Introduzione
1. L'aumento esplosivo delle conoscenze scientifiche e delle capacità tecnologiche nell'epoca moderna ha portato notevoli vantaggi al genere umano, ma pone anche difficili sfide. Alla luce delle nostre conoscenze sull'immensità e l'antichità dell'universo appaiono assai meno rilevanti e sicure la posizione e l'importanza dell'uomo al suo interno. Il progresso tecnologico ha considerevolmente accresciuto la nostra capacità di controllare e dirigere le forze della natura, ma ha anche finito con l'esercitare un impatto imprevisto e forse incontrollabile sul nostro ambiente e persino sullo stesso genere umano.
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Capitolo Terzo: A immagine di Dio. Amministratori della creazione visibile
56. Il primo grande tema all'interno della teologia dell'imago Dei concerne la partecipazione alla vita della comunione divina. Creati a immagine di Dio, come abbiamo visto, gli umani sono esseri che condividono il mondo con altri esseri corporei, ma che si distinguono per il loro intelletto, amore e libertà, e che sono quindi ordinati dalla loro stessa natura alla comunione interpersonale. Il primo esempio di questa comunione è l'unione procreativa dell'uomo e della donna, che rispecchia la comunione creativa dell'amore trinitario. Il deturpamento dell'imago Dei da parte del peccato, con le sue inevitabili conseguenze negative sulla vita personale e interpersonale, è vinto dalla Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. La grazia salvifica della partecipazione al mistero pasquale riconfigura l'imago Dei secondo il modello dell'imago Christi.
57. In questo capitolo esamineremo il secondo dei due grandi temi della teologia dell'imago Dei. Creati a immagine di Dio per partecipare alla comunione dell'amore trinitario, gli esseri umani occupano un posto unico nell'universo in accordo con il piano divino: godono del privilegio di partecipare al governo divino della creazione visibile. Tale privilegio è ad essi concesso dal Creatore, il quale permette alla creatura fatta a sua immagine di partecipare alla sua opera, al suo progetto di amore e salvezza, addirittura alla sua stessa signoria sull'universo. Poiché la posizione dell'uomo come dominatore è di fatto una partecipazione al governo divino della creazione, ne parliamo qui come di una forma di servizio.
58. Secondo la Gaudium et spes: «L'uomo, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la Terra [...] e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra» (n. 34). Questo concetto di dominio o di signoria dell'uomo ha un ruolo importante nella teologia cristiana. Dio designa l'uomo come suo amministratore proprio come fa il padrone nelle parabole del Vangelo (cfr Lc 19,12). L'unica creatura che Dio ha espressamente voluto per se stesso occupa un posto unico al vertice della creazione visibile (Gn 1,26; 2,20; Sal 8,6-7; Sap 9,2-3).
59. Per descrivere questo speciale ruolo, la teologia cristiana usa immagini tratte sia dall'ambiente domestico sia da quello del potere regale. Nell'utilizzare immagini attinenti alla signoria, viene detto che gli esseri umani sono chiamati a governare nel senso di esercitare una supremazia sull'insieme della creazione visibile, alla stregua di un re. Ma il significato interiore della signoria è il servizio, come Gesù ricorda ai suoi discepoli: soltanto soffrendo volontariamente come vittima sacrificale Cristo diventa re dell'universo, con la Croce come suo trono. Utilizzando invece immagini domestiche, la teologia cristiana ci mostra l'uomo come l'amministratore di una casa a cui Dio ha affidato la cura di tutti i suoi beni (cfr Mt 24,45). L'uomo può utilizzare il suo ingegno nel dispiegare le risorse della creazione visibile, ed esercita questa signoria partecipata sulla creazione visibile attraverso la scienza, la tecnologia e l'arte.
60. Al di sopra di lui, e tuttavia nell'intimità della sua stessa coscienza, l'uomo scopre l'esistenza di una legge, che la tradizione chiama «legge naturale». Tale legge è di origine divina, e la consapevolezza che ne ha l'uomo è essa stessa una partecipazione alla legge divina. Riferisce l'uomo alle vere origini dell'universo e a quelle sue stesse (Veritatis splendor, n. 20). Questa legge naturale spinge la creatura razionale a ricercare la verità e il bene nella sua signoria sull'universo. Creato a immagine di Dio, l'uomo esercita tale signoria sulla creazione visibile soltanto in virtù del privilegio conferitogli da Dio. Imita il dominio divino, ma non può sostituirvisi. La Bibbia diffida da questo peccato di usurpazione del ruolo divino. È un grave fallimento morale per gli esseri umani agire da dominatori della creazione visibile separandosi dalla più alta legge divina. Essi agiscono in vece del loro padrone in quanto amministratori (cfr Mt 25,14 ss), ai quali è attribuita la libertà necessaria per fare fruttare i doni che sono stati affidati ad essi, e a farlo con una certa ardita creatività.
