Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium (Proemio IV-V)

Questa Costituzione Apostolica indirizzata alle facoltà ecclesiastiche descrive i criteri che consentono alla teologia cristiana di porsi in dialogo con la cultura e la società. In particolare, il terzo e quarto punto del Proemio toccano da vicino il dialogo tra teologia e pensiero scientifico e la necessità di un approccio interdisciplinare alla verità

4. In questo orizzonte vasto e inedito che si apre dinanzi a noi, quali devono essere i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria? Ne possiamo enunciare qui almeno quattro, nel solco dell’insegnamento del Vaticano II e dell’esperienza della Chiesa maturata in questi decenni alla sua scuola, in ascolto dello Spirito Santo e delle esigenze più profonde e degli interrogativi più acuti della famiglia umana.

a) Innanzi tutto, criterio prioritario e permanente è quello della contemplazione e della introduzione spirituale, intellettuale ed esistenziale nel cuore del kerygma, e cioè della sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù[1] «che va facendosi carne sempre più e sempre meglio[2] nella vita della Chiesa e dell’umanità. È questo il mistero della salvezza di cui la Chiesa è in Cristo segno e strumento in mezzo agli uomini[3]: «un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore, che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale […] e che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio»[4].

Da questa concentrazione vitale e gioiosa sul volto di Dio rivelato in Gesù Cristo come Padre ricco di misericordia (cfr Ef 2,4)[5] discende l’esperienza liberante e responsabile di vivere come Chiesa la «mistica del noi»[6] che si fa lievito di quella fraternità universale «che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono»[7]. Di qui l’imperativo ad ascoltare nel cuore e a far risuonare nella mente il grido dei poveri e della terra[8], per dare concretezza alla «dimensione sociale dell’evangelizzazione»[9] quale parte integrale della missione della Chiesa: perché «Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini»[10]. E’ vero, infatti, che «la bellezza del Vangelo non sempre può essere adeguatamente manifestata da noi, ma c’è un segno che non deve mai mancare: l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via»[11]. Questa opzione deve permeare la presentazione e l’approfondimento della verità cristiana.

Di qui, ancora, l’accento peculiare, nella formazione a una cultura cristianamente ispirata, a scoprire in tutta la creazione l’impronta trinitaria che fa del cosmo in cui viviamo «una trama di relazioni» in cui «è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa», propiziando «una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità»[12].

b) Un secondo criterio ispiratore, intimamente coerente con il precedente e da esso conseguente, è quello del dialogo a tutto campo: non come mero atteggiamento tattico, ma come esigenza intrinseca per fare esperienza comunitaria della gioia della Verità e per approfondirne il significato e le implicazioni pratiche. Ciò che il Vangelo e la dottrina della Chiesa sono chiamati oggi a promuovere, in generosa e aperta sinergia con tutte le istanze positive che fermentano la crescita della coscienza umana universale, è un’autentica cultura dell’incontro[13], una cultura anzi, possiamo ben dire, dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture, grazie al reciproco scambio dei propri rispettivi doni nello spazio di luce dischiuso dall’amore di Dio per tutte le sue creature.

Come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, «la verità è “logos” che crea “dia-logos” e quindi comunicazione e comunione»[14]. In questa luce, la Sapientia christiana, richiamandosi alla Gaudium et spes, invita a favorire il dialogo con i cristiani appartenenti alle altre Chiese e comunità ecclesiali e con coloro che aderiscono ad altre convinzioni religiose o umanistiche, e insieme a tenersi «in relazione con gli studiosi delle altre discipline, siano essi credenti o non credenti», cercando «di ben intendere e valutare le loro affermazioni, e di giudicarle alla luce della verità rivelata»[15].

