I. Un po’ di storia - II. La Specola Vaticana nella sede di Castelgandolfo - III. Il telescopio della sede di Tucson e le recenti attività interdisciplinari.
I. Un po’ di storia
La Specola Vaticana, tenuto conto delle sue radici storiche, può considerarsi uno degli Osservatori astronomici più antichi di Europa ancora in funzione. La sua origine infatti può farsi risalire alla seconda metà del secolo XVI quando il Papa Gregorio XIII (1575-1585) invitò astronomi e matematici del Collegio Romano a preparare la riforma del calendario promulgata poi nel 1582. Le vecchie cronache narrano che Gregorio XIII nel 1576, in Vaticano, nella via delle Fondamenta, fece erigere dal suo architetto Mascherino una torre alta 73 metri, la quale esiste ancora oggi ed è conosciuta sotto il nome di “Torre dei Venti” (cfr. Mancinelli e Casanovas, 1980). La cosa più importante in questa sala, sotto l’aspetto astronomico, è la famosa linea meridiana costruita da p. Ignazio Danti (1537-1586). Nella parete sud si trova un foro (che il pittore fece coincidere con la bocca di un genio che soffia), attraverso il quale un raggio di sole va a colpire il pavimento. Questo è attraversato, in direzione nord-sud, da una lunga striscia di marmo che si allarga a disco nel centro. Su questa striscia è tracciata la linea del meridiano, mentre i segni dello zodiaco sono incisi esattamente nei punti dove, quando il sole entra nella costellazione relativa, il raggio solare passando per il foro batte a mezzogiorno. In uno di questi punti vengono a coincidere i segni equinoziali degli inizi della primavera e dell’autunno. Su questa meridiana Gregorio XIII avrà potuto constatare di persona l’assoluta necessità della riforma del calendario già in via di attuazione. Però, fu solo verso la fine del secolo XVIII che alla “Torre dei Venti” furono installati i primi strumenti astronomici. Ma a tale progetto si oppose Giuseppe Calandrelli (1749-1827) sacerdote astronomo, insegnante di matematica al Collegio Romano dopo la soppressione dei gesuiti: egli stimava che la Specola, destinata nello stesso tempo all’insegnamento dell’astronomia nel Collegio Romano, venisse a trovarsi in Vaticano troppo lontana dal centro della città.
Lo stesso Collegio Romano sin dai giorni della sua fondazione era stato un luogo di studi nel campo della matematica, della fisica e dell’astronomia (cfr. Casanovas, 1984). Qui il p. Cristoforo Clavius (1538-1612) scrisse i suoi tre volumi in difesa del calendario gregoriano e si adoperò insieme ai suoi confratelli a confermare le scoperte sensazionali di Galileo e a convincere le autorità ecclesiastiche della loro esattezza. Qui lavorava come insegnante il p. Ruggero Boscovich (1711-1787), che eseguì per la prima volta in Italia una misura geodetica di un arco di due gradi, e portò a compimento l’opera iniziata dal p. Lagrange per la fondazione dell’Osservatorio Brera a Milano. Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, sancita dal Papa Clemente XIV nel 1773, gli studi nel Collegio Romano furono affidati al clero secolare. Già nell’anno seguente, il 14 luglio 1774, Clemente XIV, con un Motu proprio, ordinò la fondazione dell’Osservatorio Pontificio del Collegio Romano. Papa Pio VII si interessò personalmente dell’Osservatorio: l’11 febbraio del 1804, il Papa si recò al Collegio Romano per ammirare una grande macchia solare. Sotto l’impressione di questo evento straordinario, promise un’attrezzatura adatta e una dotazione adeguata per l’Osservatorio. E mantenne la parola. Quando nello stesso anno andò a Parigi per incoronare Napoleone, approfittò dell’occasione e acquistò per il suo Osservatorio un cannocchiale acromatico e un buon orologio a pendolo di Ponce. Con questi mezzi, per quanto ancora modesti, furono eseguite osservazioni sul sole, su pianeti e comete e su occultazioni di stelle, triangolazioni in Roma e nei dintorni. Ma tutto ciò non poté far dimenticare il fatto che l’Osservatorio non corrispondeva alle esigenze della scienza dell’epoca.
