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Sul valore religioso della Ricerca

Pierre Teilhard de Chardin
20 agosto 1947

La scienza di fronte a Cristo

Per Teilhard de Chardin la promozione della ricerca scientifica in tutti i settori del pensiero dovrebbe essere una preoccupazione essenziale di ogni realtà ecclesiale. Come presupposti di questa affermazione vi sono l’importanza vitale che la ricerca ha assunto per l’uomo d’oggi, e il fenomeno della sua recente ascesa. La ricerca scientifica ha permesso all’uomo una maggiore comprensione del mondo, e coinvolge milioni di persone che in tutto il mondo ripongono fiducia nei suoi risultati. L’ascesa della scienza mostra invece, da un lato, come l’uomo attraverso la conoscenza possa ottenere un dominio sulla natura. Dall’altro lato essa manifesta il continuo anelito dell’uomo verso il proprio compimento.

Questo concetto è ribadito in questo brano, tratto da un rapporto presentato a Versailles il 20 agosto 1947, nel corso di una settimana di studi organizzata dai Padri della Compagnia di Gesù.

La domanda che i destinatari dello scritto si sentono rivolgere può essere idealmente rivolta a ogni ricercatore cristiano: «perché è importante […] partecipare alla Ricerca umana fino a penetrarla e impregnarla della propria fede e del proprio amore per Cristo?» Teilhard risponde: «la Ricerca è la forma sotto la quale si dissimula e opera più intensamente, nella Natura attorno a noi, il potere creatore di Dio».

La ricerca ha dunque un valore religioso che si esprime in pienezza nella logica dell’Incarnazione di Cristo. L’Incarnazione offre alla ricerca una prospettiva di unificazione ed elevazione (non di separazione e opposizione) delle dimensioni di immanenza e trascendenza che costituiscono la totalità del dinamismo spirituale umano, pienamente umano perché pienamente divino.

Nella ricerca, dunque, il ricercatore partecipa al lavoro di divinizzazione del mondo e dell’uomo che si compie in Cristo Gesù. Per questo per l’intellettuale cristiano la Ricerca diventa non solo un possibile interesse da affrontare con cautela o solo in certi ambiti “protetti”, ma diviene un possibile cammino di santificazione, perché il Regno di Cristo possa stabilirsi «in una Terra portata, attraverso tutte le vie della Tecnica e del Pensiero, all’estremo della sua umanizzazione».

In una recente lettera, il nostro R. P. Generale ha indicato la Ricerca (Ricerca scientifica, e più genericamente in tutti i settori del Pensiero) come prima linea di avanzata e di attacco da proporre ai membri della Compagnia. Io vorrei, a questo proposito, presentarvi e sottoporvi alcune osservazioni che giustificano – da un punto di vista un po' speciale, ma che credo solido – la direttiva che ci è appena arrivata da Roma.

 

1. Un primo punto da osservare è l'importanza capitale che la Ricerca ha assunto, nel corso di un secolo e mezzo, nelle occupazioni e preoccupazioni umane. Ricerche storiche, da una parte, miranti a ricostruire le fasi, la traiettoria del Mondo passato; e, dall'altra, ricerche sperimentali, assorbite dallo sforzo di analizzare la struttura presente dell'Universo e dalla speranza di mettere mano ai comandi del movimento che ci trascina: in queste due direzioni, quale ardore, quale fervore attorno a noi! – Non molto tempo fa, i ricercatori erano ancora dei curiosi e dei fantasiosi, – poco numerosi, insomma, e generalmente considerati come degli individui eccezionali, come degli «originali». Oggi, gli uomini che si dedicano alla Ricerca sono milioni, e in tutti i campi, e in «milioni organizzati». Per numero di uomini impiegati, per somme di denaro assorbite, per quantità di energia dispensata, la Ricerca tende sempre di più a diventare il Grande Affare del Mondo. Da lusso e distrazione essa è già passata al grado e alla nobiltà di funzione umana vitale, – certamente vitale quanto la nutrizione e la riproduzione! La nostra epoca è spesso caratterizzata dalla crescita sociale delle masse. Giustamente la si potrebbe anche caratterizzare (e alla fin fine i due avvenimenti sono correlati), con l'Ascesa della Ricerca.

