Jacques Maritain (Parigi, 18 novembre 1882 – Tolosa, 28 aprile 1973) è stato un filosofo francese, allievo di Henri Bergson, convertitosi al cattolicesimo.
Autore di più di 60 opere, è generalmente considerato come uno tra i più grandi pensatori cattolici del XX secolo. Fu anche il filosofo che più di ogni altro avvicinò gli intellettuali cattolici alla democrazia allontanandoli da posizioni più tradizionaliste. Papa Paolo VI lo considerò il proprio ispiratore. A conferma di ciò, alla chiusura del Concilio Vaticano II fu a Maritain, quale rappresentante degli intellettuali, che Paolo VI consegnò simbolicamente il proprio Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza. In continuità con papa Montini, Papa Giovanni Paolo II affermerà: «Anche il Concilio Vaticano II prescrive, come sappiamo, lo studio e l’insegnamento del patrimonio perenne della filosofia, del quale una parte insigne è costituita dal pensiero del Dottore Angelico (a questo proposito mi piace ricordare che Paolo VI volle invitare al Concilio il filosofo Jacques Maritain, uno dei più illustri interpreti moderni del pensiero tomistico, intendendo anche in questo modo esprimere alta considerazione verso il Maestro del XIII secolo e insieme verso un modo di far filosofia in sintonia con i "segni dei tempi")» (Discorso al Pontificio Ateneo Angelicum, 17 novembre 1979).
Queste notizie minime insieme a moltissime altre si trovano in rete, e risultano agevolmente disponibili. Per comprendere la vita dei coniugi Maritain del tutto fondamentale rimane l’opera I grandi amici della moglie Raissa. Essa narra la loro sete di verità, che non riusciva a trovare risposta nelle lezioni dei docenti della Sorbona imbevuti di relativismo e scetticismo: «Avevamo appena esaminato ciò che ci avevano portato due o tre anni di studio alla Sorbona; senza dubbio un bagaglio abbastanza importante di conoscenze particolari scientifiche e filosofiche, ma quelle conoscenze erano minate alla loro base dal relativismo degli scienziati, dallo scetticismo dei filosofi. Noi non appartenevamo affatto, con i nostri scarsi vent’anni, al gruppo dei seguaci dello scetticismo, che lanciano il loro “che ne so io?” come il fumo di una sigaretta e trovano d’altra parte la vita eccellente. Eravamo, con tutta la nostra generazione, le loro vittime…Quest’angoscia metafisica che penetra alle sorgenti stesse del desiderio di vivere, è capace di divenire una disperazione totale e di sfociare nel suicidio. È un’angoscia di questa specie che ho vissuto allora; ma essa fu guarita, che mi è difficile, dopo tanta dolcezza e felicità, risentirla nuovamente in tutta la sua amarezza. Senza dubbio altre angosce sono venute, altri dolori, spesso immensi; ma quell’angoscia lì non l’ho più conosciuta. Tuttavia non l’ho dimenticata: non si dimenticano le porte della morte».
A rinnovare e allargare l’illuminazione spirituale che, dipartitasi dai Maritain, ha raggiunto tante anime, è appena uscito in Francia un volume atteso da tempo: Jacques & Raissa Maritain, Lettres intimes - Tome I (1901-1932), Desclée De Brouwer, Paris 2023. Esso, che include la corrispondenza intima, intrattenuta dai due sposi per tutta la vita, sarà in grado di disvelare la vicenda di un rapporto coniugale, spirituale, intellettuale che probabilmente ha rari paragoni nelle relazioni tra un uomo e una donna.
