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Considerando l’universo fisico come un unico oggetto di intelligibilità, la cosmologia fisica accede a “domande ultime” usualmente affrontate dalla metafisica e dalla filosofia della natura.
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Lo studio scientifico del cosmo si basa su presupposti filosofici, spesso impliciti, senza dei quali l’analisi delle scienze sarebbe impossibile.
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Nel confronto fra cosmologia e filosofia/teologia risulta utile fare distinzioni come quella fra "origine" (aspetti causali, intenzionali) e "inizio" (aspetti misurabili, come la partenza del tempo), o quella fra scenari finali (stato fisico e chimico, verso cui il cosmo materiale tende) e scopo finalistico (il senso finale dell’universo, come conferito da un Creatore).
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In chiave teologica assume grande importanza la differenza fra inizio del tempo (eventualmente oggetto di indagine empirica) e creazione dal nulla (concezione teologica che trascende l’analisi della matematica e della fisica).
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Il perché ultimo del mondo, cioè dell’intero universo, non può essere dedotto mediante un’indagine empirica, ma la trascende.
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Nessuna spiegazione scientifica potrebbe rispondere a quale sia il senso del mondo, e neanche alla domanda antropologicamente più importante: perché nell’universo ci sono io.
La domanda sull’origine e lo sviluppo del cosmo è, in primo luogo, una domanda filosofica. Essa precede la fondazione del metodo scientifico, perché sorge già nel contesto del mito e delle religioni, ed è oggetto di riflessione nella filosofia antica e medievale. La domanda trova spazio anche nelle scienze naturali, a partire dal XVII secolo. Come tale, la domanda sull’origine di tutte le cose accompagna un po’ tutte le manifestazioni della cultura umana, per essere ospitata anche nella letteratura e nell’arte. Le domande sull’origine e sul senso del tutto vengono oggi suscitate in buona parte dalla divulgazione scientifica, che propone al grande pubblico gli studi con i quali l’astrofisica e la cosmologia indagano sulla struttura e l’evoluzione dell’universo.
L’assenza di specifici insegnamenti di astronomia e di cosmologia nelle scuole superiori non impedisce di porre a tema la domanda sul cosmo perché essa può essere facilmente provocata seguendo i percorsi più diversi. La matematica vi si accosta, a partire dal Novecento, nella ricerca di equazioni capaci di descrivere l’universo nel suo insieme (modelli cosmologici); la fisica la incontra nel tentativo di rappresentare la dinamica dei corpi celesti su scala macroscopica (velocità delle galassie, espansione dell’universo, formazione delle stelle e dei pianeti); la chimica la riconosce nella progressiva formazione degli elementi chimici (perché avvenuta all’interno delle stelle e negli spazi cosmici, in luoghi specifici e secondo determinate scale di tempi); la biologia la pone quando studia la comparsa della vita nella storia del cosmo (suggerendo di esaminare quali relazioni vi sono fra origine del cosmo e origine della vita). Questi approcci, suscitati dalle scienze, il docente potrà porli in dialogo con le grandi domande sul cosmo e sulla vita presenti nella filosofia, nelle religioni, nella cultura umana in genere. Anche la religione cattolica, in particolare, può illustare le risposte alla domanda sull’origine e sul senso consegnate dalla teologia cristiana della creazione basata sulla Rivelazione biblica.
Un primo elemento su cui soffermarsi – e sul quale vale la pena far riflettere gli studenti – è sottolineare che le domande sull’origine e il fine di tutte le cose sono domande filosofiche; come tali, esse non sono pienamente abbordabili all’interno del metodo scientifico-sperimentale. Il concetto di “universo” è esso stesso polisemico: può indicare l’insieme degli oggetti fisici soggetti a indagine sperimentale, e dunque osservati in modo diretto o indiretto; l’insieme di tutti gli enti naturali che, in linea di principio, sarebbero osservabili e capaci di interagire; oppure tutto il reale esistente, indipendentemente dalla sua osservabilità e misurabilità. In quest’ultima accezione, l’universo è e resta un oggetto filosofico, cioè meta-empirico. La domanda sul “tutto” o sull’“intero” è squisitamente metafisica. Anche la domanda sullo sviluppo del cosmo ammette diversi livelli: le scienze naturali possono ricostruire scenari passati e futuri sempre partendo da ciò che è misurabile e osservabile, mentre a esse sfugge la domanda suprema se lo sviluppo del cosmo risponda oppure no al fine intenzionale di un agente, cioè di un Creatore.
Allo scopo di delimitare e meglio chiarire il campo proprio delle scienze naturali e quello della riflessione filosofica (e teologica) tornano utili, in questo contesto, le distinzioni: fra origine (dipendenza causale radicale) e inizio (partenza nel tempo); fra nulla (assenza di ogni possibile determinazione, reale o virtuale) e vuoto fisico (assenza di materia); fra storia (frutto di azioni libere dell’essere personale) e sviluppo nel tempo (misura della trasformazione delle realtà fisiche); fra coerenza matematica (equilibri, simmetrie o coincidenze numeriche nella struttura del cosmo) e appello estetico (stupore umano di fronte all’ordine, la razionalità e la bellezza del cosmo); fra scenari finali (stato dinamico, fisico e chimico, verso cui il cosmo materiale tende) e scopo finalistico (il senso finale dell’universo, se così gli è stato conferito da un Creatore). In chiave teologica assume grande importanza la differenza fra inizio del tempo (eventualmente oggetto dell’indagine fisica) e creazione dal nulla (concezione teologica che trascende l’analisi fisica).