 

2. La moderna Ascesa della Ricerca. In sé il fatto è incontestabile. Ma come interpretarlo?

A mio avviso, il fenomeno non ha che una spiegazione possibile; e questa spiegazione (ad un tempo estremamente semplice nel suo principio e estremamente rivoluzionaria nelle sue conseguenze), eccola: è di deciderci ad ammettere, sotto la pressione dei fatti, che l'Uomo nella Natura non è ancora finito, non è ancora completamente creato, – ma che, in noi e attorno a noi, si trova ancora in piena evoluzione. Da un lato, considerato nella sua totalità collettiva, il gruppo umano tende sempre più distintamente a raggrupparsi organicamente in un insieme super-riflesso che, osservato correttamente, sembra proprio non essere altro che il prolungamento diretto del processo seguendo il quale, dalle prime origini della Vita, la Coscienza non ha mai cessato di approfondirsi a favore di organismi sempre più complicati. Tale sarebbe il significato profondo del grande fenomeno sociale nel quale ci dibattiamo. – Dall'altro, grazie al gioco stesso di questa super-riflessione collettiva, lo spirito umano si rivela capace, in questo momento stesso e sotto i nostri occhi, di scoprire e di maneggiare le forze materiali che gli permetteranno verosimilmente (per azione diretta sulle leggi della riproduzione, dell'ereditarietà e della morfogenesi) di provocare e di influenzare secondo il proprio volere – in certi limiti ancora imprevedibili – la trasformazione del suo stesso organismo (cervello compreso ... ). Ecco a che punto ci troviamo in questo momento.

Ebbene, da questo punto di vista (da me fermamente ritenuto del tutto probabile), che è quello di un'Evoluzione che si rilancia riflessivamente su di sé a partire dall'Uomo, non si chiarisce forse tutto, e tutto non acquista il suo giusto rilievo, nel fenomeno che ho appena chiamato «l'Ascesa della Ricerca»?

La febbre o passione di sapere e di padroneggiare alla quale assistiamo (o anche partecipiamo) ai suoi inizi poteva forse confondersi con una semplice crisi di curiosità, con il semplice bisogno di esplorare la porzione di Universo messa a nostra disposizione. In effetti, se veramente (come incominciamo a sospettare) la crescita della Vita sulla Terra non è terminata, la crisi è molto più importante e molto più significativa. Perché allora, nell'espansione e nell'intensificazione del nostro moderno impegno a scoprire e a inventare, non è niente di meno che un nuovo regime biologico che emerge nel Mondo: quello dell'Evoluzione nella sua fase ominizzata. Se la Ricerca invade sempre più l'attività umana, non si tratta né di fantasia, né di moda, né di caso: semplicemente, l'Uomo, diventando adulto, si trova irresistibilmente spinto a prendere in carico l'Evoluzione della Vita sulla Terra e la Ricerca diventa l'espressione stessa (allo stato riflesso), di questo sforzo evolutivo non solo per sussistere, ma per essere di più; non solo per sopravvivere, ma per supervivere irreversibilmente.

 

