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Ricerca, lavoro e adorazione

Pierre Teilhard de Chardin
Marzo 1955

La scienza di fronte a Cristo

In queste righe, scritte poco prima della sua morte, p. Teilhard espone la propria visione sul rapporto tra ricerca, lavoro e adorazione. L’autore confessa che in cinquant’anni di attività separare la ricerca scientifica dalla domanda filosofica e teologica gli è stato impossibile. Egli ritiene, addirittura, che tale separazione sia un’operazione indebita in quanto contraria al fine stesso dell’attività di ricerca.

Scienza, filosofia e teologia sono infatti legate tra di loro in modo organico e tendono verso il loro medesimo fine ultimo: la convergenza dell’Universo verso un unico punto, il compimento di ogni cosa in Cristo. L’organicità tra ricerca scientifica, filosofica e teologica è richiesta dalla stessa unità psicologica intrinseca in ogni attività umana. La rottura di questa unità, pertanto, è certamente possibile ma solo a caro prezzo: la disumanizzazione dell’attività di ricerca. Tutte le attività umane, compresa la ricerca, sono in cammino verso la loro pienezza in questo fine. Per questo in ogni ricercatore, anche non credente, vi è un “credente” in questo progresso. Al contempo, lo scienziato credente non può dirsi pienamente scienziato se considera la scienza come accessoria alla propria fede: chi fa scienza senza ripensare continuamente alla propria visione religiosa si espone al rischio di raggiungere risultati scientifici insoddisfacenti e di avere una vita interiore divisa.

Teilhard auspica una formazione spirituale specializzata per chi si occupa professionalmente di ricerca, allo scopo di favorire nel ricercatore lo sviluppo dell’unità organica tra le attività umane con il loro fine ultimo. Questa formazione consente allo scienziato di sciogliere l’opposizione Terra-Cielo, e di giungere «al Cielo attraverso il compimento della Terra».

«Faccia tranquillamente della Scienza, senza occuparsi di filosofia, né di teologia.»

Questa è il consiglio (e l'avvertimento) che l'autorità mi avrà ripetuto, durante tutta la vita.

Questa è ancora, immagino, la direttiva data ai numerosi e brillanti puledri lanciati oggi, molto opportunamente, nel campo della Ricerca.

Ma questa è anche l'atteggiamento, vorrei far no tare a chi di diritto, rispettosamente, – e tuttavia con la sicurezza che mi viene da cinquant' anni passati nel cuore del problema, – psicologicamente impossibile da vivere e direttamente contrario, del resto, alla maggior gloria di Dio.

 

1. Spirito scientifico e fede nell'ln-Avanti

Al fine di comprendere ciò che seguirà, è necessario ricordare la relazione organica e necessaria che, in ogni ambito, fa dipendere l'attività umana da un'attrazione sufficientemente forte, esercitata dal fine ultimo di questa attività. Per raggiungere una vetta (soprattutto se questa cima è scoscesa) occorre allo scalatore la volontà appassionata di raggiungere tale cima. La legge è universale. Essa deve dunque trovare applicazione nel caso della scienza: questa famosa scienza di cui tutto il mondo vanta e utilizza le conquiste, – ma senza chiedersi mai a quale sorgente psicologica profonda si alimenti uno slancio umano così irresistibile e così generalizzato.

Da un secolo a questa parte, sulla Terra, la Ricerca scientifica è diventata, sia quantitativamente (per il numero degli individui impiegati), sia qualitativamente (per l'importanza dei risultati ottenuti) una delle più grandi forme – se non la forma principale – dell'attività terrestre riflessiva.

Ma allora, deve dunque esserci un motore estremamente potente (quale sarà il motore sufficientemente potente?) che sostenga e acceleri attorno a noi un simile movimento.

Cerchiamo di rispondere al quesito.

Inizialmente (e a prolungamento di ciò che si osserva già presso gli animali superiori) ciò che fa dell'Uomo uno «Scienziato» è apparentemente il fascino speculativo della curiosità, combinato con lo stimolante economico di una vita più facile. Scoprire e inventare per il piacere di farlo e nello stesso tempo per bisogno, – per rendere migliore l'esistenza attorno a sé. Si può a ragione considerare come iniziale stimolante della Ricerca questo doppio bisogno di distrazione e di comodità.

Ma come non vedere che nello stesso tempo, legato agli ultimi sviluppi della Conoscenza, sta per fare la sua comparsa presso l'odierno Ricercatore un nuovo eccitante psichico molto più potente: non più soltanto la voglia del ben-essere, - ma la sacra e appassionata speranza di accedere ad uno stato di più-essere.