Le due classi di domande qui ricordate e distinte si richiamano certamente a vicenda, ma non devono confondersi. Chiarirlo con intelligenza è propedeutico al poter affrontare, sia in classe che nel dibattito pubblico, le grandi domande interdisciplinari sul cosmo e la sua evoluzione.
Per impostare correttamente, nella domanda sull’origine e lo sviluppo del cosmo, il confronto fra cosmologia scientifica e prospettiva filosofica occorre riconoscere i presupposti filosofici dell’analisi scientifica. Di solito si riflette poco su di essi, in quanto l’impresa scientifica viene presentata (o intesa) come autosufficiente, capace di fornire una spiegazione esauriente di tutta la realtà. La scienza non può partire dal nulla: essa dà tacitamente come presupposte l’esistenza degli enti materiali e delle proprietà specifiche che li caratterizzano. Lo spazio-tempo, la geometria dei modelli cosmologici, le proprietà delle particelle elementari, le leggi della fisica…: è a partire da qualcuno di questi elementi che la scienza può cominciare le sue descrizioni e le sue analisi. Dal punto di vista metafisico si potrebbe dire, in modo conciso, che affinché una scienza della natura possa operare occorre che: a) l’ente naturale esista; b) esista con proprietà specifiche e stabili.
Ecco come lo percepiva l’astrofisico Paul Davies: «Per quanto le nostre spiegazioni scientifiche possano essere coronate dal successo, esse incorporano sempre certe assunzioni iniziali. Per esempio, la spiegazione di un fenomeno in termini fisici presuppone la validità delle leggi della fisica, che vengono considerate come date. Ma ci si potrebbe chiedere da dove hanno origine queste leggi stesse. Ci si potrebbe perfino interrogare sulla logica su cui si fonda ogni ragionamento scientifico. Prima o poi tutti dobbiamo accettare qualcosa come dato, sia esso Dio, oppure la logica, o un insieme di leggi, o qualche altro fondamento dell'esistenza» (La mente di Dio, Mondadori, Milano 1993, p. 5). Va infine anche ricordata l’impossibilità logica, già nota ai medievali, di definire l’origine del tempo dall’interno del tempo stesso. Chi concettualizza l’origine e il fine della storia deve riconoscere che essi trascendono la storia.
Riveste un interessante valore didattico, in proposito, far riflettere gli studenti sulle leggi di natura: come esse operino, da dove provengano, perché esse sono stabili e non ci ingannano, su cosa esse si poggiano. In sostanza, è ragionevole interrogarsi sulla loro origine, anche se deriviamo le une dalle altre. In modo analogo, accanto al concetto di legge di natura, si può introdurre con profitto il concetto di informazione: nell’universo non c’è solo spazio-tempo, materia ed energia, ma anche informazione. Il confronto fra filosofia e scienze naturali nello studio del cosmo si riduce alla domanda su quale sia l’origine dell’informazione. La domanda presenta anche dei risvolti teologici che l’insegnante di religione potrebbe inquadrare nella teologia della creazione: ogni informazione, infatti, è causata ed è riconosciuta da un’intelligenza, da un essere personale. In dialogo con la storia della filosofia si può qui introdurre anche la nozione di Logos. La questione sull’origine del cosmo e il suo senso è, in definitiva, la domanda se l’universo sia retto o meno da un Logos.
Il confronto fra scienze, filosofia e teologia nella domanda sul cosmo può essere anche condotto discutendo le varie forme assunte dal Principio Antropico, ovvero l’osservazione scientifica che il nostro universo possiede leggi, proprietà e parametri quantitativi finemente sintonizzati (finely tuned) alla comparsa della vita. In un cosmo solo un po’ diverso dal nostro (nel quale, ad esempio, gli elettroni avessero una carica solo un po’ diversa o la costante di gravitazione fosse solo un po’ maggiore o minore del suo valore noto), non avrebbero potuto darsi condizioni fisiche e chimiche necessarie al sorgere della vita.
Si farà però attenzione a distinguere fra il Principio Antropico forte (a sfondo idealista e a priori, che presenta l’essere umano come fine dell’universo) e il Principio Antropico debole (a sfondo scientifico, che si limita a registrare la consonanza fra vita e cosmo, senza affermare, in ambito scientifico, alcun finalismo). Si provvederà poi a far riconoscere che le condizioni individuate dal Principio Antropico sono solo necessarie, ma non sufficienti al sorgere della vita. Alcuni hanno cercato di rimuovere il significato dei risultati associati al Principio Antropico (debole) affermando che il nostro universo si presenta così sorprendentemente adatto a ospitare la vita semplicemente perché esistono infiniti universi, indipendenti e incomunicabili, fra i quali solo il nostro, l’unico adatto alla vita, è casualmente uno dei tanti: noi ne saremmo solo il frutto cosciente. Tale posizione, filosofica assai più che scientifica, va certamente menzionata, ma ne va mostrata al contempo la natura idealistica e a priori.