61. L'amministratore deve rendere conto della sua gestione, e il divino Maestro giudicherà le sue azioni. La legittimità morale e l'efficacia dei mezzi impiegati dall'amministratore costituiscono i criteri di tale giudizio. Né la scienza né la tecnologia sono fini a se stesse; ciò che è tecnicamente possibile non è necessariamente anche ragionevole o etico. La scienza e la tecnologia devono essere messe al servizio del disegno divino per l'insieme della creazione e per tutte le creature. Questo disegno dà significato all'universo nonché alle imprese umane. L'amministrazione umana del mondo creato è proprio un servizio svolto attraverso la partecipazione al governo divino, e ad esso è sempre subordinata. Gli esseri umani svolgono tale servizio acquistando una conoscenza scientifica dell'universo, occupandosi responsabilmente del mondo naturale (inclusi gli animali e l'ambiente) e salvaguardando la loro stessa integrità biologica.
1. La scienza e l'amministrazione della conoscenza
62. La cultura umana, in ogni sua epoca e in quasi tutte le società, è stata caratterizzata dal tentativo di comprendere l'universo. Nella prospettiva della fede cristiana, questo sforzo è proprio un esempio del servizio che gli esseri umani svolgono in accordo con il piano di Dio. Senza abbracciare uno screditato concordismo, i cristiani hanno la responsabilità di collocare le moderne conoscenze scientifiche dell'universo all'interno della teologia della creazione. La posizione degli esseri umani nella storia di questo universo in continua evoluzione, così come è stata ricostruita dalle scienze moderne, può essere vista nella sua realtà completa soltanto alla luce della fede, come una storia personale dell'impegno di Dio uno e trino con le persone sue creature.
63. Secondo la tesi scientifica più accreditata, 15 miliardi di anni fa l'universo ha conosciuto un'esplosione che va sotto il nome di Big Bang, e da allora continua a espandersi e a raffreddarsi. Successivamente sono andate verificandosi le condizioni necessarie per la formazione degli atomi e, in epoca ancora successiva, si è avuta la condensazione delle galassie e delle stelle, seguita circa 10 miliardi di anni più tardi dalla formazione dei pianeti. Nel nostro sistema solare e sulla Terra (formatasi circa 4,5 miliardi di anni fa) si sono create le condizioni favorevoli all'apparizione della vita. Se, da un lato, gli scienziati sono divisi sulla spiegazione da dare all'origine di questa prima vita microscopica, la maggior parte di essi è invece concorde nell'asserire che il primo organismo ha abitato questo pianeta circa 3,5-4 miliardi di anni fa. Poiché è stato dimostrato che tutti gli organismi viventi della Terra sono geneticamente connessi tra loro, è praticamente certo che essi discendono tutti da questo primo organismo. I risultati convergenti di numerosi studi nelle scienze fisiche e biologiche inducono sempre più a ricorrere a una qualche teoria dell'evoluzione per spiegare lo sviluppo e la diversificazione della vita sulla Terra, mentre ci sono ancora divergenze di opinione in merito ai tempi e ai meccanismi dell'evoluzione. Certo, la storia delle origini umane è complessa e passibile di revisioni, ma l'antropologia fisica e la biologia molecolare fanno entrambe ritenere che l'origine della specie umana vada ricercata in Africa circa 150.000 anni fa in una popolazione umanoide di comune ascendenza genetica. Qualunque ne sia la spiegazione, il fattore decisivo nelle origini dell'uomo è stato il continuo aumento delle dimensioni del cervello, che ha condotto infine all'homo sapiens. Con lo sviluppo del cervello umano, la natura e la velocità dell'evoluzione sono state alterate per sempre: con l'introduzione di fattori unicamente umani quali la coscienza, l'intenzionalità, la libertà e la creatività, l'evoluzione biologica ha assunto la nuova veste di un'evoluzione di tipo sociale e culturale.
64. Papa Giovanni Paolo II ha affermato alcuni anni fa che «nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all'attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere» (Messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze sull'evoluzione, 1996). In linea con quanto già affermato dal magistero pontificio del XX secolo in materia di evoluzione (in particolare l'enciclica Humani generis di Pio XII), il messaggio del Santo Padre riconosce che esistono «diverse teorie dell'evoluzione» che sono «materialiste, riduzioniste e spiritualiste» e quindi incompatibili con la fede cattolica. Ne consegue che il messaggio di Giovanni Paolo II non può essere letto come un'approvazione generale di tutte le teorie dell'evoluzione, incluse quelle di provenienza neodarwinista, che negano esplicitamente che la divina Provvidenza possa avere avuto qualunque ruolo veramente causale nello sviluppo della vita dell'universo. Focalizzandosi principalmente sull'evoluzione, in quanto «concerne la concezione dell'uomo», il messaggio di Giovanni Paolo II è tuttavia specificatamente critico nei confronti delle teorie materialiste delle origini dell'uomo, e insiste sull'importanza della filosofia e della teologia per una corretta comprensione del «salto ontologico» all'umano, che non può essere spiegato in termini puramente scientifici. L'interesse della Chiesa per l'evoluzione si concentra quindi in particolare sulla «concezione dell'uomo», che, in quanto creato a immagine di Dio, «non deve essere subordinato come un puro mezzo o come un mero strumento né alla specie né alla società». In quanto persona creata a immagine di Dio, l'essere umano è capace di intessere rapporti di comunione con altre persone e con il Dio uno e trino, nonché di esercitare signoria e servizio nell'universo creato. Queste affermazioni mostrano che le teorie dell'evoluzione e dell'origine dell'universo rivestono un particolare interesse teologico quando toccano le dottrine della creazione ex nihilo e la creazione dell'uomo a immagine di Dio.