Nuovo direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano fu nominato il p. Etienne Dumouchel, che aveva ricevuto la sua istruzione scientifica al Politecnico di Parigi. Nel 1825 il Padre Fortis, Generale della Compagnia di Gesù, donò all’Osservatorio un cannocchiale di Cauchoix con montatura “azimutale”, un capolavoro dell’ottica per quei tempi. Nel 1842 il p. Generale Roothaan procurò un circolo meridiano di Ertel. Con il rifrattore di Cauchoix fu riscoperta la cometa di Halley nel suo ritorno del 1835, in base alle determinazioni della sua orbita disponibili dalle apparizioni precedenti calcolate dall’assistente p. De Vico. Nel 1850 il p. Angelo Secchi (1818-1878) fu nominato direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano. Il p. Secchi riprese l’antica idea del p. Boscovich di trasferire l’osservatorio sopra la chiesa di s. Ignazio in Roma. I robusti muri della chiesa e quattro poderosi pilastri che, secondo il progetto originario dell’architetto della chiesa, mai realizzato, dovevano portare una cupola di 80 metri di altezza e 17 di larghezza, offrirono un fondamento che, per un osservatorio, non si poteva desiderare migliore. Grazie all’energia del p. Secchi e alla grandiosa munificenza del Papa l’osservatorio fu eretto in un anno e Pio IX (1846-1878) volle che gli fosse riconfermato l’attributo Pontificio.
Padre Angelo Secchi, per la sua cultura scientifica e per le sue doti, era soprattutto un fisico, e soltanto per il desiderio dei suoi superiori si dedicò all’astronomia, nella quale si rivelò poi così eminente. Rivolse un’attenzione particolare soprattutto all’astrofisica: una decisione coraggiosa, in un tempo che coltivò ben poco questo campo. Accanto alle sue grandi opere sul sole, sulle stelle fisse e sull’unità delle forze fisiche, pubblicò nelle diverse riviste scientifiche circa 730 piccoli trattati. Aveva una particolare predilezione per il sole, e i molteplici problemi legati alla spiegazione dei fenomeni ad esso legati lo attirarono fino al termine della sua vita. Quotidianamente osservò e notò il numero, il movimento e l’aspetto delle macchie, ne disegnò le più interessanti stando al cannocchiale. In seguito diresse il suo spettroscopio verso le stelle. Seguendo l’esempio di Joseph Fraunhofer (1787-1827) e di Lorenzo Respighi (1824-1889) fu il primo ad adoperare un prisma rotondo collocato davanti alla lente del rifrattore di Cauchoix. In questo modo esaminò più di 4000 stelle giungendo ad una scoperta la cui portata neppure egli stesso poté intuire. Nonostante tutte le diversità degli spettri delle singole stelle, trovò molte rassomiglianze, in base alle quali poté raggruppare le stelle, secondo i loro spettri, in quattro classi. Per questa scoperta il p. Secchi è considerato il padre della classificazione degli spettri stellari: si è infatti rivelata strumento potentissimo per le ricerche sull’origine e la struttura dei sistemi stellari.
