell’ora, fino ai servizi più disparati: dal sistema di fari nei porti dello Stato Pontificio, alla distribuzione delle acque potabili, all’installazione di parafulmini e di misure antincendio nelle basiliche, al progetto di ferrovie elettriche per lo Stato Pontificio.
La sua posizione divenne sempre più difficile col deteriorarsi dei rapporti tra lo Stato Pontificio e il Governo italiano, a causa della risoluzione della questione romana nel 1870 e della conseguente confisca dei beni ecclesiastici. Per i suoi meriti scientifici, Secchi fu lasciato alla direzione dell’Osservatorio del Collegio Romano, ma ebbe ad affrontare difficoltà economiche per mantenerne l’attività di ricerca, non più sostenuta da alcuna delle due parti in causa.
Personaggio di grande popolarità, per la sua attività scientifica Secchi ebbe a soffrire di numerosi attacchi personali sia dal fronte esterno anticlericale che da quello interno ultraconservatore: dal primo, in quanto gesuita, dal secondo, in quanto collaboratore del Governo Italiano. Vicende come la rinuncia alla cattedra di astrofisica alla Sapienza offertagli dal Governo italiano nel 1870 amareggiarono gli ultimi anni della sua vita, confortati tuttavia dalla profonda stima ed amicizia del Pontefice Pio IX.
Secchi godette di altissima reputazione presso la comunità scientifica internazionale; conseguì molti riconoscimenti e fu membro di numerose accademie e commissioni internazionali.
Stephen Joseph Perry
Nato a Londra nel 1833, morto a bordo della nave “Comus” nel 1889.
Appartenente ad una famiglia cattolica, dopo aver studiato presso il collegio Benedettino di Douai, si recò a Roma per essere avviato al sacerdozio. Nel 1853 entrò nella Società di Gesù e, dopo il noviziato in Scozia, proseguì gli studi vicino ad Amiens e poi a Stonyhurst. Fu quindi inviato a Parigi a seguire i corsi dei celebri matematici francesi del tempo, tra cui Lionville, Delaunay e Cauchy. Al suo ritorno, nel 1860, assunse la cattedra di matematica e fisica al Collegio di Stonyhurst, nonché la direzione dell’Osservatorio astronomico del Collegio, incarichi che lasciò nel 1863 per completare gli studi teologici e ricevere l’ordinazione sacerdotale nel 1866 e che poi riprese fino alla sua prematura scomparsa.
Pur se non gli si ascrivono risultati scientifici storicamente rilevanti, Perry merita di essere ricordato per la sua partecipazione a numerose imprese scientifiche — spesso affiancato dal confratello Walter Sidgreaves — che gli diedero notorietà internazionale e gli valsero l’elezione a membro della Royal Society nel 1874. Tra queste, vanno menzionate la campagna di rilevamenti magnetici in Francia e Belgio tra il 1868 ed il 1871, la spedizione in Spagna per osservare l’eclisse totale di sole del 1870 a Cadice, la spedizione alle Isole Kerguelen, nell’Oceano Indiano, per osservare il transito di Venere del 1874, durante la quale effettuò numerose determinazioni di longitudine assoluta e misurazioni magnetiche e climatiche nei luoghi toccati dalla spedizione. Osservò quindi il successivo transito di Venere del 1882 in Madagascar, e poi ancora l’eclisse totale di sole del 1886 nelle Indie Orientali e quella del 1887 in Russia.
A Stonyhurst sviluppò la sezione di meteorologia dell’osservatorio ed eseguì un programma standard di osservazioni astronomiche, comprendente i satelliti di Giove, occultazioni, comete, ecc. Fu soprattutto la fisica solare, tuttavia, ad attirare la sua attenzione: per lo studio di macchie e facole solari inventò il metodo dei dischi di Stonyhurst, tuttora in uso.
Nel corso di una spedizione nella Guyana Francese per l’osservazione dell’eclisse totale di sole del 1889 contrasse la febbre gialla e, malgrado l’indisposizione, non volle rinunciare alle osservazioni a lui affidate, che portò a termine con successo; le sue condizioni tuttavia peggiorarono rapidamente e Perry morì nel viaggio di ritorno, a bordo della nave che lo riconduceva in Europa.
Senza volerne fare un martire dell’astronomia, la sua fine ci ricorda quanto il mestiere di astronomo fosse in alcuni casi avventuroso e rischioso, quando non ci si limitava a restare al sicuro tra le pareti del proprio osservatorio.
Francesco Denza
Nato a Napoli nel 1834, morto a Roma nel 1894.
