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Il corpo umano come un tutto osservabile e come organismo

Karol Józef Wojtyła
1969

Persona e atto

In Persona e Atto Karol Wojtyła affronta con estremo rigore e dovizia di particolari la tematica dell'integrità del corpo dell'uomo e della sua osservabilità in quanto organismo, in cui ogni membro ha un proprio posto e svolge una propria funzione. Il lettore viene accompagnato in un approfondimento delle funzioni e dei comportamenti propri dell'uomo al fine di comprenderne la sua unicità. Nell'uomo, infatti, si distinguono una parte somatica e una psichica, la cui relazione e interazione determinano l'integrazione della persona, come ben spiega Wojtyła: "l'integrazione della persona nell'atto, che passa attraverso il corpo e si esprime in esso, rivela allo stesso tempo il senso profondo dell'integrità dell'uomo come persona. L'anima, intendiamo l'anima spirituale, deve essere il principio definitivo di tale integrità. La persona non si identifica con il solo corpo." 

Parlando della somatica pensiamo al corpo umano, prima nel senso corrente della parola cioè prescientifico, poi in quello scientifico. Il corpo è materia, realtà visibile, che cade sotto i sensi ed accessibile ad essi. Accessibile innanzitutto dall’esterno. La forma esteriore del corpo determina, in primo luogo, ciò che è visibile nell’uomo, costituisce il suo aspetto particolare e produce l’impressione particolare che quell’uomo suscita. Il corpo umano così inteso si compone di differenti membra; ogni membro ha nel corpo umano un proprio posto e svolge una sua propria funzione. Si tratta, per il momento, della funzione osservabile dall’esterno. Grazie a ciò il corpo umano si presenta anche dall’esterno come un insieme di membra, costituito in un modo proprio solo nell’uomo. Il che comprende non solo la distribuzione spaziale delle varie membra del corpo, ma anche il loro reciproco coordinamento in tutta la figura esterna dell'uomo. Al sostantivo «forma» corrisponde l'aggettivo «formato» che qualifica l'uomo dal punto di vista della distribuzione e del coordinamento delle membra del suo corpo. Nondimeno questo insieme osservabile dall'esterno non esaurisce del tutto la realtà del corpo umano, come quella del corpo degli animali o delle piante. Il corpo possiede anche una sua propria interiorità. E prendendo in considerazione l'interiorità del corpo, parliamo dell'organismo umano. L'organismo definisce il corpo dall'interno nella complessità che gli è propria. Se dall'esterno tale complessità si manifesta nella diversità e nel coordinamento vicendevole delle membra, dall'interno essa si manifesta nella diversità e nel mutuo coordinamento degli organi del corpo. Gli organi determinano la vitalità, cioè il dinamismo del corpo cui corrisponde la potenzialità somatica. Il termine «somatica» (dal greco soma) indica il corpo, sia nell'aspetto esteriore che in quello interiore del suo sistema. Parlando dunque del dinamismo somatico, intendiamo la realtà esteriore del corpo con le sue membra e la realtà interiore dell'organismo: il sistema e la funzione globale di tutti gli organi del corpo.

 

Integrità psico-somatica dell' uomo

Esiste dunque fra la somatica, così come l'abbiamo intesa, e la psiche dell'uomo un'intima relazione e una dipendenza consistente soprattutto nel condizionamento della psiche da parte di alcune funzioni somatiche. Il termine «psiche» (dal greco psyche) indica l'anima tuttavia non nel senso immediatamente metafisico della parola. Innanzitutto in senso «fisico» e in qualche modo fenomenico. Si tratta qui in particolare di tutte le manifestazioni della vita umana integrale, di per sé non corporee, materiali, ma che nel contempo rivelano una certa dipendenza dal corpo, un certo condizionamento somatico. Così ad esempio lo sguardo degli occhi o l'emozione non sono per se stessi corporei, ma mostrano una certa dipendenza dal corpo e un legame con esso. La ricca sfera dei fatti psichici si lascia facilmente distinguere nell'insieme del dinamismo proprio dell'uomo. Tuttavia nella loro distinzione dalla somatica, da ciò che di per sé è corporeo e difficile non osservare allo stesso tempo la dipendenza ed il condizionamento dal soma, dal corpo come organismo. La constatazione di questa distinzione e dipendenza è antica quanta la scienza che si occupa dell'uomo. In particolare dobbiamo molto alla filosofia di Aristotele, che con il suo approccio realistico al mondo fisico ha fornito le basi alla metafisica e all'antropologia più di Platone con il suo atteggiamento verso il mondo delle idee. L'integrazione della persona nell'atto poggia sul condizionamento della psiche da parte della somatica. Da qui l'uomo attinge la sua integrità. L’integrità dell'uomo non è solo presenza in lui di tutte le componenti della sfera somatica e psichica, ma anche sistema di condizionamenti reciproci che rendono possibili le funzioni proprie dell'uomo, dell'una e dell'altra. Essa è dunque integrità non statica ma dinamica. Per quanto riguarda la direzione dei condizionamenti reciproci, essa va in un certo modo dall'esterno all'interno, quando si tratta del condizionamento delle funzioni psichiche da parte di quelle somatiche, e dall'interno all'esterno allorché si tratta dell'espressione somatica delle funzioni psichiche. La psicologia, o piuttosto l'antropologia aristotelico-tomistica, distingue nella prima direzione il condizionamento somatico delle funzioni psichiche «dall'interno»: in tal modo sono condizionate somaticamente tutte le funzioni dei sensi; ed il condizionamento solo «dall'esterno»: in tal modo vengono condizionate somaticamente le funzioni spirituali dell'uomo. Le funzioni spirituali sono infatti internamente indipendenti dalla materia. L'integrità dell'uomo in senso empirico si verifica dinamicamente: dalla regolarità delle funzioni che dipende dall'insieme dei condizionamenti della psiche da parte della somatica e, nella direzione dell'espressione, della somatica da parte della psiche. Su questo insieme dinamico poggia anche l'interpretazione della persona nell'atto. Indichiamo con il termine «disintegrazione» i diversi difetti presenti in questa sfera.