65. Abbiamo visto come le persone siano create a immagine di Dio affinché possano diventare partecipi della natura divina (cfr 2 Pt 1,3-4), partecipando così alla comunione della vita trinitaria e al dominio divino sulla creazione visibile. Al cuore dell'atto divino della creazione c'è il desiderio divino di fare spazio alle persone create nella comunione delle Persone increate della Santissima Trinità, attraverso la partecipazione adottiva in Cristo. Non solo, ma la comune ascendenza e la naturale unità del genere umano sono la base di una unità in grazia delle persone umane redente, con a capo il Nuovo Adamo, nella comunione ecclesiale delle persone umane unite tra loro e con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo increati. Il dono della vita naturale è fondamento del dono della vita di grazia. Ne consegue che se la verità centrale concerne una persona che agisce liberamente, è impossibile parlare di una necessità o di un imperativo alla creazione, e in ultima analisi non è corretto parlare del Creatore come di una forza, di un'energia o di una causa impersonale. La creazione ex nihilo è l'azione di un agente personale trascendente, che agisce liberamente e intenzionalmente, teso alla realizzazione delle finalità totalizzanti dell'impegno personale. Nella tradizione cattolica la dottrina dell'origine degli esseri umani articola la verità rivelata di questa visione fondamentalmente relazionale o personalista di Dio e della natura umana. L'esclusione del panteismo e dell'emanazionismo nella dottrina della creazione può essere interpretata alla radice come un modo di difendere questa verità rivelata. La dottrina della creazione immediata o speciale di ogni singola anima umana non solo affronta la discontinuità ontologica tra materia e spirito, ma getta anche le basi per una divina intimità che abbraccia ogni singola persona umana sin dal primo momento della sua esistenza.
66. La dottrina della creatio ex nihilo è quindi una singolare affermazione del carattere veramente personale della creazione e del suo ordine verso una creatura personale plasmata come imago Dei, e che risponde non a una causa impersonale, forza o energia, ma a un Creatore personale. Le dottrine dell'imago Dei e della creatio ex nihilo ci insegnano che l'universo esistente è teatro di un evento radicalmente personale, in cui il Creatore uno e trino chiama dal niente coloro che poi richiama nell'amore. È questo il significato profondo delle parole della Gaudium et spes: «L'uomo in Terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa» (n. 24). Creati a immagine di Dio, gli esseri umani assumono il ruolo di responsabili amministratori nell'universo fisico. Sotto la guida della divina Provvidenza e riconoscendo il carattere sacro della creazione visibile, l'umanità dà una forma nuova all'ordine naturale e diviene un agente nell'evoluzione dello stesso universo. Nell'esercitare il loro servizio di amministratori della conoscenza, i teologi hanno il compito di collocare le moderne conoscenze scientifiche all'interno di una visione cristiana dell'universo creato.
67. Con riferimento alla creatio ex nihilo, i teologi possono notare che la teoria del Big Bang non contraddice questa dottrina, sempre che si possa affermare che la supposizione di un inizio assoluto non è scientificamente inammissibile. Poiché la teoria del Big Bang in realtà non esclude la possibilità di un precedente stadio della materia, è possibile rilevare che essa sembra dare un sostegno semplicemente indiretto alla dottrina della creatio ex nihilo, che in quanto tale può essere conosciuta soltanto attraverso la fede.
68. Con riferimento all'evoluzione di condizioni favorevoli alla comparsa della vita, la tradizione cattolica afferma che, in quanto causa trascendente universale, Dio è causa non solo dell'esistenza, ma anche causa delle cause. L'azione di Dio non si sostituisce all'attività delle cause creaturali, ma fa sì che queste possano agire secondo la loro natura e, ciononostante, conseguire le finalità da lui volute. Nell'avere voluto liberamente creare e conservare l'universo, Dio vuole attivare e sostenere tutte quelle cause secondarie la cui attività contribuisce al dispiegamento dell'ordine naturale che egli intende produrre. Attraverso l'attività delle cause naturali, Dio provoca il verificarsi di quelle condizioni necessarie alla comparsa e all'esistenza degli organismi viventi e, inoltre, alla loro riproduzione e differenziazione. Nonostante che sia in corso un dibattito scientifico sul grado di progettualità o intenzionalità empiricamente osservabile in questi sviluppi, essi hanno de facto favorito la comparsa e lo sviluppo della vita. I teologi cattolici possono vedere in un tale ragionamento un sostegno alle affermazioni derivanti dalla fede nella divina creazione e nella divina Provvidenza. Nel disegno provvidenziale della creazione, il Dio uno e trino ha voluto non solo creare un posto per gli esseri umani nell'universo, ma anche, e in ultima analisi, riservare ad essi uno spazio nella sua stessa vita trinitaria. Inoltre, operando come cause reali anche se secondarie, gli esseri umani contribuiscono a trasformare e a dare una nuova forma all'universo.
