Elementi metafisici e religiosi nel pensiero illuministico

Elementi metafisici e religiosi nel pensiero illuministico è il titolo del terzo dei saggi riuniti in Illuminismo e Rococò, raccolta di scritti dedicati da Herbert Dieckmann al pensiero del secolo dei Lumi. Emigrato negli anni ’30 negli Stati Uniti d’America, dove ha insegnato e risieduto sino alla sua morte, Dieckmann è stato uno storico e teorico della letteratura noto soprattutto per i suoi studi sulla figura di Denis Diderot, che ne hanno rivoluzionato l’interpretazione e la ricezione a livello internazionale. La prospettiva attraverso cui Dieckmann guarda al pensiero illuministico rifiuta le letture che tendono a interpretarlo come un fenomeno unitario, promuovendo, piuttosto, una valorizzazione e una problematizzazione delle differenze e delle contraddizioni che abitano e definiscono la cultura del XVIII secolo. In tal modo, egli si oppone esplicitamente ad alcuni celebri studiosi dell’Illuminismo, su tutti Ernst Cassirer, il quale tende, invece, a individuare gli elementi di continuità fra i pensatori e le opere illuministiche (cfr. La filosofia dell’illuminismo [1932], tr. it., La Nuova Italia, Firenze 1973). In Elementi metafisici e religiosi nel pensiero illuministico, dunque, l’analisi di Dieckmann riguarda l’importanza e la permanenza di istanze della tradizione metafisica, di temi e concetti appartenenti alla sfera della religione all’interno del razionalismo settecentesco. Convinzione di partenza dell’autore, infatti, è che, da una parte, l’illuminismo si è effettivamente presentato ed è stato interpretato come un movimento razionalistico teso a rifiutare, abbandonare e combattere le nozioni e gli ideali della metafisica e della religione. Dall’altra, tuttavia, una considerazione meno generica e più attenta delle singole opere e dei singoli autori rivela la persistenza di forme e concetti provenienti dalla tradizione metafisica e religiosa. Questa persistenza si rifletterebbe, d’altronde, persino negli scritti dei pensatori più radicali. Un esempio particolarmente eloquente osservato da Dieckmann è il materialismo deterministico di d’Holbach. Quest’ultimo, infatti, nonostante la sua professione d’ateismo, la sua rivendicazione di un’etica utilitaristica e le numerose polemiche a sostegno di posizioni anticlericali, avrebbe sviluppato una filosofia che, dal punto di vista espressivo, si limita ad attuare una traduzione della terminologia metafisica in quella razionalistica, all’interno della quale è la Natura a occupare e sostituire il ruolo Dio. Inoltre, secondo Dieckmann, una certa tensione spirituale sarebbe ravvisabile persino nel Poema sul disastro di Lisbona (1756) di Voltaire. In quest’opera, scritta a seguito dello sconvolgente terremoto avvenuto a Lisbona l’1 novembre 1755 che causò circa trentamila vittime, nonostante l’attacco frontale alla teodicea leibniziana (e alla celebre affermazione secondo cui il nostro è il migliore dei mondi possibili), si rivelerebbe tutto il travaglio derivante dall’evidenza dell’inconciliabilità fra il meccanicismo e il deismo.

Autore scheda bibliografica tematica
Claudio D’Aurizio