L’incameramento dell’Osservatorio del Collegio Romano da parte dello Stato Italiano nel 1879 privò la Santa Sede dell’ultimo luogo per le ricerche astronomiche. Ma, trascorsi appena dieci anni, il p. Francesco Denza (1834-1894), direttore dell’Osservatorio meteorologico del Collegio dei Barnabiti a Moncalieri, seppe cogliere l’occasione propizia per richiamare l’attenzione di Leone XIII (1878-1903) alla ricostituzione della Specola Vaticana. Nell’imminenza del giubileo sacerdotale di Leone XIII, che ricorreva il 1° gennaio 1888, tutto il mondo cattolico si preparò a farne una solenne celebrazione e fece a gara per inviare al Papa regali e ad organizzarne una degna esposizione. Il p. Denza chiamò a concorso i dotti del clero italiano perché offrissero al Papa le produzioni del loro ingegno con una scelta di nuovi apparecchi per lo studio della meteorologia e della sismica (cfr. Denza, 1889). L’iniziativa aveva uno scopo chiaramente apologetico: la raccolta avrebbe dimostrato che il Clero italiano non era poi così retrogrado in fatto di scienza come, in molti ambienti, si voleva far credere. La collezione dei vari strumenti inviati formò uno dei reparti più interessanti della grande mostra e incontrò il plauso del Papa, di cui era ben noto l’interesse per il progresso di ogni vera scienza. L’esposizione era finita ed i regali artistici trovavano posto nelle diverse parti delle sale pontificie. Ma il Papa aveva preso particolarmente di mira la collezione scientifica; non voleva che andasse dispersa, desiderando che fosse conservata ed utilizzata per le ricerche scientifiche. Allora il p. Denza propose al Pontefice di far collocare gli strumenti nella “Torre dei Venti” di Gregorio XIII, da tempo abbandonata; là si potevano riprendere le osservazioni che avrebbero portato nuova gloria all’antico luogo di studi e di ricerche. Il Papa fu d’accordo e nominò lo stesso Denza direttore del nuovo istituto.
Sopra la “Torre dei Venti” fu subito installata una cupola girevole di 3,5 metri e con un’apertura di 58 cm, la prima delle quattro che, dopo qualche anno, sarebbero sorte in Vaticano, e sotto di essa fu collocato il piccolo telescopio a montatura “equatoriale” di Merz. Si acquistarono anche dei nuovi strumenti meteorologici e per l’osservazione del magnetismo terrestre: così l’Osservatorio, appena iniziato nel 1888, poté funzionare. Fu merito del padre Denza se la Specola si aggregò ai lavori astrografici della Carta del Cielo. Quest’impresa rappresentò, nella storia dell’astronomia, il primo grande esempio di collaborazione internazionale a un lavoro astronomico con programma ben definito e concordato in precedenza; al progetto infatti aderirono diciotto Osservatori sparsi in vari Paesi di tutti i continenti. Per la Santa Sede, la partecipazione a questa impresa fu, senza dubbio, il mezzo più adatto che si offrisse a quell’epoca per dare alla Specola, fin dall’inizio, quel tanto di prestigio in campo internazionale, necessario a metterla in condizione di assolvere nel modo più efficace il compito che il Papa le avrebbe presto assegnato ufficialmente: favorire al massimo il dialogo tra Chiesa e mondo della scienza.
Il 14 marzo del 1891 Leone XIII, col Motu Proprio «Ut Mysticam», diede conferma solenne alla fondazione di quella che ufficialmente si chiamerà d’ora innanzi «Specola Vaticana». Alla morte del p. Denza (1894), la Specola passò alle dipendenze del vicedirettore p. Lais fino al 1898, allorché fu nominato direttore il p. A. Rodríguez, agostiniano. Le prime pubblicazioni furono per lo più di indole meteorologica. Con Pio X la Specola fu completamente riorganizzata: nel 1904 le fu dato un nuovo presidente nella persona dell'arcivescovo di Pisa, mons. (poi cardinale) Pietro Maffi, ben noto per la sua competenza in astronomia. Nel 1906 fu nominato un nuovo direttore, il gesuita p. Johann Georg Hagen, direttore dell’Osservatorio del Georgetown College a Washington, che godeva di una grande fama per i suoi lavori sulle stelle variabili. Il p. Hagen dedicò la massima e la migliore parte delle sue energie all’osservazione delle stelle variabili. Fin dal suo arrivo in America egli aveva iniziato ad osservare e a registrare su carta le curve di luce di molte stelle variabili. Come frutto di questa lunga e profonda indagine egli pubblicò, insieme al p. Stein, che fu suo assistente a Roma dal 1906 al 1910, la sua grande opera che in 579 carte tratta di 484 stelle variabili, una vera miniera di tutto ciò che a quel tempo si sapeva di interessante su queste stelle e sulle relative tecniche di osservazione.