69. L'attuale dibattito scientifico sui meccanismi dell'evoluzione sembra talvolta partire da un'errata concezione della natura della causalità divina e necessita quindi di un commento teologico. Molti scienziati neodarwinisti, e alcuni dei loro critici, hanno concluso che se l'evoluzione è un processo materialistico radicalmente contingente, guidato dalla selezione naturale e da variazioni genetiche casuali, allora in essa non può esserci posto per una causalità provvidenziale divina. Una compagine sempre più ampia di scienziati critici del neodarwinismo segnala invece le evidenze di un disegno (ad esempio, nelle strutture biologiche che mostrano una complessità specifica) che secondo loro non può essere spiegato in termini di un processo puramente contingente, e che è stato ignorato o mal interpretato dai neodarwinisti. Il nocciolo di questo acceso dibattito concerne l'osservazione scientifica e la generalizzazione, in quanto ci si domanda se i dati disponibili possono far propendere a favore del disegno o del caso: è una controversia che non può essere risolta attraverso la teologia. È tuttavia importante notare che, secondo la concezione cattolica della causalità divina, la vera contingenza nell'ordine creato non è incompatibile con una Provvidenza divina intenzionale. La causalità divina e la causalità creata differiscono radicalmente in natura e non soltanto in grado. Quindi, persino l'esito di un processo naturale veramente contingente può ugualmente rientrare nel piano provvidenziale di Dio per la creazione. Secondo san Tommaso d'Aquino: «Effetto della divina Provvidenza non è soltanto che una cosa avvenga in un modo qualsiasi; ma che avvenga in modo contingente, o necessario. Perciò quello che la divina Provvidenza dispone che avvenga infallibilmente e necessariamente, avviene infallibilmente e necessariamente; quello che il piano della divina Provvidenza esige che avvenga in modo contingente, avviene in modo contingente» (Summa Theol. I, 22, 4 ad 1). Nella prospettiva cattolica, i neodarwinisti che si appellano alla variazione genetica casuale e alla selezione naturale per sostenere la tesi che l'evoluzione è un processo completamente privo di guida vanno al di là di quello che è dimostrabile dalla scienza. La causalità divina può essere attiva in un processo che è sia contingente sia guidato. Qualsiasi meccanismo evolutivo contingente può esserlo soltanto perché fatto così da Dio. Un processo evolutivo privo di guida — un processo che quindi non rientra nei confini della divina Provvidenza — semplicemente non può esistere poiché «la causalità di Dio, il quale è l'agente primo, si estende a tutti gli esseri, non solo quanto ai princìpi della specie, ma anche quanto ai princìpi individuali […]. È necessario che tutte le cose siano soggette alla divina Provvidenza, nella misura della loro partecipazione all'essere» (Summa Theol. I, 22, 2).
70. Con riferimento alla creazione immediata dell'anima umana, la teologia cattolica afferma che particolari azioni di Dio producono effetti che trascendono la capacità delle cause create che agiscono secondo la loro natura. Il ricorso alla causalità divina per colmare vuoti genuinamente causali, e non per dare risposta a ciò che resta inspiegato, non significa utilizzare l'opera divina per riempire i «buchi» del sapere scientifico (dando così luogo al cosiddetto «Dio tappabuchi»). Le strutture del mondo possono essere viste come aperte all'azione divina non disgregatrice in quanto sono causa diretta di certi eventi nel mondo. La teologia cattolica afferma che la comparsa dei primi membri della specie umana (singoli individui o popolazioni) rappresenta un evento che non si presta a una spiegazione puramente naturale e che può essere appropriatamente attribuito all'intervento divino. Agendo indirettamente attraverso catene causali che operano sin dall'inizio della storia cosmica, Dio ha creato le premesse per quello che Giovanni Paolo II ha chiamato «un salto ontologico […], il momento di transizione allo spirituale». Se la scienza può studiare queste catene di causalità, spetta alla teologia collocare questo racconto della specifica creazione dell'anima umana all'interno del grande piano del Dio uno e trino di condividere la comunione della vita trinitaria con persone umane create dal nulla a immagine e somiglianza di Dio e che, a suo nome e secondo il suo piano, esercitano in modo creativo il servizio e la sovranità sull'universo fisico.
2. La responsabilità del mondo creato
71. I sempre più rapidi progressi scientifici e tecnologici degli ultimi centocinquanta anni hanno condotto a una situazione radicalmente nuova per tutti gli esseri viventi sul nostro pianeta. Miglioramenti quali una maggiore abbondanza materiale, più elevati tenori di vita, migliore stato di salute e una più lunga speranza di vita sono stati accompagnati dall'inquinamento atmosferico e delle acque, dal problema dei rifiuti industriali tossici, dallo sfruttamento e talvolta dalla distruzione di habitat delicati. In questa situazione gli esseri umani hanno sviluppato una maggiore consapevolezza dei legami organici che essi hanno con gli altri esseri viventi. La natura viene ormai vista come una biosfera in cui tutti gli esseri formano una rete di vita complessa e tuttavia attentamente organizzata. È inoltre ormai un fatto assodato che esistono limiti sia alle risorse naturali disponibili, sia alla capacità da parte della natura di porre rimedio ai danni ad essa arrecati attraverso l'incessante sfruttamento delle sue risorse.