 

La persona e il corpo: reminiscenza di ilemorfismo

Sembra a questo punto che sia già stato creato sufficientemente lo sfondo per impostare il problema «persona e corpo» che in un certo senso già è stato posto. Nel distinguere il corpo ed il suo ruolo dinamico nell’insieme dinamico della persona e dell'atto, sembra che non corriamo il rischio di arrivare ad una forma di «assolutizzazione dell'aspetto». È chiaro che non possiamo esaminare il corpo umano staccandolo da quel tutto che è l'uomo, cioè senza comprendere allo stesso tempo che egli è persona. Né possiamo esaminare a fondo i dinamismi e la potenzialità propri del corpo umano senza la comprensione essenziale dell'atto e della sua specificità personale. A questo riguardo bisogna accogliere la visione della realtà umana, che ci ha dato la filosofia tradizionale (Aristotele, Tommaso d’Aquino), scoprendo nell'uomo, a somiglianza degli altri esseri del mondo visibile, oltre all'elemento «materia-hyle» anche l'altro fattore «forma-morphé». Da qui là teoria dell'ilemorfismo e nell'ambito di essa l'analisi dell'essere umano. L'accettazione fondamentale di questa visione non implica tuttavia l'intenzione di ripetere le formulazioni proprie della dottrina dell'«ilemorfismo». Già le considerazioni fatte fin qui indicano forse sufficientemente lo sforzo di riscoprire la realtà dinamica umana, come realtà della persona e dell'atto, benché il concetto di tale realtà nell'antropologia filosofica tradizionale sia a suo modo completo.

 

La costituzione somatica come base di concretizzazione della persona

Per quanto riguarda il corpo nella sua stretta appartenenza alla persona umana, possiamo soffermarci sulla concezione, in un certo senso statica, di tale problema. L'appartenenza del corpo alla persona umana è così strettamente necessaria che esso rientra nella definizione dell'uomo, se non altro indirettamente come in quella assai frequente «homo est animal rationale»: nel concetto animale compreso il corpo e la corporalità. Il corpo determina la concretezza dell'uomo, che in parte è stata espressa dalla tesi metafisica sull'individualizzazione dell'uomo attraverso la materia. Così avviene almeno nell'esperienza esterna che ci permette di cogliere ciò che nell'uomo è visibile. Si può porre un segno di uguaglianza fra «visibile» ed «esterno». L'uomo si esteriorizza, già in senso statico, attraverso il corpo e la sua specifica struttura strettamente individuale. Qui viene usato anche il termine «costituzione», tuttavia esso non coincide solo con la struttura del corpo osservabile dall'esterno, ma sembra includere anche il suo sistema interno, che accompagna l'insieme somatico esterno, anzi lo determina. Nel concetto di costituzione comprendiamo non solo la forma esterna del corpo, ma anche il sistema dinamico dei fattori interni organico-strutturali che contribuiscono a tale forma. Questo tratto costituzionale dell'uomo, benché emerga già nella sua «statica», penetra con evidenza anche nella dinamica. Emerge specialmente nella mobilità caratteristica di ogni uomo. Possiamo scorgere questa mobilita dall'esterno, e dalla sua osservazione introdurre delle differenziazioni fra gli uomini. Queste differenziazioni hanno suggerito da tempo agli antropologi l'idea di certe somiglianze costituzionali e, dal punta di vista somatico, di certi tipi di uomini. Inoltre, conformemente a quanto è stato detto in precedenza sul condizionamento della psiche umana da parte della somatica tali somiglianze e tipi si evidenziano anche nella psiche. Di qui tutto il problema dei temperamenti, che si protrae nella storia della scienza sull’uomo da Aristotele ai nostri giorni.