II. La Specola Vaticana nella sede di Castelgandolfo
Ma agli inizi degli anni trenta, l’aumento delle luci elettriche che aveva accompagnato la crescita urbana della “Città eterna” aveva reso il cielo di Roma così luminoso da rendere impossibile agli astronomi lo studio delle stelle più deboli. Pio XI dispose allora che la Specola si trasferisse nella sua residenza estiva a Castelgandolfo, sui Colli Albani, circa 25 km a sud di Roma. Può sembrare strano che l’Osservatorio, con le sue gloriose tradizioni risalenti al secolo XVI, per modernizzarsi si sia spostato in un luogo la cui storia risale a prima della fondazione di Roma. Infatti, la Direzione dell’Osservatorio si trova nel Palazzo Pontificio che sorge sul sito dell’antica Arx Albana, il cuore del territorio della famosa Albalonga, luogo di origine di quel popolo latino dal quale, dopo le leggendarie battaglie tra Orazi e Curiazi, venne fondata Roma. Qui, proprio dove ora sono i giardini pontifici, l’imperatore Domiziano (81-96 d.C.) costruì una villa grandiosa. In questo ambiente così ricco di storia, intorno al 1935 fu rifondato e affidato ai Gesuiti un moderno Osservatorio dotato di tre nuovi telescopi e di un laboratorio astrofisico per analisi spettrochimiche. Il progetto della nuova Specola fu elaborato dalla celeberrima ditta Carl Zeiss di Jena. La Specola doveva essere dotata degli strumenti più potenti, se non quanto alla loro mole, almeno quanto alla qualità e all’utilità pratica in modo da non essere inferiore ai migliori Osservatori moderni. Sotto la cupola maggiore, costruita in legno con diametro di 8,5 metri e poggiante sulla massiccia costruzione rotonda dell’antica scala a chiocciola del palazzo, fu installato il nuovo telescopio rifrattore visuale. Così la Zeiss fornì un telescopio completamente nuovo, caratterizzato da montatura equatoriale e obiettivo di 40 cm di apertura e 6 metri di distanza focale, unitamente a una serie di 9 oculari e vari strumenti accessori. I lavori cominciarono nel 1932 e nel 1935 erano in gran parte ultimati. Accanto all'Osservatorio fu fondato un Laboratorio di Spettrochimica per l'analisi delle meteoriti. Il Laboratorio, attivo fino al 1976, si procurò molta fama tra gli specialisti sia con la produzione di otto Atlanti di spettri atomici e molecolari, sia con la fondazione della rivista Spectrochimica Acta.
Dopo che i lavori di costruzione furono ultimati e la maggior parte degli strumenti collocati e messi in opera, Pio XI volle inaugurare solennemente la nuova Specola il 29 settembre 1935. Nel suo discorso il Santo Padre ebbe elevate parole in lode dell’astronomia, scienza che più di ogni altra richiama alla religione. Prendendo lo spunto dalle parole dei tre Magi: «Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo» (Mt 2,2) egli diede alla nuova Specola la parola d’ordine: Deum Creatorem, venite adoremus! — Venite ad adorare Dio Creatore! Questo invito, che inciso sul candore del marmo risplende dal muro sud della cupola fotografica, è stato un continuo incitamento agli astronomi. Con la rifondazione della Specola a Castelgandolfo, Pio XI (1922-1939) stabilì anche che la sua gestione fosse affidata alla Compagnia di Gesù, sicché da allora è stato sempre compito del Generale della Compagnia proporre al Papa la nomina del direttore della Specola e destinarvi un adeguato numero di gesuiti scienziati (cfr. Stein, 1932).