72. Purtroppo una delle conseguenze di questa nuova sensibilità ecologica è che il cristianesimo è stato da alcuni accusato di essere in parte responsabile della crisi ambientale, proprio per avere messo in risalto la posizione dell'uomo, creato a immagine di Dio per governare la creazione visibile. Alcuni critici arrivano a dire che nella tradizione cattolica mancano le risorse per mettere in campo una solida etica ecologica in quanto l'uomo è considerato essenzialmente superiore al resto del mondo naturale, e che per una tale etica sarà necessario rivolgersi alle religioni asiatiche e tradizionali.
73. Questa critica, tuttavia, si fonda su una lettura profondamente errata della teologia cristiana della creazione e dell'imago Dei. Parlando della necessità di una «conversione ecologica», Giovanni Paolo II ha affermato: «La signoria dell'uomo non è assoluta, ma ministeriale […], è la missione non di un padrone assoluto e insindacabile, ma di un ministro del regno di Dio» (Discorso, 17 gennaio 2001). È possibile che un'errata comprensione di questo insegnamento abbia indotto alcuni ad agire in modo sconsiderato nei confronti dell'ambiente naturale, ma la dottrina cristiana sulla creazione e l'imago Dei non ha mai incoraggiato lo sfruttamento incontrollato e l'esaurimento delle risorse naturali. Le osservazioni di Giovanni Paolo II rispecchiano la crescente attenzione con cui il Magistero segue la crisi ecologica, una preoccupazione che trova le sue radici già nelle encicliche sociali dei moderni pontificati. Nella prospettiva di questo insegnamento, la crisi ecologica è un problema umano e sociale, legato alla violazione dei diritti umani e alla disuguaglianza nell'accesso alle risorse naturali. Giovanni Paolo II ha ricapitolato questa tradizione del magistero sociale quando ha scritto nella Centesimus annus: «Del pari preoccupante, accanto al problema del consumismo e con esso strettamente connessa, è la questione ecologica. L'uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita. Alla radice dell'insensata distruzione dell'ambiente naturale c'è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L'uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio» (n. 37).
74. La teologia cristiana della creazione contribuisce in modo diretto alla risoluzione della crisi ecologica, affermando la verità fondamentale che la creazione visibile è essa stessa un dono divino, il «dono originario», che fissa uno «spazio» di comunione personale. In effetti si potrebbe dire che una corretta teologia cristiana dell'ecologia è data dall'applicazione della teologia della creazione. Osserviamo come il termine «ecologia» combini le due parole greche oikos (casa) e logos (parola): l'ambiente fisico dell'esistenza umana potrebbe essere visto come una sorta di «abitazione» per la vita umana. Considerato che la vita interiore della Santissima Trinità è una vita di comunione, l'atto divino della creazione è la produzione gratuita di partner che possano condividere tale comunione. In questo senso si può dire che la divina comunione ha adesso trovato la sua «abitazione» nel cosmo creato. Per questo motivo possiamo parlare del cosmo come di un luogo di comunione personale.
75. La cristologia e l'escatologia possono insieme illuminare ulteriormente questa verità. Nell'unione ipostatica della Persona del Figlio con la natura umana, Dio viene nel mondo e assume la corporeità che Egli stesso ha creato. Nell'Incarnazione, attraverso il Figlio unigenito nato da una Vergine attraverso la potenza dello Spirito Santo, il Dio uno e trino crea la possibilità di una comunione intima e personale con gli esseri umani. Poiché Dio ha voluto benignamente elevare persone create alla partecipazione dialogica alla sua vita, egli deve, per così dire, abbassarsi al livello della creatura. Alcuni teologi parlano di questa divina condiscendenza come di una forma di «ominizzazione» attraverso la quale Dio rende liberamente possibile la nostra divinizzazione. Dio non solo manifesta la sua gloria nel cosmo tramite atti teofanici, ma anche assumendone la corporeità. In questa prospettiva cristologica, la «ominizzazione» di Dio è un atto di solidarietà, non solo con persone create, ma con l'intero universo creato e il suo destino storico. Non solo, ma nella prospettiva escatologica, la seconda venuta di Cristo può essere vista come l'evento in cui Dio prende fisicamente dimora nell'universo perfezionato che porta a compimento il piano originale della creazione.
76. Lungi dall'incoraggiare uno sfruttamento sregolato e antropocentrico dell'ambiente naturale, la teologia dell'imago Dei afferma il ruolo cruciale dell'uomo nella realizzazione di questo prendere eterna dimora nell'universo perfetto da parte di Dio. Gli esseri umani, per disegno di Dio, sono gli amministratori di questa trasformazione anelata da tutta la creazione. Non solo gli esseri umani, ma l'insieme della creazione visibile è chiamata a partecipare alla vita divina. «Sappiamo che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm 8,23). Nella prospettiva cristiana, la nostra responsabilità etica nei confronti dell'ambiente naturale, «dimora della nostra esistenza», trova quindi le sue radici in una profonda comprensione teologica della creazione visibile e del nostro posto al suo interno.