Da ciò deriva la felice e urgente opportunità di rivedere in quest’ottica e in questo spirito l’architettonica e la dinamica metodica dei curricula di studi proposti dal sistema degli studi ecclesiastici, nella loro scaturigine teologica, nei loro principi ispiratori e nei loro diversi livelli di articolazione disciplinare, pedagogica e didattica. Tale opportunità si esplicita in un impegno esigente ma altamente produttivo: ripensare e aggiornare intenzionalità e organicità delle discipline e degli insegnamenti impartiti negli studi ecclesiastici in questa specifica logica e secondo questa specifica intenzionalità. Oggi infatti «si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente, e che susciti valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi»[16].

c) Di qui il terzo fondamentale criterio che voglio richiamare: l’inter- e la trans-disciplinarietà esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione. Ciò che qualifica la proposta accademica, formativa e di ricerca del sistema degli studi ecclesiastici, sul livello sia del contenuto sia del metodo, è il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni.

Si tratta di offrire, attraverso i diversi percorsi proposti dagli studi ecclesiastici, una pluralità di saperi, corrispondente alla ricchezza multiforme del reale nella luce dischiusa dall’evento della Rivelazione, che sia al tempo stesso armonicamente e dinamicamente raccolta nell’unità della sua sorgente trascendente e della sua intenzionalità storica e metastorica, quale è dispiegata escatologicamente in Cristo Gesù: «In Lui – scrive l’apostolo Paolo –, sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3). Questo principio teologico e antropologico, esistenziale ed epistemico riveste un peculiare significato ed è chiamato a esibire tutta la sua efficacia non solo all’interno del sistema degli studi ecclesiastici: garantendogli coesione insieme a flessibilità, organicità insieme a dinamicità; ma anche in rapporto al frammentato e non di rado disintegrato panorama odierno degli studi universitari e al pluralismo incerto, conflittuale o relativistico, delle convinzioni e delle opzioni culturali.

Oggi – come ha ribadito Benedetto XVI nella Caritas in veritate, approfondendo il messaggio culturale della Popolorum progressio di Paolo VI – «c’è mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa»[17]. Qui si gioca, in specifico, la mission che è confidata al sistema degli studi ecclesiastici. Questa precisa e orientatrice direttiva di marcia non solo esplicita l’intrinseco significato veritativo del sistema degli studi ecclesiastici, ma ne evidenzia anche, soprattutto oggi, l’effettiva rilevanza culturale e umanizzante. In tal senso, è senz’altro positiva e promettente l’odierna riscoperta del principio dell’interdisciplinarietà[18]: non tanto nella sua forma “debole” di semplice multidisciplinarità, come approccio che favorisce una migliore comprensione da più punti di vista di un oggetto di studio; quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio.

Così che chi è formato nel quadro delle istituzioni promosse dal sistema degli studi ecclesiastici – come auspicava il Beato J.H. Newman – sappia «dove collocare se stesso e la propria scienza, a cui giunge, per così dire, da una sommità, dopo aver avuto una visione globale di tutto il sapere»[19]. Anche il Beato Antonio Rosmini, sin dall’800, invitava a una decisa riforma nel campo dell’educazione cristiana, ristabilendo i quattro pilastri su cui essa saldamente poggiava nei primi secoli dell’era cristiana: «l’unicità di scienza, la comunicazione di santità, la consuetudine di vita, la scambievolezza di amore». L’essenziale – egli argomentava – è ridare unità di contenuto, di prospettiva, di obiettivo, alla scienza che viene impartita a partire dalla Parola di Dio e dal suo culmine in Cristo Gesù, Verbo di Dio fatto carne. Se non vi è questo centro vivo, la scienza non ha «né radice né unità» e resta semplicemente «attaccata e per così dir pendente alla giovanile memoria». Solo così diventa possibile superare la «nefasta separazione tra teoria e pratica», perché nell’unità tra scienza e santità «consiste propriamente la genuina indole della dottrina destinata a salvare il mondo», il cui «ammaestramento [nei tempi antichi] non finiva in una breve lezione giornaliera, ma consisteva in una continua conversazione che avevano i discepoli co’ maestri»[20].

d) Un quarto e ultimo criterio concerne la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici, attivando con decisione le opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose, dando vita al contempo a centri specializzati di ricerca finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione.