L’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 non disturbò il lavoro della Specola fino a quando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la zona dei Castelli Romani non venne direttamente coinvolta nelle operazioni militari a causa dello sbarco degli alleati ad Anzio, avvenuto il 22 gennaio del 1944. Dopo questa data, le popolazioni di Albano e di Castelgandolfo, obbligate a lasciare le loro case, si rifugiarono in grandissima parte, rispettivamente nelle Ville Pontificie e nel Palazzo Pontificio nella fiducia che i belligeranti ne avrebbero rispettato l’extraterritorialità, ben segnalata agli aerei con i colori del Papa. Nel Palazzo trovarono asilo, per più di quattro mesi, circa 2000 persone. La situazione si presentò fin dall’inizio difficile e pericolosa: proprio l’8 settembre del 1943, data tristemente famosa per il massiccio, disastroso bombardamento aereo della vicina Frascati da parte degli alleati, un proiettile di mitragliatrice, dopo aver perforato il lucernario della cartoteca della Specola andò ad arrestarsi nel legno di un armadio. In uno dei bombardamenti che colpirono i giardini di Villa Barberini, una bomba cadde così vicino all’edificio dell’astrografo Carte du Ciel, che le schegge ne perforarono la cupola e l’onda d’urto produsse uno spostamento sensibile della parte superiore del pilastro nord dello strumento. Fu quindi necessario sospendere immediatamente i lavori di ricerca e mettere in salvo, per quanto possibile, gli apparecchi più delicati e le parti più preziose degli strumenti. Questa difficile situazione si protrasse fino ai primi di giugno del 1944 quando, con l’arrivo delle truppe alleate, il fronte di guerra si spostò a nord di Roma; allora tutti gli sfollati ritornarono alle loro case, in gran parte danneggiate o distrutte, e anche la comunità dei gesuiti, il 21 dello stesso mese, poté far ritorno alla Specola.
Dal 1954 al 1957, il p. O’Connell, venendo a dirigere la Specola da Sydney, svolse in collaborazione col fr. Karl Treusch una interessante ricerca sul fenomeno del cosiddetto raggio verde, per il quale, in condizioni di atmosfera particolarmente pura e tranquilla, l’ultimo spicchio di sole al tramonto, o il primo al sorgere, appare di colore verde. Il p. O’Connell si propose il compito di pubblicare fotografie a colori del fenomeno stesso. Come riferisce egli stesso, l’occasione per questa ricerca gli fu offerta dal fatto che, dopo aver tentato per diversi anni e nei posti più vari, di osservare il raggio verde, riuscì a vederlo per la prima volta, e molto chiaramente, sul Mediterraneo, dalla finestra del suo ufficio a Castelgandolfo. I risultati di questa ricerca furono raccolti dall’autore in un bel volume di circa 200 pagine, dal titolo: The Green Flash and other Low Sun Phenomena (O’Connell e Treusch, 1958). Dato il fascino poetico che il raggio verde esercita sul grande pubblico, tra le ricerche della Specola, questa è senz’altro quella che, ancora a distanza di anni, ottiene una grande divulgazione.
In seguito, nel 1957, con l’istallazione di un telescopio a grande campo di tipo Schmidt e con l’aggiunta di un moderno centro di calcolo, si poté estendere la ricerca a nuovi campi come lo sviluppo di nuove tecniche per la classificazione delle stelle in base ai loro spettri: ricerca questa ancora in atto alla Specola, che si riallaccia agli studi pionieristici del padre Secchi sopra accennati. Fra altri nuovi campi di ricerca si possono elencare: lo studio delle caratteristiche spettrali nella regione del vicino ultravioletto come criteri di luminosità e di metallicità in stelle simili al sole; lo studio della materia interstellare con misure dell’assorbimento e della polarizzazione della luce delle stelle che attraversa tale materia; l’analisi della distribuzione delle stelle dei diversi tipi spettrali alle latitudini intermedie della Galassia; l’indagine sulle stelle con righe di emissione di idrogeno (righe Ha); ricerche spettroscopiche su alcune stelle variabili e su ammassi stellari e conseguenti studi sulle “nane rosse”; lo studio dei moti propri, posizioni e fotometria di stelle in ammassi aperti; l’esame delle stelle al carbonio o “giganti rosse”; analisi sulla metallicità, o determinazione dell’abbondanza relativa degli elementi più pesanti nelle stelle più lontane della Galassia; lo studio delle atmosfere stellari tramite la misura della polarizzazione della luce proveniente dalle stelle; l’indagine sulle nubi oscure galattiche; lo studio delle stelle doppie magnetiche compatte. È importante notare che queste ricerche offrirono alla Specola l’opportunità di collaborazioni stabili, in numero sempre crescente, con istituti e singoli astronomi sparsi in tutto il mondo.