77. Riferendosi a questa responsabilità in un importante passo dell'Evangelium vitae, Giovanni Paolo II ha scritto: «Chiamato a coltivare e custodire il giardino del mondo (cfr Gn 2,15), l'uomo ha una specifica responsabilità sull'ambiente di vita, ossia sul creato che Dio ha posto al servizio della sua dignità personale. [...] È la questione ecologica — dalla preservazione degli habitat naturali delle diverse specie animali e delle varie forme di vita alla ecologia umana propriamente detta — che trova nella pagina biblica una luminosa e forte indicazione etica per una soluzione rispettosa del grande bene della vita, di ogni vita […]. Nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire» (n. 42).
78. In ultima analisi, dobbiamo osservare che la teologia non potrà offrire una soluzione tecnica alla crisi ambientale; tuttavia, come abbiamo visto, la teologia può aiutarci a vedere il nostro ambiente naturale così come lo vede Dio, come lo spazio di una comunione personale in cui gli esseri umani, creati a immagine di Dio, devono ricercare la comunione reciproca e la perfezione finale dell'universo visibile.
79. Questa responsabilità si estende al mondo animale. Gli animali sono creature di Dio e, secondo le Scritture, egli li circonda di provvidenziali attenzioni (Mt 6,26). Gli esseri umani dovrebbero accoglierli con gratitudine, e rendere grazie a Dio per la loro esistenza, adottando persino un atteggiamento di ringraziamento verso ogni elemento della creazione. Con la loro stessa esistenza gli animali benedicono Dio e gli rendono gloria: «Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore [...]. Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore» (Dn 3,80-81). Inoltre l'armonia che l'uomo deve instaurare, o restaurare, nell'insieme della creazione include anche il suo rapporto con gli animali. Quando Cristo verrà nella sua gloria, egli «ricapitolerà» tutta la creazione in un momento di armonia escatologico e definitivo.
80. Ciononostante, esiste una differenza ontologica tra gli esseri umani e gli animali, poiché soltanto l'uomo è creato a immagine di Dio, e Dio gli ha dato la signoria sul mondo animale (Gn 1,26-28; Gn 2,19-20). Ricalcando la tradizione cristiana in merito al giusto uso degli animali, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: «Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine. È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi» (n. 2417). Questo brano cita inoltre il legittimo impiego di animali per la sperimentazione medica e scientifica, ma sempre riconoscendo che è «contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali» (n. 2418). Quindi, in qualunque modo ci si serva degli animali, occorre sempre essere guidati dai princìpi già illustrati: la signoria umana sopra il mondo animale è essenzialmente un'amministrazione della quale gli esseri umani devono rendere conto a Dio, che è Signore della creazione nel senso più vero.
3. La responsabilità nei confronti dell'integrità biologica degli esseri umani
81. La moderna tecnologia, congiuntamente ai più recenti sviluppi della biochimica e della biologia molecolare, continua a offrire alla medicina contemporanea nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche. Queste tecniche non solo rendono possibili nuove e più efficaci terapie, ma aprono anche la strada alla possibilità di modificare l'uomo stesso. Il fatto che queste tecnologie siano disponibili e praticabili rende tanto più urgente chiedersi quali limiti debbano essere posti al tentativo dell'uomo di ri-creare se stesso. L'esercizio di una responsabile amministrazione nel campo della bioetica richiede un'attenta riflessione morale sulla portata delle tecnologie che possono incidere sull'integrità biologica degli esseri umani. In questa sede possiamo offrire soltanto qualche breve indicazione in merito alle specifiche sfide morali poste dalle nuove tecnologie e ad alcuni princìpi che devono essere applicati se vogliamo riuscire ad amministrare in modo responsabile l'integrità biologica degli esseri umani creati a immagine di Dio.
82. Il diritto di disporre pienamente del proprio corpo significherebbe che la persona può usare il corpo come un mezzo per raggiungere un fine che egli stesso ha scelto: potrebbe cioè sostituirne alcune parti, modificarlo o porgli termine. In altre parole, una persona potrebbe determinare la finalità o il valore teleologico del corpo. Il diritto di disporre di qualcosa si estende soltanto a oggetti cha abbiano un valore meramente strumentale, e non a oggetti che sono un bene in se stessi, che siano cioè un fine in se stessi. La persona umana, essere creato a immagine di Dio, rientra proprio in quest'ultima categoria. L'interrogativo, in particolar modo così come si profila nella bioetica, è se questo ragionamento possa applicarsi anche ai diversi livelli ravvisabili nella persona umana: il livello biologico-somatico, quello emotivo e quello spirituale.
83. Nella prassi clinica è un fatto generalmente acquisito che si possa disporre in forma limitata del corpo e di certe funzioni mentali per preservare la vita, come, ad esempio, nel caso dell'amputazione di un arto o dell'asportazione di un organo. Interventi del genere sono consentiti dal principio di totalità e integrità (noto anche come principio terapeutico). Il significato di tale principio è che la persona umana sviluppa, protegge e preserva tutte le sue funzioni fisiche e mentali di modo che 1) le funzioni inferiori non vengano mai sacrificate tranne che per un migliore funzionamento della persona nella sua totalità, e anche in quel caso facendo sempre uno sforzo per compensare la funzione sacrificata; e 2) le facoltà fondamentali che appartengono essenzialmente all'essere umano non vengano mai sacrificate, tranne che nel caso in cui ciò sia necessario per salvare la vita.