Fu il domenicano H. Clérissac a invitare Raissa a leggere la Summa Theologica di San Tommaso d'Aquino. L’illuminazione della lettura coinvolge il marito, che vede nell’Aquinate la conferma di molte sue idee. I due «comprendono che si può giungere all'Assoluto non solo con la fede, ma anche con l'intelletto e l'uso corretto della ragione». Scrive Maritain: «Fu dopo la conversione al cattolicesimo che conobbi san Tommaso; io, che ero passato con tanto entusiasmo attraverso tutte le dottrine dei filosofi moderni e non vi avevo trovato che delusione e grandiose incertezze, provai allora come un'illuminazione della ragione; la mia vocazione filosofica mi veniva restituita in tutta la sua pienezza». Il tomismo, secondo Maritain, è una filosofia progressiva, capace di inglobare nel suo cammino tutte le verità che implicitamente sono presenti nei diversi sistemi filosofici, che si succedono nella storia della cultura e della società. «il tomismo non rifiuta gli apporti della filosofia contemporanea, ma vuole garantire l'autenticità del discorso filosofico che si differenzia dalla metodologia delle scienze matematiche e delle scienze sociali, perché si muove a livello della intelligibilità dell'essere ed ha per oggetto non la misura di ciò che cambia, ma la contemplazione di ciò che permane».
In I grandi amici è presente la casa dei Maritain a Meudon, per vent’anni luogo privilegiato di incontri culturali di filosofi, teologi, scrittori, poeti. Tra gli altri segnalo il filosofo E. Borne che intervistai nel 1982 per la rivista Vita e Pensiero. Egli ricorda quelle domeniche di studio attorno ad un tema: «Meudon era un'altura dello spirito e un punto di incontri spesso insoliti, dove a volte si annodavano, per gli uni o per gli altri, i fili dei loro destini… Non era una torre d'avorio. Ci si teneva in ascolto dei problemi del mondo a una svolta decisiva del nostro secolo: la grande depressione che sembrava suonare a morto per il sistema capitalistico, l'ascesa dei fascismi e del nazismo, la condanna dell'«Action française» e, più in generale, la scoperta da parte della Chiesa del pericolo rappresentato da tutte le forme del paganesimo politico, il consolidamento all'Est, nel silenzio e nel mistero, del sistema comunista. Di fronte al fallimento e al declino delle idee o dei regimi tradizionali, e in primo luogo di quelle e di quelli che si credevano-liberali e progressisti, si trattava di creare degli strumenti intellettuali che permettessero di pensare la crisi nelle sue molteplici dimensioni e di aprire, malgrado gli avvenimenti apocalittici di cui si avvertiva l'approssimarsi, una breccia alla speranza».
L’opera di J. Maritain è stata una potente rivendicazione della filosofia. A proposito del suo libro postumo Approches sans entraves (Fayard 1974), osservavo su Vita e Pensiero che «tutta l'opera di Maritain è direttamente o indirettamente una rivendicazione a favore della filosofia, una lunga e appassionata apologia della filosofia, e di colpo anche una probante “dimostrazione di filosofia”, che liberamente si afferma per il semplice fatto di vivere e di esistere nella sua opera». Perché rileggerla e riscoprirla oggi? Forse la risposta migliore scaturisce dalla lettera autografa che Giovanni Paolo II indirizzò a Giuseppe Lazzati, Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in occasione del Convegno Internazionale in onore del filosofo francese promosso in tale sede. Il testo è pubblicato nello speciale che questo Portale dedica a Maritain.
A queste considerazioni ne aggiungo una, su cui rifletto da lungo tempo e a cui adesso vorrei dare voce. Maritain è stato un nome e una figura in genere rispettata, ma il suo pensiero è stato ed è assai poco conosciuto direttamente; e con il progredire degli anni il fenomeno si accentua. Una cosa è leggere qualche breve sintesi (quasi un “bignami”) più o meno felice del suo pensiero, tutt’altra è leggere direttamente i suoi testi. Anche quando una tale lettura vi è stata, essa si è rivolta in specie al Maritain filosofo della politica e personalista, e in certo modo alla sua elaborazione sull’arte, e quasi nulla sul resto. Molto meno conosciuto e talvolta del tutto ignorato è perciò il Maritain metafisico, filosofo della conoscenza nei suoi vari ambiti (teoretico, morale, scientifico, poetico, conoscenza per connaturalità, etc.), pensatore delle molteplici dimensioni del reale e grande prosecutore della filosofia dell’essere e della sua metafisica nella modernità. Da circa un secolo il semplice volgersi alla metafisica è ritenuto una falsa partenza: la parola d’ordine universale è l’addio definitivo a tale disciplina e la vittoria del pensiero postmetafisico. Jürgen Habermas ha editato un volume di 1700 pagine (Una storia della filosofia) per celebrare la nuova visione vincente. Il sottotitolo della Parte I esprime vividamente gli intenti dell’autore: “Per una genealogia del pensiero postmetafisico” (Feltrinelli, 2022).