 

Il corpo come campo e mezzo di espressione della persona

In qualche modo siamo già passati dall'immagine statica dell'uomo costituito dal corpo a quella dinamica. La scienza antropologica con le sue diverse ramificazioni è in questa campo molto ricca. Ma quando si tratta di cogliere il rapporto tra il corpo e la persona, l'essenza del problema consiste per tutti, non esclusi i materialisti, nella giusta subordinazione dell'esteriorità visibile del corpo all'interiorità invisibile. Non si tratta in questo caso della semplice «interiorità» del corpo, dell'organismo come fondamento somatico della costituzione. Il corpo umano, come è generalmente inteso, nella sua dinamica visibile è terreno, e in certo senso persino mezzo di espressione della persona. La struttura strettamente personale dell'autodominio e dell'autopossesso attraversa in qualche modo il corpo e vi si esprime. Essa, com'è noto, si manifesta nell'atto e si realizza attraverso l'atto. Si lega intimamente alla capacità propria della persona di autodeterminazione, che si esprime ancora nella decisione e nella scelta, in cui è compreso il riferimento dinamico della verità. Tutta la trascendenza dinamica della persona, di per sé di natura spirituale, trova nel corpo umano il suo terreno e il suo mezzo d'espressione. Ciò viene confermato continuamente dagli atti, soprattutto dai cosiddetti actus externi, in cui si ha un'esteriorizzazione in qualche modo visibile (e comunque «visiva») dell'autodeterminazione, quindi dell'operatività della persona, nel corpo e tramite il corpo. Il corpo nel senso corrente della parola è allora terreno e, in un certo qual modo, mezzo del compimento dell’atto nonché del realizzarsi della persona nell'atto e attraverso l’atto. La manifestazione assai comune dell'integrazione della persona nell'atto, che in un certo senso passa attraverso il corpo e si esprime in esso, dimostra forse nella maniera più semplice il modo in cui il corpo appartiene alla persona. Questo argomento è stato più volte oggetto di indagini e di teorie, a partire da Platone che concepì l'uomo come sostanza spirituale che si serve del corpo-materia nella sua esistenza terrena, e da Aristotele sostenitore dell'unità sostanziale dell'anima e del corpo (cioè della forma e della materia) nell'essere umano individuale. Qui il problema viene per il momento considerato solo dal punto di vista dell'espressione, e solo in questo senso diciamo che il corpo diventa terreno e mezzo dell'esteriorizzazione dell'operatività e dell'auto­determinazione della persona. Diventa dunque anche mezzo e terreno di interiorizzazione per l'anima, per il dinamismo proprio della sua spiritualità, per la liberta in relazione dinamica con la verità, conformemente a quanto è stato detto alla fine delle analisi sulla trascendenza della persona nell'atto (cap. IV). L'integrazione della persona nell'atto, che passa attraverso il corpo e si esprime in esso, rivela allo stesso tempo il senso profondo dell'integrità dell'uomo come persona. L'anima, intendiamo l'anima spirituale, deve essere il principio definitivo di tale integrità. La persona non si identifica con il solo corpo. Ciò forse non lo affermano neanche i comportamentisti; del resto essi si occupano (in psicologia) solo delle manifestazioni esterne del «comportamento» dell'uomo, non cercano di spiegare nulla dall'«interno». II behaviorismo può essere solamente un metodo per descrivere, non per interpretare le azioni dell'uomo.

 

L’uomo-persona possiede il suo corpo e si serve di esso nell'agire

L'esteriorizzarsi della persona nel corpo e attraverso il corpo, che avviene innanzi tutto con l'atto, porta con sé il momento dell'oggettivazione. La persona diventa oggetto della sua azione. A questa oggettivazione partecipa in particolare il corpo. Ogni volta che l'esteriorizzazione della persona nell'atto si compie attraverso il corpo, quest'ultimo diventa al tempo stesso oggetto dell'azione. L'oggettivazione del corpo costituisce un aspetto particolare, o piuttosto un elemento integrale dell'oggettivazione di tutto il soggetto personale, cui appartiene il corpo, e nella cui soggettività entra strutturalmente. L'appartenenza del corpo all'«io» soggettivo non consiste in un'identificazione con esso. L'uomo non «è» il proprio corpo ma «possiede» il proprio corpo, Il possesso del proprio corpo condiziona la sua oggettivazione negli atti, e allo stesso tempo si esprime attraverso tale oggettivazione. L'uomo in modo particolare è consapevole di possedere il proprio corpo, allorché, nell'azione, si serve di esso come di un mezzo obbediente per esprimere la sua autodeterminazione. Attraverso l'obbedienza del corpo, che i tomisti sembrano esprimere con il termine usus passivus, si compie anche l'integrazione della persona nell'atto. La capacita di oggettivare il corpo e di servirsene nell'azione è un elemento importante della liberta personale dell'uomo. Attraverso questo momento e coefficiente somatico dell'oggettivazione personale si realizza e si esprime la struttura dell'autopossesso e dell'autodominio propria della persona umana. L'uomo come persona possiede se stesso proprio nell'aspetto somatico in quanto possiede il suo corpo, e domina se stesso per il fatto che domina il suo corpo. Così la relazione della persona con il corpo ci appare «all'esterno», nell'atto della persona. Da qui scaturiscono inoltre diverse conseguenze importanti per la psicologia dell'azione e per l'etica.

    

K. Wojtyła, Metafisica della persona. Tutte le opere filosofiche e saggi integrativi, Bompiani, Milano 2003, pp. 1086-1094