III. Il telescopio della sede di Tucson e le recenti attività interdisciplinari
All’inizio degli anni settanta si ripresentò agli astronomi della Specola lo stesso problema che circa quarant’anni prima li aveva costretti a trasferirsi dal Vaticano a Castelgandolfo. A causa dell’estensione urbana della città di Roma e dei suoi dintorni, con il conseguente aumento delle luci elettriche, il cielo notturno diventava sempre più luminoso, al punto da rendere impossibili proprio quei tipi di ricerche per le quali, in modo particolare, era stato installato il telescopio Schmidt. Si pensò quindi all’opportunità di trasferire questo telescopio in un posto più adatto. Fu così che nel 1971 il p. Patrick Treanor, allora direttore della Specola, iniziò una vasta campagna di ricerca per individuare quali fossero in Italia i posti più adatti per le osservazioni astronomiche. Una serie di osservazioni fatte in diverse località d’Italia portò alla pubblicazione di una carta fotometrica dell’illuminazione artificiale per tutto il territorio italiano (cfr. Bertiau et al., 1972). Dalla consultazione di questa carta furono prese in esame diverse possibilità per lo sviluppo della Specola fra le quali l’idea di trasportare il telescopio Schmidt in Sardegna sembrò in un primo tempo la migliore. La proposta, però, fu esclusa perché, pur offrendo l’isola le migliori condizioni di cielo in Italia, tuttavia queste non sembravano essere tali da giustificare la spesa e le fatiche del trasferimento di un simile telescopio. Vennero quindi esaminate altre possibilità: accettare l’invito di trasferire lo Schmidt alle isole Canarie, dove era in costruzione un osservatorio internazionale; fare della Specola un membro dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO), organismo di paesi europei con una stazione osservativa a La Silla, sulle Ande del Cile, dove pure lavoravano, per periodi più o meno lunghi, astronomi della Specola; accogliere l’invito di stabilire una succursale a Tucson, Arizona, con la possibilità di utilizzare i grandi telescopi ivi collocati e di collaborare con altri cinque istituti che fanno di Tucson uno dei centri astronomici più importanti del mondo.
Il fatto è che da qualche tempo, almeno tra i membri più giovani della comunità dell’Osservatorio Vaticano, si auspicava che il lavoro di ricerca non si svolgesse tutto e solo nell’ambito della Specola, ma che questa si aprisse ad un rapporto di collaborazione stabile con qualche importante istituto universitario in grado di offrire ai nostri astronomi spazio e strumenti di prim’ordine. Fu così che il nuovo direttore, trovandosi già inserito in uno dei più prestigiosi istituti astronomici, ritenne opportuno soprassedere per il momento al progetto di trasferire il telescopio Schmidt e tentò di stabilire un rapporto di stretta collaborazione tra la Specola e lo Steward Observatory dell’Università di Arizona a Tucson.
Alla fine, perciò, fu deciso che, a causa della crescente luminosità dovuta al dilatarsi della città di Roma e dei suoi dintorni, era ormai necessario recarsi altrove per le osservazioni. Perciò nel 1981, per la prima volta nella sua storia, la Specola fondò un secondo centro di ricerca, il Vatican Observatory Research Group (VORG), a Tucson in Arizona, uno dei centri più grandi e più moderni di astronomia osservativa. Così gli astronomi del Vaticano hanno i loro uffici presso l’Osservatorio Steward dell’Università dell’Arizona e, sulla base di un’assoluta parità di esame delle loro proposte di osservazione, possono accedere a tutti i moderni telescopi, situati nella zona. Nel 1993 la Specola ha portato a termine, in collaborazione con lo Steward Observatory, la costruzione del Telescopio Vaticano a Tecnologia Avanzata (VATT, Vatican Advanced Technology Telescope), collocandolo sul Monte Graham in Arizona, il migliore sito astronomico del continente nordamericano. Il VATT è il primo telescopio ottico-infrarosso facente parte dell’Osservatorio Internazionale del Monte Graham: un progetto che sarà completato nei prossimi anni con la costruzione di telescopi tra i più grandi e sofisticati del mondo. Lo