84. I vari organi e gli arti che insieme costituiscono una unità fisica sono, in quanto parti integranti, completamente assorbiti nel corpo e ad esso subordinati. Ma i valori inferiori non possono essere semplicemente sacrificati a beneficio di quelli superiori: tutti questi valori insieme costituiscono una unità organica e sono in un rapporto di reciproca dipendenza. Poiché il corpo, in quanto parte intrinseca della persona umana, è un bene in se stesso, le facoltà umane fondamentali possono essere sacrificate soltanto per preservare la vita. Dopo tutto, la vita è un bene fondamentale che interessa la totalità della persona umana. In assenza del fondamentale bene della vita, i valori — come, ad esempio, la libertà — che sono di per sé superiori alla vita stessa cessano di esistere. Poiché l'uomo è stato creato a immagine di Dio anche nella sua corporeità, egli non ha nessun diritto di disporre pienamente della sua stessa natura biologica. Dio stesso e l'essere creato a sua immagine non possono essere oggetto di un'azione umana arbitraria.
85. Perché possa applicarsi il principio di totalità e di integrità devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: 1) deve trattarsi di un intervento a carico di quella parte del corpo che è o colpita o causa diretta di una situazione pericolosa per la vita; 2) non devono esistere altre alternative per salvare la vita; 3) deve esservi una probabilità di successo proporzionata ai rischi e alle conseguenze negative dell'intervento; 4) deve esserci il consenso del paziente. Gli effetti collaterali negativi derivanti dall'intervento possono essere giustificati in base al principio del duplice effetto.
86. Alcuni hanno tentato di interpretare questa gerarchia di valori in modo tale da legittimare il sacrificio delle funzioni inferiori, come, ad esempio, la capacità procreativa, a tutela di valori più alti, come, ad esempio, la salute mentale o migliori rapporti con gli altri. Tuttavia la facoltà riproduttiva viene qui sacrificata per mantenere elementi che possono essere essenziali alla persona in quanto totalità funzionante, ma non sono essenziali alla persona in quanto totalità vivente. In realtà, la persona in quanto totalità funzionante è violata dalla perdita della facoltà riproduttiva, e in un momento in cui la minaccia alla sua salute mentale non è imminente e potrebbe essere scongiurata in altro modo. Inoltre questa interpretazione del principio di totalità introduce la possibilità di sacrificare una parte del corpo a favore di interessi sociali. Secondo questo ragionamento, la sterilizzazione per motivi di eugenetica potrebbe essere giustificata in ragione di interessi di Stato.
87. La vita umana è frutto dell'amore coniugale — la donazione reciproca, totale, definitiva ed esclusiva tra uomo e donna — che rispecchia il dono di amore tra le tre Persone Divine che diventa fecondo nella creazione, e il dono di Cristo alla sua Chiesa che diventa fecondo nella rinascita dell'uomo. Il fatto che una donazione totale dell'uomo interessa tanto il suo spirito quanto il suo corpo è alla base dell'inseparabilità dei due significati dell'atto coniugale, che 1) è autentica espressione dell'amore sponsale a livello fisico e 2) arriva a compimento attraverso la procreazione nel periodo fertile della donna (Humanae vitae, n. 12; Familiaris consortio, n. 32).
88. La reciproca donazione di sé tra uomo e donna nell'intimità sessuale è resa incompleta dalla contraccezione o dalla sterilizzazione. Se inoltre viene utilizzata una tecnica che non coadiuva l'atto coniugale nel raggiungimento del suo obiettivo, ma si sostituisce a tale atto, in modo che il concepimento avviene per intervento di una parte terza, allora il bambino così procreato non nasce dall'atto coniugale che è espressione autentica della donazione reciproca dei genitori.
89. Nel caso della clonazione — la produzione di individui geneticamente identici tramite la divisione dell'embrione o attraverso il trapianto del nucleo — il bambino è generato in modo asessuato e non può essere in nessun modo considerato il frutto di un reciproco dono di amore. La clonazione, ancor più se comporta la produzione di un gran numero di persone a partire da un singolo individuo, rappresenta una violazione dell'identità della persona. La comunità umana, che come abbiamo osservato deve essere anch'essa considerata immagine del Dio uno e trino, esprime nella sua varietà qualcosa delle relazioni delle tre Persone Divine nella loro unicità, che, pur nella stessa natura, ne segna le mutue differenze.
90. L'ingegneria genetica sulla linea germinale finalizzata a un intento terapeutico sarebbe in se stessa accettabile se non risultasse difficile immaginare come un intervento del genere possa essere attuato senza rischi sproporzionati soprattutto nella prima fase sperimentale, quali, ad esempio, la massiccia perdita di embrioni e l'incidenza di effetti indesiderati, e senza ricorrere all'uso di tecniche riproduttive. Una possibile alternativa sarebbe il ricorso alla terapia genica sulle cellule staminali che producono gli spermatozoi dell'uomo, in modo che questi possa concepire una prole sana, utilizzando il suo stesso seme nell'atto coniugale.
