All’interno della questione interamente dedicata alla legge morale naturale (q. 94) Tommaso d’Aquino si domanda se la tale legge sia uguale per tutti e da tutti conoscibile, indipendentemente da differenze culturali e geografiche. Tommaso basa l’universalità della legge naturale sull’universalità della ragione umana, affermando che rispetto ai principi universali della ragione, sia speculativa che pratica, vi è per tutti un'identica verità, e questa è ugualmente conosciuta. Tuttavia, rispetto alle conclusioni particolari della ragione speculativa vi è sì un'identica verità per tutti, ma non tutti la conoscono: alcuni possono infatti avere la ragione sconvolta dalle passioni, o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali e non sono pertanto in condizione di riconoscerla.
Articolo 4
Se la legge naturale sia unica per tutti
Sembra che la legge naturale non sia unica per tutti. Infatti:
1. Sta scritto nel Decreto (di Graziano), che "il diritto naturale è ciò che è contenuto nella Legge e nel Vangelo". Ora, questo non è comune a tutti: poiché, a dire dell'Apostolo, "non tutti ubbidiscono al Vangelo". Dunque la legge naturale non è unica per tutti.
2. Come Aristotele afferma, "si dicono giuste le cose che sono secondo la legge". Ma egli afferma pure che niente è così giusto per tutti, da non essere diverso per alcuni. Quindi anche la legge naturale non è identica per tutti.
3. Alla legge naturale appartiene, come sopra abbiamo detto, quello cui l'uomo è incline secondo la sua natura. Ma uomini diversi sono inclini per natura a cose diverse: poiché alcuni tendono ai desideri del piacere, altri a quelli degli onori, e così via. Perciò la legge naturale non è unica per tutti.
In contrario: S. Isidoro insegna: "Il diritto naturale è comune a tutte le nazioni".
Rispondo: Come abbiamo visto sopra, alla legge naturale appartengono le cose cui l'uomo tende per natura; e tra queste c'è la tendenza propriamente umana ad agire secondo la ragione. Ora, è compito della ragione procedere dai dati più comuni a quelli propri, come spiega Aristotele. Tuttavia in questo la ragione speculativa si comporta diversamente dalla ragione pratica. La prima, infatti, trattando soprattutto di cose necessarie, che non possono essere altrimenti, deduce sempre nelle sue conclusioni particolari la verità, senza nessuna eccezione, come nei principi universali. Invece la ragione pratica tratta di cose contingenti, quali sono le azioni umane: perciò sebbene nei principi universali vi sia una certa necessità, più si scende a deduzioni particolari, più si incontrano eccezioni. Ecco perché in campo speculativo si ha un'identica verità per tutti, sia nei principi che nelle conclusioni: sebbene la verità non sia da tutti conosciuta nelle conclusioni, ma solo nei principi, che si dicono assiomi universali. Invece in campo pratico non è identica la verità o norma pratica, rispetto ai casi particolari, ma soltanto rispetto ai principi comuni: e anche presso quelli che accettano nei casi particolari un'identica norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti.
Perciò è evidente che rispetto ai principi universali della ragione, sia speculativa che pratica, vi è per tutti un'identica verità, o norma, ed è ugualmente conosciuta. Invece rispetto alle conclusioni particolari della ragione speculativa vi è un'identica verità per tutti, ma non tutti la conoscono: infatti è vero per tutti che i tre angoli del triangolo sono uguali a due angoli retti, sebbene questo non tutti lo capiscano. Ma rispetto alle conclusioni particolari della ragion pratica, non c'è neppure una verità o una norma identica per tutti; e presso quelli in cui essa è identica, non è ugualmente conosciuta. Per tutti, infatti, è vero ed è giusto agire secondo ragione. E da tale principio segue quasi come conclusione propria, che le cose depositate si devono restituire. E ciò è vero nella maggior parte dei casi. Ma può capitare in un caso che ciò sia dannoso, e quindi sia irragionevole codesta restituzione; nel caso, p. es., che uno richieda il deposito per servirsene contro la patria. E le eccezioni aumentano più si scende a determinare casi particolari; come nel caso che si dicesse che i depositi si devono restituire con tali cauzioni e in quel dato modo: poiché più s'insiste nelle condizioni particolari, e più crescono i casi da eccettuare, per giustificare, sia la restituzione, che la non restituzione.
Quindi si deve concludere che la legge naturale quanto ai primi principi universali è identica presso tutti gli uomini, sia per la sua rettitudine oggettiva, sia per la sua conoscenza. Ma rispetto a certe sue applicazioni, che sono quasi conclusioni dei principi universali, è identica presso tutti e per la bontà delle sue norme e per la sua conoscenza, nella maggior parte dei casi: ma in pochi casi possono esserci delle eccezioni, sia quanto alla bontà delle sue norme, che quanto alla conoscenza. Infatti possono intervenire ostacoli particolari (come avviene del resto nel caso degli esseri generabili e corruttibili; che per ostacoli particolari non raggiungono l'effetto). E quanto alla conoscenza va notato che ci sono alcuni i quali hanno la ragione sconvolta dalle passioni, o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali. Giulio Cesare, p. es., racconta che una volta presso i popoli della Germania non si considerava delittuoso il latrocinio, che pure è espressamente contrario alla legge naturale.
Soluzione delle difficoltà
1. Quella affermazione non va intesa nel senso che quanto è contenuto nella Legge e nel Vangelo è tutto di legge naturale, poiché molte cose ivi insegnate son superiori alla natura: ma per il fatto che le cose appartenenti alla legge naturale vi sono insegnate nella loro perfezione. Infatti Graziano, dopo aver detto che "il diritto naturale è ciò che è contenuto nella Legge e nel Vangelo", subito aggiunge esemplificando: "in forza del quale ciascuno è obbligato a fare ad altri quello che vorrebbe fosse fatto a se stesso".
2. Le parole del Filosofo, vanno riferite non alla giustizia delle norme secondo natura, che s'identificano con i principi universali, ma a certe conclusioni che da essi derivano; le quali norme sono rette nella maggior parte dei casi, ma in casi particolari possono far difetto.
3. Poiché nell'uomo la ragione domina e comanda alle altre potenze, è necessario che tutte le inclinazioni naturali delle altre potenze siano ordinate secondo la ragione. Perciò presso tutti questa è la norma, comunemente accettata, che tutte le inclinazioni umane siano guidate dalla ragione.
La Somma Teologica, I-II, q. 94, trad. it. a cura dei Domenicani italiani, edizione Adriano Salani, Città di Castello 1965, vol. XII, pp. 100-105.