Entrato nell’Ordine dei Barnabiti, si laureò in Matematica e Fisica a Torino nel 1857; due anni più tardi, realizzò un Osservatorio astronomico e meteorologico presso il R. Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, che diresse fino al 1891. Durante i suoi studi di teologia al Collegio San Carlo di Roma, Denza aveva conosciuto Angelo Secchi, un incontro che ebbe grande influsso per la scelta della sua carriera scientifica. A Moncalieri, Denza si occupò soprattutto di meteorologia (nel 1872 fondò quella che sarebbe poi diventata la Società Meteorologica Italiana), mentre i suoi contributi alla ricerca astronomica riguardarono l’analisi spettroscopica della corona solare nel 1870, lo studio della luce zodiacale, delle aurore polari e degli sciami meteorici negli anni 1872-74.
Nel 1870 Denza fonda, insieme a G.V. Schiaparelli, l’ “Associazione italiana per l’osservazione delle meteore luminose” e l’anno successivo comincia a collaborare con il Club Alpino Italiano, organizzando osservazioni metereologiche in alta quota. Nel 1878 è nominato membro del Consiglio Direttivo della Meteorologia, divenendo poi Direttore Generale della Società Meteorologica Italiana, costituita nel 1882.
Il principale merito scientifico di Denza fu tuttavia il rilancio e la riorganizzazione della ricerca astronomica in Vaticano, ottenendo da Leone XIII la rifondazione della Specola Vaticana (1891), nonché il suo inserimento nel circuito scientifico internazionale attraverso la partecipazione al grande progetto della Carte du Ciel, promosso nel 1887 dall’Observatoire de Paris. Grazie agli ottimi risultati ottenuti nel campo della fotografia celeste, dovuti a validi collaboratori quali l’oratoriano p. Giuseppe Lais, e al valore delle sue pubblicazioni scientifiche, la Specola Vaticana venne quindi riconosciuta dalla comunità astronomica come istituzione scientifica di livello internazionale.
Nel 1892 Denza fu eletto Presidente della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, ma due anni più tardi si spense, in seguito ad un ictus.
Johannes Georg Hagen
Nato a Bregenz nel 1847, morto a Roma nel 1930.
Entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù nel 1863 e, dopo aver conseguito il dottorato in Matematica e Fisica all’Università di Bonn, si dedicò all’insegnamento delle suddette scienze presso il Collegio di Feldkirch, dove aveva studiato da ragazzo. Studiò quindi teologia in Inghilterra per essere ordinato sacerdote nel 1878. Fu quindi inviato negli Stati Uniti come professore di matematica presso il Collegio del Sacro Cuore a Prairie du Chien, nel Wisconsin. Lì vi rimase per otto anni, realizzando un piccolo osservatorio e vi condusse i suoi primi studi sulle stelle variabili. Nel 1888 fu nominato Direttore dell’Osservatorio Astronomico del Collegio di Georgetown (Washington D.C.), imprimendo un vigoroso impulso all’attività scientifica dell’Osservatorio. Nel 1906 fu quindi chiamato da Pio X a dirigere la Specola Vaticana in Roma, ove rimase fino alla morte; il suo apporto fu determinante nell’ampliamento, la riorganizzazione rigorosa dell’attività e il consolidamento del programma scientifico.
I suoi principali contributi riguardano lo studio delle stelle variabili, tra cui vanno menzionati l’Atlas Stellarum Variabilium, iniziato nel 1893 a Georgetown e ultimato nel 1927 a Roma, ed il trattato Die Veränderlichen Sterne Geschichtlich (1921-24). Altrettanto importanti sono i suoi lavori sulle nebulose, quali il Preparatory Catalogue for a Durchmusterung of Nebulae (1922-27) e la Durchmusterung for Obscure Clouds (1931). Egli aveva notato che alcune regioni del cielo presentavano delle “nubi oscure” cui egli attribuì un’origine cosmica, interpretandole come materia primordiale da cui le stelle si sono condensate o vanno condensandosi; la rassegna di questi oggetti fu pubblicata postuma.
Hagen riuscì inoltre ad organizzare efficacemente i lavori di misurazione delle lastre della Carte du Ciel – il progetto internazionale di fotografia celeste promosso dall’Observatoire de Paris nel 1887 – e la riduzione delle relative misure, portando a termine la pubblicazione del catalogo astrometrico per la zona assegnata alla Specola Vaticana.
Georges Edouard Lemaître
Nato a Charleroi nel 1894, morto a Lovanio nel 1966
Studiò nel Collegio dei Gesuiti della sua città natale e, dopo essere partito come volontario sul fronte dell’Yser durante la Prima Guerra Mondiale, conseguì la laurea in matematica e fisica presso l’Università di Lovanio nel 1920; completati gli studi universitari, entrò in seminario e ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1923.