3. Allora, se non mi sbaglio, si scopre la risposta, luminosa, alla domanda che ci ponevamo all'inizio. «Perché è importante, proprio per noi gesuiti, partecipare alla Ricerca umana fino a penetrarla e impregnarla della nostra fede e del nostro amore per Cristo?» Perché? Molto semplicemente (se ciò che ho appena detto ha un senso) perché la Ricerca è la forma sotto la quale si dissimula e opera più intensamente, nella Natura attorno a noi, il potere creatore di Dio. Attraverso la nostra ricerca, dell'essere nuovo, una sopracrescita di coscienza emerge nel Mondo. Questa nuova creatura non resterebbe forse incompiuta, «invivibile», se (possibilmente dalla sua nascita) non cadesse, nel modo più esplicito possibile, sotto le forme complementari di Incarnazione e Redenzione? Essenzialmente, «ontologicamente», ogni frutto della Ricerca è per natura cristificabile («christifiabilis » e «christificandus»), perché il Mondo sia, fino in fondo. Dunque, il posto di noi sacerdoti è esattamente al punto di emergenza di ogni verità e di ogni nuova potenzialità: perché Cristo dia forma ad ogni crescita dell'Universo in movimento, attraverso l'Uomo.

Questo è l'aspetto della questione che si potrebbe definire «teologico». Trasponiamo, se volete, la stessa verità in termini di psicologia e di vita interiore.

Sotto l'influenza dei poteri quasi magici che la Scienza gli conferisce per guidare la marcia dell'Evoluzione, è inevitabile che l'Uomo moderno si senta legato all'Avvenire, al Progresso del Mondo da una sorta di religione sovente trattata (a torto, io penso) da neopaganesimo. Fede in qualche prolungamento evolutivo del Mondo interferente con la fede evangelica in un Dio creatore e personale; – mistica neoumanista di un In Avanti che si urta con una mistica cristiana dell'In Alto: in questo apparente conflitto tra l'antica fede in un Dio trascendente e una giovane «fede» in un Universo immanente si pone esattamente (se non sbaglio) la crisi religiosa moderna, in ciò che ha di più essenziale, sotto la sua doppia forma scientifica e sociale. Fede in Dio e fede nell'Uomo o nel Mondo. Tutto l'avanzamento del Regno di Dio, ne sono convinto, è in questo momento sospeso al problema di riconciliare (non superficialmente, ma organicamente) queste due correnti, l'una con l'altra. «Il problema delle due Fedi.» Con quale metodo abbordarlo? E a chi affidare l'incarico, la «missione» di risolverlo?

In un primo momento, è evidente, il lavoro dell'apologeta moderno (non amo molto questa parola, troppo presuntuosa e possessiva della verità, – ma non ne trovo un'altra), – il lavoro dell'apologeta moderno, dunque, deve essere uno sforzo di riflessione intellettuale che stabilisca che le due Fedi in questione (Fede in Dio e Fede nell'Uomo), lungi dall'opporsi tra di loro, rappresentano al contrario le due componenti essenziali di una completa mistica umano-cristiana. Non c’è fede cristiana realmente viva se essa non raggiunge e non solleva, nel suo movimento ascensionale, la totalità del dinamismo spirituale umano (la totalità dell'«anima naturaliter christiana»). E non c’è fede nell'Uomo psicologicamente possibile, se l'avvenire evolutivo del Mondo non raggiunge, nel trascendente, un qualche fuoco di personalizzazione irreversibile. Insomma, impossibile andare In Alto senza muoversi In Avanti, - né progredire In Avanti senza dirigersi verso l'In Alto. Su questo punto, nello spazio di una generazione, il Pensiero cristiano, approfondendo, sotto la pressione del Pensiero profano, le nozioni di Partecipazione e di Incarnazione, è quasi arrivato, in questo momento, a trovare un accordo; questo con gran sollievo ad un tempo delle anime credenti e non credenti, e certamente per la più grande gloria di Dio. E non è certo eccessiva l'importanza che si da a questo primo successo.