specchio primario del VATT, del diametro di circa 2 metri, è il primo ad essere stato costruito con la nuova tecnica del forno rotante. Lo Steward Observatory è all’avanguardia in questa particolare tecnica di costruzione degli specchi. Essa riduce enormemente i tempi di costruzione perché il vetro, fuso a 1200 °C in un contenitore rotante, a causa dall’azione combinata della gravità e della forza centrifuga, si distribuisce uniformemente in modo da dare alla sua superficie libera la forma concava di un paraboloide. Il primo specchio di prova, del diametro di 1,83 metri, costruito per sperimentare questa nuova tecnica, fu realizzato nel 1985: richiese quattro ore per fondersi e quattro per raffreddarsi in rotazione; il grezzo così ottenuto fu offerto dall’Università di Arizona alla Specola, perché ne facesse il suo telescopio. Gli astronomi vaticani non potevano ricevere offerta più gradita: una cosa è infatti avere accesso a telescopi di altri istituti, con la grossa limitazione di doversi mettere in lista di attesa per aver concessa poi solo una parte delle ore di osservazione richieste, altra cosa è avere un proprio telescopio con la possibilità di svolgere programmi di studio a lunga scadenza, come solo pochi gruppi di ricerca possono permettersi. Avendo a disposizione un proprio telescopio, gli astronomi della Specola potranno finalmente sviluppare a Tucson, come hanno potuto fare negli anni passati a Castelgandolfo, programmi continui di ricerca a lunga scadenza. Così, dai suoi due centri, Castelgandolfo e Tucson, l’Osservatorio Vaticano continuerà i suoi studi.
Dopo due periodi di storia in cui la Specola ha svolto il suo lavoro prima in Vaticano e poi a Castelgandolfo, inizia ora un terzo periodo nel quale, mentre gli astronomi osservatori trascorrono a Tucson circa 10 mesi l’anno, Castelgandolfo continua ad essere il luogo dove, oltre a risiedere i membri della Specola non osservatori e gli scienziati ospiti collaboratori esterni, hanno sede la Direzione, l’Amministrazione, la Biblioteca, i calcolatori, e dove, nei mesi estivi, tutti i membri si riuniscono per alcune settimane, sia per discutere i programmi di lavoro, sia per partecipare a varie iniziative come convegni e scuole estive di astronomia. Fra le altre attività del moderno Osservatorio Vaticano, vanno annoverate le ricerche su un importante collezione di meteoriti, proprietà della Specola. Le meteoriti sono preziose per le informazioni che ci possono dare sui primordi del sistema solare.
Nel 1987 la Specola Vaticana, in collaborazione col Centro per la Teologia e le Scienze Naturali (Center for Theology and Natural Sciences) con sede a Berkeley, California, ha dato inizio a una serie di seminari di studio in campo interdisciplinare che interessa scienza, filosofia e teologia sul tema dell’“azione divina in una prospettiva scientifica”. Ricerche moderne sul “caso Galileo” vengono pubblicate sulla collana Studi Galileiani. Ogni due anni circa si organizzano incontri internazionali in cui vengono invitati una ventina di scienziati per trattare argomenti oggetti di studio dell’Osservatorio e i cui atti vengono poi pubblicati in un volume. Sempre a Castelgandolfo, nel 1986 è stata organizzata una prima scuola estiva di astronomia della durata di un mese per 25 studenti di varie parti del mondo, nella quale eminenti studiosi hanno svolto programmi su argomenti di particolare interesse scientifico. L’iniziativa è ormai diventata una scadenza biennale. Ad ogni corso partecipano studenti appartenenti a vari continenti. Per quelli provenienti da Paesi in via di sviluppo, la Santa Sede provvede a coprire almeno il 75% delle spese di viaggio e di soggiorno. Le scuole estive si propongono di aiutare questi giovani studenti, che sono all’inizio del loro programma di studi superiori per il conseguimento del dottorato di ricerca in astronomia, offrendo loro l’opportunità di conoscenze e di scambi culturali a livello internazionale. Molti tra gli studenti di Paesi in via di sviluppo che hanno partecipato alle scuole estive stanno ora svolgendo studi e ricerche presso famosi istituti di astronomia.