Ma veniamo al punto. A mio parere nella galleria dei grandi filosofi moderni Maritain per altezza di pensiero e potenza elaborativa nei vari ambiti della ricerca filosofica, nessuno escluso, si colloca accanto a Cartesio, Kant, Hegel,risultando superiore nei loro confronti sul decisivo problema del rapporto tra pensiero ed essere, tra razionale e reale, ben lontano tanto dall’infausto dualismo cartesiano-kantiano, quanto dal mito idealistico (vedi Hegel e Gentile ma non solo), che trasforma arbitrariamente una logica in ontologia. Sette lezioni sull’essere, I gradi del sapere, il Breve trattato dell’esistenza e dell’esistente, Riflessioni sull’intelligenza, Da Bergson a Tommaso d’Aquino danno la misura di questa impresa speculativa, in cui sarebbe vano parlare di oblio dell’essere. I gradi del sapere (1932), grande ricognizione sull’albero dei saperi razionali e soprarazionali (la sapienza mistica), chiude tre secoli dopo il circolo speculativo iniziato dal Discorso del metodo (1637), mostrando l’ineliminabile molteplicità dei saperi-scienze e l’impossibilità di ricondurli alle scienze dure della modernità (su ciò vedi il mio Ritorno all’essere. Addio alla metafisica moderna, Armando 2019). I seguaci del pensiero postmetafisico volenti o nolenti attribuiscono alla filosofia un posto residuale e secondario, e non sono al corrente della grande tradizione della filosofia dell’essere. Essa dura da circa 8 secoli, e nulla se non l’inerzia la può rimuovere dalla vicenda della filosofia.
Dobbiamo sormontare la destructio speculativa penetrata in profondità nel pensiero occidentale a partire da Nietzsche, portata avanti da Heidegger, e per quanto concerne l’Italia dal neoparmenidismo severiniano. A ragion veduta non nutro fiducia nel fatto che il variopinto pensiero postmetafisico di moda possa costituire una soluzione dinanzi alla crisi metafisica, morale e antropologica che corrode da tempo e in profondità l’Occidente. In merito la più grande delle illusioni è che le presenti filosofie residuali, spesso ridotte a qualche tipo di etica manipolata dagli allettamenti della volontà di potenza, possano sostenere con speranza di successo il confronto multilaterale con il complesso scienza-tecnica che coinvolge tutti i lati dell’essere umano e del sistema ecologico. L’illusione dell’etica senza metafisica attrae e lusinga non pochi credenti, i quali ritengono che non si debba più parlare di essere e di verità, perché sarebbe sufficiente un appello alla coscienza morale.
In certo modo al fondo dei nostri problemi sta l’assunto dell’innocenza del divenire, di cui disse Nietzsche. Un divenire innocente è sempre quello che deve essere, non ha più bisogno di essere giustificato, perché è già giusto; ha in sé il suo senso o, il che è lo stesso, non ha più alcun senso morale. Abbiamo veramente compreso il significato di questa affermazione? Essa significa che il cambiamento e la trasformazione di qualsiasi tipo sono innocenti: non vi è colpa alcuna in tutto ciò che accade. La morale (il bene, il male, la libertà, la colpa e la pena, etc.) è liquidata. Dite a tutti che niente è male, e che in tutto ciò che accade appare una risplendente innocenza.