Come ho sottolineato nella Laudato sì, «dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune»[21]. La presa di coscienza di questa interdipendenza «ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune»[22]. La Chiesa, in particolare, in sintonia convinta e profetica con l’impulso a una sua rinnovata presenza e missione nella storia promosso dal Vaticano II, è chiamata a sperimentare che la cattolicità che la qualifica come fermento di unità nella diversità e di comunione nella libertà, esige per sé e propizia «la polarità tensionale tra il particolare e l’universale, tra l’uno e il multiplo, tra il semplice e il complesso. Annichilire questa tensione va contro la vita dello Spirito»[23]. Si tratta pertanto di praticare a una forma di conoscenza e d’interpretazione della realtà, nella luce del «pensiero di Cristo» (cfr 1 Cor 2,16), in cui il modello di riferimento e di risoluzione dei problemi «non è la sfera […] dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro», ma «il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità»[24].

In realtà, «come possiamo vedere nella storia della Chiesa, il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale, bensì, “restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla Tradizione ecclesiale, esso porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato”[25]. Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra “la bellezza di questo volto pluriforme”[26]. Nelle espressioni cristiane di un popolo evangelizzato, lo Spirito Santo abbellisce la Chiesa, mostrandole nuovi aspetti della Rivelazione e regalandole un nuovo volto»[27].

Questa prospettiva – è evidente – traccia un compito esigente per la teologia così come, nelle loro specifiche competenze, per le altre discipline contemplate negli studi ecclesiastici. Con una bella immagine Benedetto XVI, riferendosi alla Tradizione della Chiesa, ha affermato che essa «non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti»[28]. «Questo fiume irriga diverse terre, alimenta diverse geografie, facendo germogliare il meglio di quella terra, il meglio di quella cultura. In questo modo, il Vangelo continua a incarnarsi in tutti gli angoli del mondo, in maniera sempre nuova»[29]. La teologia, non vi è dubbio, dev’essere radicata e fondata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione vivente, ma proprio per questo deve accompagnare simultaneamente i processi culturali e sociali, in particolare le transizioni difficili. Anzi, «in questo tempo la teologia deve farsi carico anche dei conflitti: non solamente quelli che sperimentiamo dentro la Chiesa, ma anche quelli che riguardano il mondo intero»[30]. Si tratta di «accettare, di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo», acquisendo «uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita. Non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla risoluzione si di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto»[31].

5. Nel rilanciare gli studi ecclesiastici si avverte la viva esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica condotta nelle nostre Università e Facoltà ecclesiastiche. La Costituzione Apostolica Sapientia christiana introduceva la ricerca come un «dovere fondamentale» in costante «contatto con la realtà stessa […] per comunicare la dottrina agli uomini del proprio tempo nella varietà delle culture»[32]. Ma nella nostra epoca, segnata dalla condizione multiculturale e multietnica, nuove dinamiche sociali e culturali impongono un allargamento di questi scopi. Difatti per adempiere alla missione salvifica della Chiesa «non è sufficiente la preoccupazione dell’evangelizzatore di giungere ad ogni persona […] il Vangelo si annuncia anche alle culture nel loro insieme»[33]. Gli studi ecclesiastici non possono limitarsi a trasferire conoscenze, competenze, esperienze, agli uomini e alle donne del nostro tempo, desiderosi di crescere nella loro consapevolezza cristiana, ma devono acquisire l’urgente compito di elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi d’azione e di pensiero, utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso. Ciò richiede non solo una profonda consapevolezza teologica, ma la capacità di concepire, disegnare e realizzare, sistemi di rappresentazione della religione cristiana capace di entrare in profondità in sistemi culturali diversi. Tutto questo invoca un innalzamento della qualità della ricerca scientifica e un avanzamento progressivo del livello degli studi teologici e delle scienze collegate. Non si tratta solo di estendere il campo della diagnosi, di arricchire il complesso dei dati a disposizioni per leggere la realtà[34], ma di approfondire per «comunicare meglio la verità del Vangelo in un contesto determinato, senza rinunciare alla verità, al bene e alla luce che può apportare quando la perfezione non è possibile»[35].

Affido in primo luogo alla ricerca condotta nelle Università, Facoltà e Istituti ecclesiastici il compito di sviluppare quella «apologetica originale» che ho indicato nella Evangelii gaudium, affinché esse aiutino «a creare le disposizioni perché il Vangelo sia ascoltato da tutti»[36].

