Fin dal suo primo apparire, l’opera di Antonin-Dalmace Sertillanges O.P. ha nutrito generazioni di giovani che hanno intrapreso il cammino della ricerca e dello studio. A distanza di molti decenni (l’originale francese, intitolato La vie intellectuelle, è del 1920), il testo conserva intatta la forza della sua proposta, invitando giovani e meno giovani ad essere autenticamente se stessi, a far germogliare e a mettere a frutto le proprie migliori energie, intellettuali e morali. Il testo, qui recensito nella traduzione italiana con l’introduzione di Armando Rigobello, è diviso in nove capitoli (I. La vocazione intellettuale; II. Le virtù dell’intellettuale cristiano; III. L’organizzazione della vita; IV. Il tempo dell’attività intellettuale; V. Il campo dell’attività intellettuale; VI. Lo spirito dell’attività intellettuale; VII. La preparazione del lavoro intellettuale; VIII. L’attività creatrice; IX. Lo studioso e l’uomo). Non si discute qui della produzione intellettuale in se stessa, ma dello spirito che permette di compierla: l’essenziale è mettere a fuoco il clima spirituale che favorisce lo sbocciare del pensatore. Nella Premessa, l’A. accenna a due testi che, in forme differenti, hanno ispirato il suo lavoro: Sedici precetti per acquistare il tesoro della scienza, una lettera a frate Giovanni attribuita a S. Tommaso d’Aquino (il cui valore per il pensatore cristiano è considerato inestimabile al di là dell’autenticità dell’attribuzione), e Les sources di P. Gratry, che è stato a sua volta una fonte di ispirazione per l’A. da giovane e propone la globalità dell’esperienza cristiana secondo la sensibilità tipica del cattolicesimo francese. Il testo, di impostazione saldamente tomista, è così sorretto da una forte spiritualità domenicana (probabilmente fondandosi anche sul motto medievale «contemplata aliis tradere») e manifesta la serena consapevolezza dell’A. sul reciproco ordine in cui si trovano i vari argomenti trattati. La questione preliminare è quella della vocazione, di pensatore o di oratore, di scrittore o di apostolo, che vuole l’«esaudizione» e l’accoglienza dei risultati ed è il segreto del successo: è una questione di obbedienza. Da questa discende la descrizione delle virtù che ne rendono possibile l’esercizio concreto e, quindi, la discussione degli aspetti operativi, cioè alcuni accorgimenti pratici, ad esempio sul modo di organizzare il lavoro del giorno e sul rapporto con gli altri. Per poter essere creativi, afferma l’A., occorre crearsi uno spazio di silenzio interiore, un distacco dalle esigenze immediate e particolaristiche dell’io che renda interamente disponibili per l’opera: ogni opera intellettuale inizia con l’estasi; occorre essere costanti, pazienti e perseveranti, non tralasciare il lavoro arrendendosi di fronte alle difficoltà, ma neppure tentare imprese superiori alle proprie forze, coscienti dell’immensità del vero e dell’esiguità delle nostre risorse; non isolarsi completamente, sapersi riposare, accettare le prove, gustare le gioie, prevedere i frutti. Il volume di Sertillanges rappresenta quasi una regola per l’esercizio del lavoro intellettuale, ma è anche un breve trattato sulla spiritualità dello studioso. A lui si richiedono: umiltà e fermezza, rigore e consapevolezza dei propri limiti, generosità ed equilibrio, solitudine ma non isolamento, gioia intellettuale e senso del mistero. L’A. invita a coordinare e disciplinare la fatica intellettuale, ma soprattutto a sollevare lo sguardo su più ampi orizzonti. Un intellettuale deve sempre disporsi a pensare, vale a dire a ricevere quella parte di verità che è nel mondo e che è stata preparata per lui: quando egli pensa bene, segue la traccia di Dio.