Amore e conoscenza

Pubblicato per la prima volta nel 1915 sulla rivista «Die Weißen Blätter», il saggio Amore e conoscenza di Max Scheler affronta uno dei temi fondanti del pensiero occidentale, vale a dire il rapporto tra affettività e cognizione. Il filosofo tedesco pone come punto di partenza della sua riflessione il primato della conoscenza sull’amore che storicamente ha caratterizzato tanto lo «spirito indiano» quanto «la speculazione greca» (p. 33). Se da un lato il pensiero indiano attribuisce valore alla derealizzazione dell’oggetto, che ha nel non-essere (ovvero nel nulla) il suo termine ultimo, dal canto suo il pensiero greco riconoscere il massimo valore nel supremo grado di essere, vale a dire nella pienezza dell’óntos ón. Ma a fronte di questa opposizione, comune ai due orientamenti è la subordinazione dell’amore alla conoscenza, che in entrambi i casi viene intesa come via di «autoredenzione» (p. 38): «tale conseguenza è inevitabile ogniqualvolta l’amore venga inteso come una funzione dipendente dalla conoscenza» (p. 39). Di segno opposto è invece il rapporto tra amore e conoscenza introdotto nella storia dal cristianesimo, che nell’Incarnazione del Verbo pone il primato dell’amore di Dio, che fa dono di sé all’umanità. Rispetto al primato dell’amore sulla conoscenza, nota però l’Autore, «è mancato in maniera quasi incomprensibile uno sviluppo dal punto di vista speculativo e filosofico di questa veramente unica rivoluzione dello spirito umano» (p. 56). Secondo la ricostruzione di Scheler, infatti, la «filosofia cristiana», e il tomismo in particolare, non sono stati all’altezza di questo nuovo primato dell’amore e non ne hanno recepito fino in fondo, sul piano teoretico, le implicazioni, mantenendosi fedeli a un intellettualismo – cioè a un primato del conoscere – di derivazione greca. La priorità dell’amore, che «appartiene all’essenza della coscienza religiosa cristiana [e] si trova alla base dell’idea stessa di chiesa e dell’intera etica cristiana» (p. 65), è tuttavia percepibile in una corrente filosofica d’ispirazione agostiniana, che a partire dallo stesso vescovo di Ippona, prosegue nella modernità fino a Malebranche e Pascal. Impegnandosi in un profondo esame del presunto volontarismo agostiniano, Scheler mette in luce come in realtà «in Agostino sia l’atto di volontà che quello di rappresentazione vengono ugualmente dopo l’amore» (p. 73), senza che questo primario orientamento affettivo nei confronti della realtà comporti alcuna distorsione della conoscenza. Lungi dal renderci “ciechi”, cioè parziali, il fatto che in primo luogo ci rapportiamo alla realtà attraverso odio e amore, cioè attraverso una disposizione affettiva, fa sì che il mondo si dischiuda – si riveli – a noi in maniera graduale fino alla pienezza della conoscenza: «V’è per così dire un “domandare” dell’“amore” a cui il mondo “risponde”, “schiudendo” se stesso e giungendo solamente in tal modo alla sua esistenza e al suo pieno valore» (pp. 78-79). In questo modo, tanto più si conosce quanto più si ama: questa, sul piano gnoseologico, è la grande novità introdotta dalla Rivelazione cristiana, una novità le cui implicazioni attendono ancora di essere sviluppate pienamente da un punto di vista filosofico.

 

Autore scheda bibliografica tematica
Stefano Oliva
2022