Elaine Howard Ecklund, nota studiosa di Sociologia che si occupa principalmente del rapporto fra le religioni e la vita pubblica, ha già pubblicato due studi sul tema della relazione tra le religioni e il mondo della ricerca scientifica, a cui è già stato dedicato un approfondimento sulla nostra rubrica “Sul mio scaffale” [E. H. Ecklund, Science vs Religion: What Scientists Really Think, Oxford University Press, New York 2010; E. H. Ecklund, C. P. Scheitle, Religion vs. Science: What Religious People Really Think, Oxford University Press, New York 2017]. Questa sua ultima opera è frutto dunque non solo di un progetto di ricerca che ha coinvolto numerosi studiosi, ma anche dell’esperienza decennale della sua principale autrice.
Il gruppo di ricerca prende spunto dalla questione iniziale, se gli scienziati vedono un conflitto tra scienza e fede, per esplorare più in generale il rapporto che questi hanno con il sentimento religioso, allargando lo sguardo al panorama internazionale, e non più solamente limitandosi alla situazione statunitense. Inoltre, il testo si pone l’obiettivo di esplorare quali siano i fattori culturali che influenzano gli atteggiamenti degli scienziati nei confronti delle religioni, che molto dipendono dalla cultura di provenienza, e soprattutto i modi in cui stabilire collaborazioni fruttuose fra mondo scientifico e mondo religioso, che pongano definitivamente a tacere gli stereotipi che li vogliono come in perenne conflitto.
Le conclusioni cui giunge il team di ricerca sono in linea con i risultati dei suoi precedenti studi, soprattutto per quanto riguarda la situazione statunitense. Più sorprese sono invece emerse dall’analisi di altre zone geografiche. Ad esempio, la situazione europea ha mostrato un maggior livello di secolarizzazione ad ogni livello della popolazione, compreso il mondo scientifico, ma con ampie differenze fra i vari paesi presi in considerazione (Regno Unito, Francia, Italia). La situazione italiana ad esempio mette in discussione la visione dell’Europa come poco religiosa, poiché la maggioranza degli Italiani sono cattolici, e appartengono ad un cattolicesimo tendenzialmente molto flessibile e che non si pone in conflitto con la comunità scientifica. Questo vale sia a livello di dibattito pubblico, in cui non vi sono segmenti di comunità religiose che si oppongono alla ricerca scientifica, sia a livello dei singoli scienziati, che nella maggior parte dei casi non percepiscono un conflitto con la propria appartenenza religiosa.
Grazie ad un lavoro di ricerca svolto con rigore metodologico e grande attenzione ai dettagli, gli autori sono giunti a delle importanti conclusioni: innanzitutto, che vi sono più scienziati credenti di quanto molti non immaginano, e che anche quando questi scienziati non si sono professati appartenenti ad una specifica tradizione religiosa, hanno tuttavia affermato di possedere un lato spirituale.
In secondo luogo, gli autori evidenziano come vi siano delle sovrapposizioni significative fra gli ambiti di afferenza del pensiero scientifico e quello religioso e che molti scienziati percepiscano un lato spirituale nella scienza, grazie allo stupore e alla meraviglia provati di fronte alle scoperte scientifiche.
Inoltre, mostrano come l’idea del conflitto fra scienza e religione sia sostanzialmente un’invenzione occidentale, mentre nel resto del mondo non solo non vi è questa percezione, ma è anzi spesso vera la visione opposta, per cui scienza e religione siano invece due campi con grandi possibilità di cooperazione.
Infine, la conclusione che risulta maggiormente degna di nota riguarda la presenza della religione non solo nelle vite private degli scienziati, ma anche nella loro esperienza professionale di tutti i giorni; è dunque un aspetto che non può essere compartimentalizzato ed escluso a priori da ogni questione scientifica, poiché inevitabilmente presente nella vita di chi si occupa della ricerca scientifica.