È ben noto l’interesse che Giovanni Paolo II dimostra per la scienza e il suo desiderio che la Chiesa si aggiorni sui suoi progressi più recenti. Di qui un atteggiamento verso la Specola, che va ben oltre l’aspetto di un suo servizio puramente apologetico. È stato senza dubbio grazie all’incoraggiamento e al generoso appoggio economico di Giovanni Paolo II se la Specola ha potuto prendere le nuove iniziative di conferenze, pubblicazioni e scuole estive che, unitamente alla realizzazione del telescopio vaticano a Tucson, caratterizzano il “nuovo corso” degli ultimi anni. Ci basti ricordare: nel 1986, l’udienza straordinariamente solenne accordata, per iniziativa della Specola Vaticana, alla conferenza della Inter Agency Consultative Group sui risultati del coordinamento di quattro diverse missioni spaziali verso la cometa di Halley; nel 1987 a Phoenix, Arizona, l’incontro con la delegazione del gruppo di lavoro che gli presentò il progetto del nuovo telescopio vaticano; la conferenza interdisciplinare del 1987 a commemorazione del terzo centenario dell’opera Principia matematica Philosophiae naturalis (1687) di Isaac Newton, che il Papa volle fosse organizzata dalla Specola e — fatto del tutto singolare — il ricco e profondo messaggio sui rapporti tra scienza e fede inviato al direttore del suo Osservatorio, da pubblicarsi come introduzione al volume degli atti della conferenza stessa (riportato anche in Maffeo, 1991, pp. 226-237).
Documenti della Chiesa Cattolica correlati:
Leone XIII, Motu proprio Ut mysticam, 14.3.1891, ASS 23 (1891), pp. 522-526; Giovanni Paolo II, Lettera al Direttore della Specola Vaticana, 1.6.1988, OR 26.10.1988, pp. 5-7.
Informazioni sulla Specola Vaticana, con la sua sezione di studi interdisciplinari, sono disponibili presso i siti
http://clavius.as.arizona.edu/vo
http://www.specolavaticana.org/
F. Denza, Ricordo della Sezione Scientifica del Clero Italiano alla Esposizione Vaticana, Torino 1889; J. STEIN, Notizie sul trasferimento e sulla riorganizzazione della Specola Vaticana, Atti della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, Roma 1932; J. STEIN, Cinquant’anni di attività della Specola Vaticana, Ricerche Astronomiche, Città del Vaticano 1942; R. GARCÍA - VILLOSLADA, Storia del Collegio Romano, Pont. Univ. Gregoriana, Roma 1954; D. O’CONNELL, F. TREUSCH, The Green Flash and other Low Sun Phenomena, LEV, Città del Vaticano 1958; P. TREANOR, La Specola, strumento di dialogo, in OR, 17.12.1965; F. BERTIAU, E. DE GRAEVE, P. TREANOR, The Artificial Night Sky Illumination in Italy, Vatican Observatory Publications, Città del Vaticano 1972; U. BALDINI, Calandrelli, Giuseppe, “Dizionario Biografico degli Italiani”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. XVI, Roma 1973, pp. 440-442; F. MANCINELLI, J. CASANOVAS, La Torre dei Venti in Vaticano, LEV, Città del Vaticano 1980; J. CASANOVAS,L’astronomia nel Collegio Romano nella prima metà del Seicento, “Giornale di Astronomia” 10 (1984), pp. 149-155; G. MONACO, Denza, Francesco, “Dizionario Biografico degli Italiani”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. XXXVIII, Roma 1990, pp. 804-806; S. MAFFEO, Cento Anni della Specola Vaticana: Nove Papi Una Missione, LEV, Città del Vaticano 1991; C. BARBIERI, L’influenza del cristianesimo sullo sviluppo dell’astronomia, in “Dopo 2000 anni di cristianesimo”, Mondadori, Milano 2000, pp. 169-208; S. MAFFEO, La Specola Vaticana: Nove Papi Una Missione, Pubblicazioni della Specola Vaticana, Città del Vaticano 20012.