Fino ai tempi più recenti, l'Uomo si era apparentemente rassegnato all'idea che tutto ciò che di meglio gli era possibile fare in questo mondo, fosse di continuare a esistere tale e quale era, nelle migliori condizioni possibili.

Or ecco che, sotto l'effetto congiunto di due fattori intellettuali nuovi, - e cioè:

a) scoperta dapprima che la Vita era il risultato e l'espressione di una evoluzione;

b) scoperta nello stesso tempo che, per aver posto scientificamente la mano sui meccanismi di questa evoluzione, sarebbe stato possibile, a lui Uomo, diventare ultra-evolutore;

ecco, dicevo, che una nuova prospettiva, una nuova ambizione sono entrate nei nostri cuori: non solo sopravvivere, o vivere bene, ma super-vivere, forzando l'ingresso di qualche superiore dominio di Coscienza e di Azione.

Nel più profondo di se stesso, ormai, nessun ricercatore degno di questo nome lavora più (non può più lavorare) se non sostenuto dall'idea di spingere più lontano, e fino in fondo, il Mondo che gli sta intorno.

Detto altrimenti, e almeno virtualmente, ogni Ricercatore è diventato oggi per esigenza funzionale un «credente dell'ln- Avanti», un votato all' «ultra umano».

Tale è, a mio avviso, la situazione presente, – situazione che implica le conseguenze pratiche che seguono.

 

2. Il conflitto Religione-Scienza e la sua soluzione

Nei riguardi dell'autorità religiosa, ciò che rende pericolosa la Scienza, è che rischia di moltiplicare le «obiezioni» e sviluppare la tendenza al dubbio nello spirito di coloro che vi si dedicano.

In virtù di ciò che ho appena detto, il problema si pone in modo diverso e ad un livello più profondo.

Ciò che, in realtà, dovrebbe far riflettere due volte i Superiori prima di inviare un giovane al laboratorio (o all'officina, il che in fonda e la stessa cosa) non è tanto il timore di veder sviluppare in lui uno «Spirito critico» quanta la certezza di esporlo al fuoco di una fede nuova (la fede nell'Uomo) alla quale non è probabilmente abituato.

Urere aut uri [Bruciare o essere bruciato (N.d.E.)].

Più il soggetto scelto è pio, più c'è da scommettere che, conformemente agli insegnamenti ricevuti, egli consideri, religiosamente parlando, i procedimenti e le conquiste della Scienza come un semplice supplemento o accessorio al Regno di Dio.

D'altra parte, più è naturalmente dotato per la scienza, più ha probabilità di trovarsi immediatamente sedotto da una prospettiva nuova che conferisce valore assoluto all'oggetto naturale delle sue più profonde inclinazioni.

Ai giorni nostri, per forza di cose, un Cristiano non può più darsi sinceramente alla Ricerca (né per conseguenza allinearsi a parità di forze con i suoi compagni non credenti) senza partecipare alla visione fondamentale che anima tale Ricerca; cioè senza preventivamente regolare la contraddizione che esiste ancora in fondo a lui, nove volte su dieci, tra i valori dell'In-Alto evangelico tradizionale e quelli del nuovo In-Avanti umano.

Dire per conseguenza a un Religioso di fare della Scienza senza permettergli, nello stesso tempo, di ripensare contemporaneamente la sua visione religiosa, è proprio, come dicevo all'inizio, dargli una consegna impossibile, – e condannarlo in anticipo a risultati mediocri, in una vita interiore divisa.

Situazione tanto «più assurda» in quanto, per uscire dal vicolo cieco, non è questione di attenuare (avrò passato la vita a gridarlo) lo spirito cristiano (e ignaziano), ma di rafforzarlo fino alla sua più alta espressione.

Non è questo il luogo per sviluppare una volta di più la mia abituale tesi che, nell'Universo di tipo convergente che la Scienza ci rivela (e in un tale Universo solamente), Cristo trova infine la pienezza della sua azione creatrice, grazie all'esistenza, finalmente percepita, di un centro naturale e supremo di Cosmogenesi in cui egli trova la sua collocazione.

Ciò su cui, di contro, mi pare di dover insistere più che mai, è a qual punto, per il solo fatto di questo trasferimento del Cristo resuscitato ad un polo superiore dell'Evoluzione cosmica, lo scienziato cristiano si trovi, non solo «equi-animato», ma «super-animato» rispetto allo scienziato non cristiano, nel suo slancio per la Ricerca. Poiché allora, ai suoi occhi, non è più solo sotto forma di qualche vago Collettivo, ma sotto i tratti di un Qualcuno supremamente attraente e definito, che si profila, nell'Avvenire, l'ultra-umano.

Nella mente e nel cuore del cristiano diventato «lavoratore della Terra», di conseguenza, non c’è più la temuta interferenza, ma una magnifica risonanza che si stabilisce tra l'adorazione dell'In-Alto e la fede nell'In-Avanti.