In questo contesto, indispensabile diventa la creazione di nuovi e qualificati centri di ricerca in cui possano interagire con libertà responsabile e trasparenza reciproca – come ho auspicato nella Laudato si’ – studiosi provenienti dai diversi universi religiosi e dalle differenti competenze scientifiche, in modo da «entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità»[37]. In tutti i Paesi, le Università costituiscono la sede primaria della ricerca scientifica per il progresso delle conoscenze e della società, svolgendo un ruolo determinante per lo sviluppo economico, sociale e culturale, soprattutto in un tempo come il nostro segnato da veloci, costanti e vistosi cambiamenti nel campo delle scienze e delle tecnologie. Anche negli accordi internazionali viene rimarcata la responsabilità centrale dell’Università nelle politiche della ricerca e la necessità di coordinarle creando reti di centri specializzati così da facilitare, tra l’altro, la mobilità dei ricercatori.

In questo senso, si stanno progettando poli di eccellenza interdisciplinari e iniziative finalizzate ad accompagnare l’evoluzione delle tecnologie avanzate, la qualificazione delle risorse umane e i programmi di integrazione. Anche gli studi ecclesiastici, nello spirito di una Chiesa “in uscita”, sono chiamati a dotarsi di centri specializzati che approfondiscano il dialogo con i diversi ambiti scientifici. In particolare, la ricerca condivisa e convergente tra specialisti di diverse discipline viene a costituire un qualificato servizio al Popolo di Dio, e in particolare al Magistero, nonché un sostegno della missione della Chiesa di annunciare la buona novella di Cristo a tutti, dialogando con le diverse scienze a servizio di una sempre più profonda penetrazione e applicazione della verità nella vita personale e sociale.

Gli studi ecclesiastici saranno così in grado di apportare il loro specifico e insostituibile contributo ispiratore e orientatore, e potranno enucleare ed esprimere in forma nuova, interpellante e realistica il proprio compito. È sempre stato e sempre sarà così! La teologia e la cultura d’ispirazione cristiana sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera. «Le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi c’interrogano. Tutto ciò ci aiuta ad approfondire il mistero della Parola di Dio, Parola che esige e chiede che si dialoghi, che si entri in comunione»[38].


Note

[1] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11; 34ss.; 164-165.
[2] Ibid., 165.
[3] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1.
[4] Esort. ap. Evangelii gaudium, 111.
[5] Cfr Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus, 11 aprile 2015.
[6] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 87 e 272.
[7] Ibid., 92.
[8] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 49.
[9] Cfr Esort ap. Evangelii gaudium, cap. 4.
[10] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 52; cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 178.
[11] Esort. ap. Evangelii gaudium, 195.
[12] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 240.
[13] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 239.
[14] Lett. enc. Caritas in veritate, 4.
[15] Proemio, III; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 62.
[16] Esort. ap. Evangelii gaudium, 74.
[17] N. 31.
[18] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 134.
[19] L’Idea di Università, tr. it., Vita e Pensiero, Milano 1976, p. 201.
[20] Cfr Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, a cura di A. Valle, (Opere di Antonio Rosmini, vol 56) Città Nuova Ed., Roma 19982, cap. II, passim.
[21] N. 164.
[22] Ibid.
[23] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015.
[24] Esort. ap. Evangelii gaudium, 236.
[25] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo Millennio ineunte, 6 gennaio 2001), 40.
[26] Ibid.
[27] Esort. ap. Evangelii gaudium, 116.
[28] Catechesi, 26 aprile 2006.
[29] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015, in riferimento qui a Evangelii gaudium, 115.
[30] Lettera al Gran Cancelliere della Pontificia Universidad Católica Argentina nel centesimo anniversario della Facoltà di Teologia, 3 marzo 2015.
[31] Esort. ap. Evangelii gaudium, 227-228.
[32] Proemio, III.
[33] Esort. ap. Evangelii gaudium, 133.
[34] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 47; Esort. ap. Evangelii gaudium, 50.
[35] Esort. ap. Evangelii gaudium, 45.
[36] Ibid., 132.
[37] N. 201.
[38] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015.