Manifesto per una educazione civica alla scienza

I rapporti tra scienza e democrazia rappresentano una materia complessa, soggetta all’evoluzione del sapere, delle forme politiche e delle circostanze sociali. La gestione dell’emergenza pandemica del Covid-19 che a partire dal 2020 ha colpito l’intero pianeta ha messo in evidenza l’urgenza di una riflessione sul rapporto tra cittadini ed esperti, vale a dire tra politica e sapere scientifico. Quale spazio spetta agli scienziati nel dibattito pubblico? In che modo la scienza deve influire sulle decisioni dei governi? In che modo i cittadini possono essere coinvolti in maniera attiva in materie che, d’altra parte, necessitano di una specifica preparazione scientifica?

In questo contesto, il Manifesto per un’educazione civica alla scienza, di Mariachiara Tallacchini, professoressa di filosofia del diritto all’università cattolica di Piacenza e Nico Pitrelli, direttore del master in comunicazione delle scienze della SISSA di Trieste, propone un nuovo approccio al rapporto fra il sapere scientifico e società, in modo particolare per quanto riguarda le decisioni politiche e le regole comuni di convivenza che dipendono dalle nuove acquisizioni in ambito scientifico. La soluzione prospettata è lineare: fin dalla formazione scolastica è necessario mettere i cittadini in condizione di "saper leggere la scienza", comprendendone implicazioni, portata e limiti. Ciò condurrà alla formazione di una società civile maggiormente edotta sulla conoscenza e le dinamiche scientifiche, e quindi maggiormente capace di esercitare un potere davvero democratico. Il "manifesto", dunque, è rivolto alla società civile, agli scienziati e ai decisori politici.

Le principali sfide della contemporaneità – si pensi ad esempio all'emergenza climatica, alla perdita della biodiversità, alla crisi energetica, alle pandemie o ai cambiamenti demografici – hanno dimensioni sociali e politiche connesse a dimensioni scientifico-tecnologiche. I decisori politici non possono fare a meno del sapere specialistico, ma la scienza a disposizione è spesso, per sua natura, incompleta e multidisciplinare. Come può una democrazia conciliare l’urgenza delle decisioni da prendere con l’incertezza della conoscenza? Come possiamo restare aperti a diverse prospettive senza legittimare posizioni antiscientifiche da un lato e senza rischiare derive tecnocratiche dall’altro? Che diritti hanno i cittadini non-esperti rispetto alla conoscenza?

Più di due anni di pandemia di Covid-19 ci hanno mostrato che non ci sono scorciatoie di fronte a queste sfide. Digitalizzazione, cambiamenti demografici e crisi energetica sono solo alcuni degli aspetti della vita contemporanea in cui la scienza dei nostri giorni appare elemento imprescindibile per definire adeguate politiche pubbliche, ma in cui si sperimentano al contempo incertezze e ambiguità. Alla base dell'idea del libro, osservano gli autori, vi è la constatazione della difficoltà, da parte della società civile e politica, di prendere decisioni che implicano un'alta densità di sapere specialistico.

Nel primo capitolo, Educare alla scienza (incerta) e alla cittadinanza democratica, il volume descrive le principali caratteristiche del passaggio da un'educazione civica tradizionale a un'educazione civica ridefinita nel contesto della "società della conoscenza". Il secondo capitolo, intitolato Incertezza scientifica e valori, approfondisce i temi dell'incertezza e dei valori, aspetti questi ultimi, fondamentali perché sia possibile innovare le istituzioni attraverso le quali l'expertise contribuisce ai processi decisionali. Nel terzo capitolo, Modelli di science policy, vengono illustrati i principali modelli di science policy che nel  corso dei decenni hanno teorizzato l'uso della conoscenza scientifica in differenti contesti istituzionali. Successivamente, nel quarto capitolo, La consulenza scientifica: dall'accademia agli organismi di governo, esamina il modo in cui i modelli teorici nel rapporto tra scienza e politica sono strutturati in concreti organismi di consulenza scientifica. Nell'ultimo capitolo intitolato, Nuovi ruoli e nuovi diritti per i cittadini, vengono chiariti i significati della cittadinanza scientifica ed esaminati i contorni fondamentali del lento e faticoso formarsi dei diritti connessi al sapere esperto. Nelle loro conclusioni gli autori delineano la loro proposta e la visione che ne deriva in termini di educazione civica, al cuore della quale c'è la responsabilità delle persone di fronte al sapere.

Come scrivono i due autori, il «nodo gordiano» (p. 33) del rapporto tra democrazia e scienza sta nel potenziale conflitto tra decisione collettiva (in cui il volere della ‘maggioranza’ svolge un ruolo essenziale) e autorevolezza della conoscenza scientifica (che per sua natura non si basa sul consenso della maggioranza della popolazione). Gli autori partono dall’immagine della scienza presente nella nostra Carta costituzionale (cap. 1) e dalla necessità di una comprensione all’altezza dei tempi, che tenga conto dell’incertezza connaturata alla ricerca scientifica. Vengono poi presentati alcuni temi nodali come il rapporto tra incertezza scientifica e valori (cap. 2), i diversi modelli di science policy, ovvero l’uso della conoscenza scientifica in contesti istituzionali (cap. 3), gli organismi di consulenza scientifica che collaborano con le istituzioni democratiche (cap. 4) e i nuovi diritti di cittadinanza scientifica (cap. 5). Nelle conclusioni, gli autori riformulano sinteticamente le istanze presenti nel volume in otto punti: bisogna in primo luogo «prendere sul serio la conoscenza scientifica» (p. 172), andare nella direzione di «una Costituzione aperta all’incertezza e ai diritti di cittadinanza scientifica» (p. 173), così come di una «delega [ai cittadini] delle conoscenze e delle responsabilità, per una democrazia più forte e una scienza socialmente più robusta» (p. 175), cui dovranno corrispondere «istituzioni in grado di preparare all’imprevedibile» (p. 176). Ancora, bisognerà ripensare il ruolo di «una scienza post-normale [cioè caratterizzata da fatti incerti, interessi elevati e decisioni urgenti] per democratizzare la conoscenza» (p. 177), valorizzare il «pluralismo nella consulenza scientifica, per un dialogo efficace tra expertise, politica e cittadini» (p. 178) dal momento che «comunicare la scienza non è solo una questione tra science advisorse decisori politici» (p. 179). Infine, bisognerà «collaborare alla costruzione delle regole nella società della sperimentazione» (p. 180). In questo processo, un ruolo chiave spetta alla scuola e in particolare all’insegnamento dell’Educazione civica che, in una società caratterizzata da una crescente interrelazione tra sapere e potere, e da una profonda intimità tra sapere scientifico ed esercizio dei diritti di cittadinanza, richiede sempre più uno sguardo capace di abbracciare la complessità del mondo che siamo chiamati a conoscere e abitare.

In definitiva, il “Manifesto” delineato da Nico Pitrelli e Mariachiara Tallacchini propone una democratizzazione della conoscenza, che tenga conto di ruoli, diritti e responsabilità dei cittadini, di chi fa ricerca e di chi prende decisioni. Perché la democrazia, oggi, è soprattutto un problema di conoscenza.

 

 

 

2023