E dunque, sul terreno stesso della devozione al Mondo, il diritto è la fierezza di dire al compagno umanista o marxista: «Plus et Ego».

 

3. Una norma pratica da considerare: per coloro che sono impegnati nel laboratorio e nella fabbrica, una formazione religiosa specializzata

Come riconciliare (riconoscendo che sono di fatto una sola e medesima cosa) il Dio dell'In-Alto e il Dio dell'In-Avanti?

Da cinquant'anni, gettati allo sbaraglio nelle «guerriglie», preti-ricercatori e preti-operai [Nei preti-operai, la rivendicazione «sociale» per un meglio-essere maschera l’aspirazione, la fede neo-umanistica nel più-essere. Ma a mio avviso, tale fede è sempre là, a formare la parte principale, e più viva, dello «spirito operaio» (Cf. testimonianze da Paul Vaillant Couturier, dal Dr. Rivet, ecc.), (N.d.A.)] hanno come me sentito e, più o meno come me, cercato di risolvere il problema: «ciascuno per conto suo».

Non sarebbe forse venuto il momento di selezionare, di codificare e di trasmettere sistematicamente alle nuove reclute i risultati di questa esperienza? – Ossia, prima di lanciare i giovani nei laboratori (o nell'officina), non bisognerebbe ormai, non solo selezionarli in base alle loro capacità e alle loro tendenze intellettuali, ma ancor più forse:

1) esaminarli, e

2) educarli in base alle loro attitudini spirituali a discernere e seguire «il Cristico» in e attraverso un «ultra-umano»?

Il provvedimento, evidentemente, si impone.

Ed è così che, molto naturalmente, la mente si trova condotta a progettare, sotto una forma o un'altra, la creazione di «seminari specializzati» dove (sia per brevi periodi di addestramento, sia per fasi prolungate) i giovani ricercatori o lavoratori di domani vengano iniziati da anziani ben scelti ad una teologia più attenta, di quanto ancora non lo sia, a esplicitare i legami che saldano geneticamente tra loro Regno di Dio e Impegno Umano.

Come base, dunque, formazione intellettuale. Ma, ben inteso, anche educazione spirituale: la quale trovi la sua espressione nella pratica degli Esercizi, ri-pensati (proprio come il Dogma) nel senso di un miglior apprezzamento delle virtù ad un tempo cristiche e cristificanti delle azioni e delle opere umane.

«Il Fondamento», «il Regno», «i Due stendardi» [Meditazioni degli Esercizi di S. Ignazio (N.d.E)]: poiché queste Meditazioni essenziali sono state concepite in un tempo in cui l'Uomo era ancora considerato come posto, bell'e fatto, in un Universo statico, non tengono conto (nella loro attuale forma) dell'attrazione ormai legittimamente esercitata su di noi dall'In-Avanti. Esse non attribuiscono ai progressi dell'Ominizzazione tutto il loro valore santificante e comunicante. E di conseguenza non danno al Ricercatore (né all'Operaio) moderni ciò che l'uno e l'altro attendono soprattutto dalla loro Fede: e cioè (come diceva un appartenente alla J.O.C.) [J. O. C.: Jeunesse Ouvriere Chretienne (Gioventù Operaia Cristiana) (N.d.T.)] il diritto di dire a se stessi che lavorando essi contattano e portano a compimento direttamente il Cristo Totale.

Come, in verità, lo richiede la Cristologia dogmatica, così anche è la stessa nozione di perfezione cristiana che chiede di essere ripresa e ri-approfondita (nel suo significato) dal momento che la si trasporta in un Universo nuovo (quello precisamente dei laboratori e della fabbrica) dove la «creatura» non è più soltanto uno «Strumento da utilizzare» bensì un «co-elemento da integrare» in un'Umanità in genesi, – e dove la vecchia opposizione Terra-Cielo scompare (o si corregge) nella nuova formula: «Al Cielo attraverso il compimento della Terra».

Un'altra teologia e un altro approccio alla perfezione dunque, messi a punto poco per volta, nelle case di studi e di ritiri, per soddisfare i nuovi bisogni e le nuove aspirazioni dei «lavoratori» che ci stanno intorno.

Ma più ancora forse (nella misura in cui ricercatori e operai d'oggi non sono che l'avanguardia della Società che cresce) una nuova e superiore forma di adorazione gradualmente scoperta dal Pensiero e dalla Preghiera cristiani ad uso di qualsiasi credente di domani.

 

P. Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo. Credere nel mondo e credere in Dio, Gabrielli, Verona 2002, pp. 245-251 (Traduzione e note di Annamaria Tassone Bernardi)