Ma sottolineiamolo bene. Per brillante che sia questa dimostrazione dialettica della conciliabilità delle «due Fedi» essa è destinata a rimanere sterile fintantoché non la si presenta al Mondo concretamente vissuta. Teoricamente, in abstracto, che l'In Alto e l'In Avanti dell'Universo coincidano, è bene, ed è pure molto. Ma alla soluzione proposta rimane, per essere veramente convincente e contagiosa, da farlo vedere – da darne le prove, in atto e nella realtà, cioè in vivo. Altrimenti detto, perché si costruisca tra Fede in Dio e Fede nell'uomo la risultante sotto il cui impulso, ne sono persuaso, il Cristianesimo si appresta domani a rilanciarsi (proprio come è con l'Evoluzione!), non sono trattati o libri che ci occorrono, ma sono degli esemplari umani: degli uomini, voglio dire, che, animati appassionatamente e simultaneamente delle due specie di Fede, operino in se stessi, in un medesimo cuore, la congiunzione delle due potenze mistiche, in modo da presentare, attorno a loro, la sintesi realizzata; uomini assai convinti del valore sacro dell'Impegno umano proprio perché si interessano in prima luogo di Dio. – Prima di Blériot e dei Wright, si erano ben fatti dei calcoli sulla resistenza dell'aria. Ciò non ha impedito che l'aviazione non abbia realmente cominciato a esistere e a invadere la Terra se non quando degli uomini si sono messi realmente a volare...

Ed eccoci ricondotti direttamente all'importanza del lavoro di Ricerca nella Compagnia. Storicamente, per condizioni di nascita e per tradizione di famiglia, la Compagnia si è sempre posta a difesa e a sostegno dell'Umanesimo cristiano. Un tempo, questa attitudine istintiva trovava quasi solo da esprimersi in un legame, assai superficiale, tra Belle Lettere (o Matematica) e Religione. Ma oggi, di fronte al Neoumanesimo moderno (orientato non più verso il culto e l'imitazione dei Grandi Antichi, ma verso la genesi di un qualche Superuomo), la funzione di cui noi ci troviamo tradizionalmente investiti nella Chiesa si carica di gravità e di responsabilità. Ogni anno, nei nostri noviziati, si presentano dei giovani uomini nei quali (essendo del loro tempo) brilla e brucia la scintilla della fede umana nell'avvenire dell'Umanità. Che cosa aspettiamo per inculcare loro il dovere, e dar loro ogni occasione possibile, di nutrire e far crescere questo fuoco al Fuoco stesso che essi vengono a cercare da noi, l'Amore di un Dio Incarnato? Che cosa aspettiamo per gettarli (con tutte le debite precauzioni, è evidente) nel più vivo della Ricerca umana: non in quelle zone neutre o superate dove la progressione sta rallentando (penso qui alla maggior parte delle Scienze del Passato), ma in quelle zone attive e critiche dove ci si batte in questo momento per elevare le grandi cittadelle della Materia e della Vita? Fare dei credenti completi, sui due aspetti, non è forse quella, per pericolosa che sia, la nostra prima Missione?

In verità, se qualcuno può operare, come dicevo, in actu et in vivo, la sintesi essenziale dei due Fuochi che si affrontano in questo momento nel Mondo, sono proprio, per tradizione e per formazione, i figli di S. Ignazio: – a condizione tuttavia (condizione essenziale) che essi abbiano realmente percepito, una buona volta, questa verità fondamentale, dove si esprimono (se non mi inganno) l'essenza e le esigenze stesse dello «Spirito moderno»: che il Regno di Cristo, al quale noi ci siamo votati, non potrebbe stabilirsi, nella lotta o nella pace, che su una Terra portata, attraverso tutte le vie della Tecnica e del Pensiero, all'estremo della sua umanizzazione.

Tutto ciò che vi ho appena detto, lo riassumerei volentieri in questa sola frase, che voi stessi correggerete in ciò che la sua semplicità ha di troppo brutale: «Noi, preti, gesuiti, non solo dobbiamo interessarci, prestarci, ma dobbiamo credere alla Ricerca perché la Ricerca (perseguita "con fede") è il terreno stesso sul quale ha la possibilità di elaborarsi la sola mistica umano-cristiana che possa produrre domani una unanimità umana».  

 

P. Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo. Credere nel mondo e credere in Dio, Gabrielli, Verona 2002, pp. 229-235 (Traduzione e note di Annamaria Tassone Bernardi)