91. Un tipo di ingegneria genetica tende a migliorare alcune caratteristiche specifiche. Si potrebbe cercare di giustificare la gestione dell'evoluzione umana mediante tale tipo di intervento invocando il concetto dell'uomo «co-creatore» con Dio. Ma questo significherebbe che l'uomo ha il pieno diritto di disporre della sua natura biologica. Modificare l'identità genetica dell'uomo in quanto persona umana attraverso la creazione di un essere infraumano è radicalmente immorale. Il ricorso a modificazioni genetiche per produrre un essere superumano o un essere con facoltà spirituali essenzialmente nuove è inconcepibile, posto che il principio di vita spirituale dell'uomo — che forma la materia nel corpo della persona umana — non è prodotto dalle mani dell'uomo e non è soggetto all'ingegneria genetica. L'unicità di ogni persona umana, in parte costituita dalle sue caratteristiche biogenetiche e sviluppata attraverso l'educazione e la crescita, le appartiene intrinsecamente e non può essere strumentalizzata per migliorare alcune di queste caratteristiche. Un uomo può veramente migliorare soltanto realizzando più pienamente l'immagine di Dio in lui, unendosi a Cristo e nell'imitazione di Cristo. Queste modifiche, in ogni caso, violerebbero la libertà di persone future che non hanno avuto modo di intervenire in decisioni che determinano le loro caratteristiche e la loro struttura fisica in modo significativo e forse irreversibile. La terapia genica finalizzata ad alleviare patologie congenite, come la sindrome di Down, sicuramente eserciterebbe un impatto sull'identità della persona in questione con riferimento al suo aspetto e alle sue capacità intellettive, ma una tale modifica aiuterebbe la persona a dare piena espressione alla sua vera identità, bloccata da un gene difettoso.
92. Gli interventi terapeutici servono a ripristinare le funzioni fisiche, mentali e spirituali, dando alla persona una posizione centrale e rispettando pienamente la finalità dei vari livelli nell'uomo in relazione a quelli della persona. Avendo un carattere terapeutico, la medicina che si mette al servizio dell'uomo e del suo corpo in quanto fini in se stessi rispetta l'immagine di Dio in entrambi. Secondo il principio di proporzionalità, le terapie straordinarie finalizzate a prolungare la vita devono essere utilizzate quando esiste una giusta proporzione tra i risultati positivi che se ne attendono e i possibili danni per il paziente. Laddove sia invece assente tale proporzionalità, la terapia può essere sospesa, anche se così ne risultasse abbreviata la vita del paziente. Nella terapia palliativa un decesso anticipato a seguito della somministrazione di analgesici rappresenta un effetto indiretto che, come tutti gli effetti collaterali in medicina, può rientrare nel principio del duplice effetto, sempre che il dosaggio sia calibrato alla soppressione del dolore e non alla cessazione della vita.
93. Disporre della morte è in realtà il modo più radicale di disporre della vita. Nel suicidio assistito, nell'eutanasia diretta e nell'aborto diretto — per quanto tragiche e complesse possano essere le situazioni personali — la vita fisica è sacrificata per una finalità autodeterminata. Ricade nella medesima categoria la strumentalizzazione dell'embrione, che avviene sia nella sperimentazione sugli embrioni, sia nella diagnosi preimpianto.
94. Il nostro status ontologico di creature fatte a immagine di Dio impone determinati limiti alla nostra capacità di disporre di noi stessi. La signoria attribuitaci non è illimitata: noi esercitiamo una certa signoria partecipata sul mondo creato e, infine, dobbiamo rendere conto del nostro servizio al Signore dell'Universo. L'uomo è creato a immagine di Dio, ma non è egli stesso Dio.
Conclusione
95. Lungo il corso di queste riflessioni, il tema dell'imago Dei ha dimostrato la sua capacità sistematica di chiarire molte verità della fede cristiana. Ci aiuta a presentare una concezione relazionale — addirittura personale — degli esseri umani. È proprio questa relazione con Dio che definisce gli esseri umani ed è fondamento del loro rapporto con le altre creature. Ciononostante, come abbiamo visto, il mistero dell'uomo può essere pienamente chiarito soltanto alla luce di Cristo, che è immagine perfetta del Padre e che ci introduce, attraverso lo Spirito Santo, a una partecipazione al mistero di Dio uno e trino. È all'interno di questa comunione di amore che il mistero di ogni essere, abbracciato da Dio, trova il suo pieno significato. Al tempo stesso grandiosa e umile, questa concezione dell'essere umano come immagine di Dio rappresenta una guida per le relazioni tra l'uomo e il mondo creato, ed è la base su cui valutare la legittimità dei progressi tecnici e scientifici che hanno un impatto diretto sulla vita umana e sull'ambiente. In queste aree, proprio come le persone umane sono chiamate a rendere testimonianza della loro partecipazione alla creatività divina, così sono anche tenute a riconoscere la loro posizione di creature alle quali Dio ha affidato la preziosa responsabilità di amministrare l'universo fisico.