Il “problema cosmologico” apre così al “problema antropologico”: la domanda sul cosmo si trasforma in domanda sull’uomo. L’osservatore si interroga sul perché della sua presenza e sullo scopo del suo ruolo nel cosmo. Non si può sottostimare il grande valore che queste domande hanno per la formazione integrale della persona, specie se si fa notare che esse non sono introdotte oggi dalla religione, bensì dalle riflessioni filosofiche degli uomini di scienza. Siamo di fronte a domande (e risposte) concentriche, che non si escludono ma vanno sempre più in profondità: cosmologia, filosofia e teologia rispondono a perché diversi, però a partire dal medesimo cosmo, dalla stessa esperienza fenomenica. Ad esempio, se la filosofia può evidenziare il carattere dato delle leggi di natura e delle proprietà degli enti naturali, la teologia può rivelare tutto ciò come donato, aprendo all’intenzionalità di un Creatore intelligente; se le scienze possono forse ricostruire tutti i passaggi dell’evoluzione del cosmo e della vita, dai suoi inizi remoti fino all’apparizione dell’uomo sulla terra, esse non rispondono al perché antropologicamente più importante: perché nell’universo ci sono io.
Varrebbe la pena di suscitare un lavoro di gruppo in cui docenti di materie scientifiche, di letteratura, di filosofia e di religione, stimolino gli studenti a riconoscere questi diversi livelli, facendo loro apprezzare il gusto di un discorso integrale sull’origine e sul senso.
Laboratorio interdisciplinare: I docenti di materie scientifiche, di letteratura, di filosofia e di religione stimolino gli studenti a riconoscere i diversi livelli del discorso sull’origine del cosmo (scientifico, filosofico, esistenziale), guidandoli in una riflessione complessa e stratificata.
Discutiamone insieme: A partire dalla visione di un film, di una serie TV o dalla lettura di articoli divulgativi, il docente aiuti gli studenti a riconoscere, nelle diverse forme di comunicazione, eventuali semplificazioni o banalizzazioni. Si pensi ad esempio all’utilizzo ambiguo di alcune metafore (Big Bang come grande esplosione, brodo primordiale, universo come grande computer), o all’uso impreciso e semplicistico di alcuni concetti (confusione tra origine e inizio, nulla e vuoto, infinito e illimitato).
Discutiamone insieme: L’approccio scientifico alla domanda sull’origine del cosmo esclude totalmente la possibilità che si possa fare riferimento ad un Creatore? Il docente guidi un preliminare dibattito, e concluda poi la riflessione citando alcuni scienziati che sono intervenuti sul tema.
Approfondisci e rifletti: Svolgi una ricerca sulle delicate condizioni che hanno consentito al cosmo di evolvere nel tempo fino a formare scenari adatti ad ospitare la vita, comunemente indicate nel loro insieme come “principio antropico debole”. Cerca di collocare cronologicamente, in un quadro temporale che simula la storia dell’universo dall’inizio della sua espansione fino all’epoca contemporanea, i momenti in cui queste diverse condizioni sono comparse o si sono date. Prova a immaginare quale storia l’universo avrebbe avuto se una o più di queste condizioni non si fossero realmente verificate, come invece è accaduto.
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Considerando l’universo fisico come un unico oggetto di intelligibilità, la cosmologia fisica accede a “domande ultime” usualmente affrontate dalla metafisica e dalla filosofia della natura.
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Lo studio scientifico del cosmo si basa su presupposti filosofici, spesso impliciti, senza dei quali l’analisi delle scienze sarebbe impossibile.
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Nel confronto fra cosmologia e filosofia/teologia risulta utile fare distinzioni come quella fra "origine" (aspetti causali, intenzionali) e "inizio" (aspetti misurabili, come la partenza del tempo), o quella fra scenari finali (stato fisico e chimico, verso cui il cosmo materiale tende) e scopo finalistico (il senso finale dell’universo, come conferito da un Creatore).
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In chiave teologica assume grande importanza la differenza fra inizio del tempo (eventualmente oggetto di indagine empirica) e creazione dal nulla (concezione teologica che trascende l’analisi della matematica e della fisica).
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Il perché ultimo del mondo, cioè dell’intero universo, non può essere dedotto mediante un’indagine empirica, ma la trascende.
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Nessuna spiegazione scientifica potrebbe rispondere a quale sia il senso del mondo, e neanche alla domanda antropologicamente più importante: perché nell’universo ci sono io.
Bibliografie tematiche:
Teologia della natura e riflessioni sui dati delle scienze
Opere in rapporto con il Percorso:
P. Davies, Il cosmo intelligente. Le nuove scoperte sulla natura e l´ordine dell´universo (1987)
J.-M. Maldamé, Cristo e il cosmo (1995)
Il Dio del Big Bang (2016), di M. Matzuzzi
Genesi dell’universo: un dibattito aperto (2020), di M. Andolfo