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Solo a Dio compete il creare

Agostino di Ippona
413-427

De civitate Dei, XII

In questo brano tratto dal De Civitate Dei, Agostino mostra come l’azione creatrice di Dio sia superiore a quella di ogni altro essere che genera, produce trasforma e si differenzi da quella di un qualsivoglia demiurgo platonico: «il suo potere non fenomenico, penetrando tutte le cose con una presenza metempirica, fa che esista tutto ciò che in qualunque modo esiste in quanto esiste. Se egli non lo producesse, non solo non sarebbe questo o quell'altro essere, ma non potrebbe affatto esistere».

24. Quelli della scuola di Platone credono che tutti i viventi mortali sono stati prodotti non dal Dio sommo, che ha creato il mondo, ma per sua permissione o comando da altri dèi inferiori [cfr. Platone, Timeo, 41a-43b], che egli ha creato e che l'uomo occuperebbe fra i viventi un posto eminente e di origine comune con gli dèi stessi. Se i platonici si libereranno dalla superstizione, in base alla quale tentano di giustificare feste e riti sacri in onore degli dèi come a loro creatori, si libereranno anche da questa erronea dottrina. Non è lecito credere e dire, anche prima che se ne possa avere conoscenza razionale, che ci sia, oltre Dio, altro creatore di qualsiasi essere per quanto piccolo e mortale. Gli angeli, che essi preferibilmente chiamano dèi, anche se applicano per comando o permissione la loro azione ai fenomeni del mondo, non sono considerati da noi creatori dei viventi, come delle biade e delle piante gli agricoltori.

25. Altra è la forma esterna che si applica all'esterno alle varie strutture dei corpi, come fanno i vasai e gli artigiani e operatori simili, che dipingono anche o foggiano raffigurazioni di animali; ed altra è la forma che all'interno contiene le cause efficienti per un segreto e occulto ordinamento di un essere vivente e intelligente, il quale non solo crea, perché non è creato, la forma fisica dei corpi ma anche l'anima dei viventi. La prima forma va attribuita a vari operatori, la seconda ad un solo operatore Dio, datore dell'essere e dell'esistenza, che senza alcun intervento del mondo e degli angeli ha creato il mondo e gli angeli. Mediante un potere divino e, per così dire, produttivo, che non conosce l'esser fatto ma il fare, hanno ricevuto la forma, nell'atto che era creato il mondo, la orbicolarità del cielo e quella del sole. E col medesimo potere divino e produttivo, che non conosce l'esser fatto ma il fare, ha ricevuto la forma la orbicolarità dell'occhio e quella del pomo e le altre figure fisiche che, come possiamo osservare nei vari fenomeni naturali, non sono applicate dall'esterno ma dalla potenza intimamente penetrante del Creatore. Egli ha detto appunto: Io riempio il cielo e la terra [Ger 23,24] ed è sua la sapienza che giunge da un termine all'altro con forza e dispone tutte le cose con dolcezza [Sap 8,1]. Non so quale cooperazione gli angeli creati per primi abbiano offerto al Creatore che creava il resto e non oso loro attribuire un compito impossibile e non devo loro limitare un compito possibile. Tuttavia per quanto riguarda la produzione iniziale degli esseri, con cui avviene che esistono in quanto esseri, l'attribuisco soltanto a Dio, col plauso anche degli angeli, perché anche essi riconobbero con gratitudine di dovere a lui il proprio essere. Noi dunque non consideriamo creatori dei vari frutti gli agricoltori perché troviamo scritto: Né chi pianta né chi irriga è qualche cosa ma Dio che fa crescere [1Cor 3,7]. Né possiamo considerare tale la terra, sebbene ci appaia come la madre feconda di tutti gli esseri che fa nascere dai semi e nutre attraverso le radici, perché troviamo scritto egualmente: Dio dà un corpo al seme secondo un suo disegno e ad ogni seme un proprio corpo [1Cor 15,38]. Così non dobbiamo considerare creatrice del suo feto la femmina ma piuttosto colui che ha detto a un suo servo: Ti conosco prima che ti formassi in un grembo [Ger 1,5]. E sebbene l'anima impressionata, in un senso o nell'altro, della pregnante possa quasi provvedere il feto di alcuni caratteri, come fece Giacobbe con i ramoscelli variamente striati per far nascere bestie diverse nel colore [cfr. Gen 30,37], tuttavia la madre non ha prodotto l'essere che viene generato come non ha prodotto se stessa. Dunque qualunque siano le cause fisiche o seminali che si applicano alla produzione dei fenomeni, tanto se essi sono operazioni di angeli, di uomini o di altri viventi, quanto se sono le unioni di maschi e femmine, qualunque siano inoltre i desideri e i sentimenti della madre che valgano a imprimere fattezze o colori nei feti teneri e impressionabili, soltanto Dio sommo crea gli esseri stessi che assumeranno l'una o l'altra determinazione nel proprio genere. Il suo potere non fenomenico, penetrando tutte le cose con una presenza metempirica, fa che esista tutto ciò che in qualunque modo esiste in quanto esiste. Se egli non lo producesse, non solo non sarebbe questo o quell'altro essere, ma non potrebbe affatto esistere. Il fatto che gli artigiani impongono la forma agli oggetti sensibili non significa che sono stati gli artigiani e gli architetti a fondare Roma e Alessandria, ma i re per cui volontà, decisione e comando sono state costruite, e cioè Romolo e Alessandro. A più forte ragione dunque soltanto Dio dobbiamo considerare Creatore degli esseri, perché egli non li produce da una materia che non abbia creato egli stesso e non impiega cooperatori che egli non abbia creato e se sottrae alle cose il suo potere, per dire così, produttivo, non esisteranno più come non esistevano prima che fossero prodotte. Intendo il "prima" secondo eternità e non secondo tempo. Ed è Creatore del tempo soltanto colui che creò le cose, dal cui divenire si svolse il tempo.

   

La città di Dio, XII, 24-25, tr. it. di D. Gentili, testo dell’Opera Omnia, edizione minima, Città Nuova, Roma 2000, pp. 626-629.