Con un trattato sulla fisica einsteniana, ottenne una borsa di studio e si recò in Inghilterra per studiare astronomia a Cambridge, dove fu allievo di Arthur S. Eddington (1882-1944). Nel 1824 si trasferisce negli Stati Uniti per perfezionarsi in astronomia sotto la direzione di Harlow Shapley (1885-1972) presso l’Harvard College Observatory e poi iscriversi al Massachusetts Institute of Technology, dove nel 1926 presentò la sua tesi sui campi gravitazionali secondo la teoria della relatività generale. L’anno prima era tornato in Belgio per tenere alcuni corsi – tra cui astronomia, meccanica quantistica e teoria della relatività – all’Università di Lovanio, dove rimase fino al 1964. A lui si deve nel 1927 una delle prime ipotesi di universo in espansione, nonché la formulazione teorica della legge di Hubble. Secondo la teoria di Lemaître l’universo avrebbe origine da un atomo primitivo, progressivamente disintegratosi durante l’espansione; oggi questa teoria è superata, ma contribuì a far affermare l’idea di una “singolarità iniziale”, che trovò poi riscontro negli studi di Alexander Friedmann (1888-1925), che nel 1924 aveva proposto soluzioni di universo in espansione alle equazioni di campo gravitazionale di Einstein, e in quelli di George Gamow (1904-1968). Il modello di un universo che ha origine da una singolarità fu poi ribattezzato da Fred Hoyle teoria del Big Bang, nome col quale è attualmente noto e a cui la scoperta della radiazione di fondo nel 1965 ha fornito una prova sperimentale.
Lemaître può essere considerato uno dei padri della cosmologia moderna; il suo contributo allo sviluppo di questa branca dell’astronomia è di notevole importanza, soprattutto nella discussione ed analisi dei vari modelli cosmologici standard proposti negli anni Trenta. Le sue idee scientifiche ebbero ampia circolazione sia in Europa che Oltreoceano, ma mancavano di conferme soddisfacenti e furono quindi soppiantate dopo la Seconda Guerra Mondiale dall’antagonista teoria dello stato stazionario – sostenuta, tra gli altri, da Fred Hoyle (1915-2001) – per poi tornare alla ribalta dopo la conferma sperimentale dell’esistenza di una radiazione di fondo, equivalente ad una radiazione di corpo nero a 3 °K, prevista teoricamente.
Giuseppe Tagliaferri
Nato a Lugo di Mugello nel 1924, morto a Firenze nel 1984.
Iniziò la carriera scientifica nel 1960, quando era già da anni sacerdote, laureandosi in Matematica con una tesi sugli effetti ionizzanti della radiazione solare sulla bassa ionosfera. Relatore della tesi fu Guglielmo Righini, di cui Tagliaferri divenne presto collaboratore, essendo stato nominato assistente volontario alla cattedra di astronomia presso l’Università di Firenze nel 1961. Due anni dopo fu incaricato della cattedra di Fisica Terrestre e nel 1968 ottenne la libera docenza in Fisica Solare. Professore Aggregato di Cosmologia nel 1969, ne divenne ordinario nel 1973. Nel 1981 fu eletto presidente della Società Astronomica Italiana e nel 1983 rappresentante italiano all’ESO.
I suoi primi studi ebbero come principale oggetto la corona solare esterna e le interazioni Terra-Sole; a partire dal 1964 contribuì allo sviluppo dei programmi di ricerca satellitare per le osservazioni del Sole quieto nei raggi X e UV e fu prezioso collaboratore del Direttore Righini nell’organizzare in maniera sistematica e funzionale tale nuova linea di ricerca all’Osservatorio di Arcetri, creando il Laboratorio di Spettroscopia X-UV. Collaborò al programma di analisi dati della missione spaziale Skylab e a numerosi altri progetti scientifici con prestigiose istituzioni quali l’Harvard Center for Astrophysics e il Naval Research Laboratory di Washington.
Svolse un’intensa attività didattica anche presso il Seminario e lo Studio Teologico Fiorentino, tenendo diversi corsi di materie scientifiche; promosse inoltre l’attività divulgativa a vari livelli, convinto sostenitore della validità e utilità di una tale azione nell’ambito scientifico.
Bibliografia:
I. Chinnici, “Giovan Battista Hodierna e l’astronomia”, Giornale di Astronomia 34 (2008), n. 2, , pp. 10-17.
S. Maffeo, La Specola Vaticana. Nove Papi, una missione. Pubblicazioni della Specola Vaticana, Città del Vaticano 2001.
G. Foderà Serio, D. Randazzo, Astronomi italiani dall'Unità d'Italia ai nostri giorni: un primo elenco, Società Astronomica Italiana Editore, Firenze 1997. http://www.astropa.unipa.it/biblioteca/Astronomi/
G. Bozzolato, P. Del Negro, C. Ghetti, La Specola dell’Università di Padova, Padova, 1986.
G. Foderà Serio, I. Chinnici, L’Osservatorio Astronomico di Palermo, Palermo, 1997.
New Advent: Catholic Encyclopedia - http://www.newadvent.org/cathen/