Pubblicato originariamente nel 1967 con il titolo The Biology of Ultimate Concern, questo volume è il più importante contributo a raccogliere le riflessioni interdisciplinari del genetista ucraino-americano Theodosius Dobzhansky, tra i padri fondatori della cosiddetta Sintesi Neodarwiniana o Moderna in biologia evolutiva.
Il primo saggio contenuto nell’opera “Umanesimo e umanità” (di cui proponiamo il testo integrale in una pagina di documentazione del nostro portale), l’A. sostiene che la scienza apre inevitabilmente, spesso con nuove prospettive, alle “preoccupazioni ultime” su cui l’umanità da sempre indugia. Sottolinea anche come la biologia evoluzionistica contribuisca all’idea di una creazione dinamica, di un universo non statico, in cui l’essere umano ha concrete possibilità di fiorire e di migliorare sé stesso e il mondo.
Nel secondo capitolo del libro, dal titolo “Il Dio dell’insoluto” (e in originale inglese, “The Gods of the gaps”), il tema è quello del rapporto tra le fede personale e le spiegazioni scientifiche dei fenomeni naturali, rinunciando a ritenere che il progresso scientifico implichi necessariamente un regresso (o recesso) della “necessità di Dio”. In questo capitolo l’A. passa in rassegna molte delle questioni ultime sollevate dalla ricerca scientifica dialogando con una schiera di teologi e filosofi contemporanei e moderni, nonché con altri scienziati a lui contemporanei.
Il successivo capitolo – “Evoluzione e trascendimento” – conservando lo stile interdisciplinare e lo sguardo ampio, tratta dei grandi snodi evolutivi – non solo quelli strettamente biologici (dall’origine della vita alla comparsa dell’uomo) ma anche quelli cosmici (fisici e chimici) – intendendoli come “trascendimenti evolutivi”, vale a dire: la realizzazione nel tempo di livelli o dimensioni caratterizzate da leggi diverse (sebbene non indipendenti o contrarie) alle leggi dei livelli inferiori. Interessante l’idea fatta propria dall’A. del Cristianesimo come “religione evoluzionistica”, in ragione della sua “impostazione storicistica” (p.42).
“Coscienza dell’essere e coscienza della morte” è il capitolo in cui l’A. affronta il tema della coscienza. Lo fa a partire dalle domande che l’evoluzione biologica pone a proposito di questo tema: la sua origine, la sua “utilità” biologica. Interessanti le riflessione a proposito del rapporto tra coscienza e autocoscienza da una parte, e coscienza della morte dall’altra. La seconda parte del capitolo si concentra sul tema dell’origine della religione, sulla sua “universalità”, e sul rapporto tra religione e cultura in senso ampio, e tra religione, cultura e genetica.
Il capitolo successivo – “Alla ricerca di un significato” – si concentra su una delle questioni esistenziali più antiche e diffuse: il senso della vita umana. Il punto di vista iniziale è sempre quello del biologo evoluzionista; il capitolo corre lungo tematiche quali la socialità – umana (basata su autocoscienza e comunicazione simbolica) e animale – famiglia e sessualità (anche qui, umana e non), cura della prole. La questione specifica sul senso della vita è affrontata a partire dalla biologia (in effetti: lo “studio della vita”…), evincendo che “il significato della vita risiede nella vita stessa”, e poi in prospettiva squisitamente antropologica, dove si sottolinea che lo stesso domandare sul senso della vita caratterizza l’humanum (p. 89). In questa capitolo si trovano alcune pagine anche dedicate al campo oggi ben definito di “scienza e religione”. Quindi, il tema della vita eterna (e le sue connessioni con l’attitudine alla religione) come esito della ricerca del senso della vita chiude il capitolo, del quale riportiamo alcune righe delle battute finali (pp. 106-7): “Supponete di vivere per i vostri figli, che questi vivano per i loro, i quali, a loro volta, vivranno per i loro, e così all’infinito. Dal punto di vista biologico, ciò ha un significato. Ma per alcune persone […], tutto ciò non è altro che uno schema di inutile ripetizione. Noi desideriamo vedere, o perlomeno sperare, in qualche cosa che non sia solo nuovo, ma anche migliore.”
Nel capitolo finale dell’opera, “La sintesi di Teilhard”, l’A. mostra di condividere la prospettiva del pensatore francese secondo la quale la fenomenologia dell’evoluzione è quella di un orientamento e di uno sviluppo. Mantenendosi su posizioni equilibrate e scientificamente rigorose, Dobzhansky mostra al tempo stesso che l’evoluzione dell’uomo e della vita non può non suscitare interrogativi sul senso di tale orientamento, che la biologia non può qualificare come finalismo, ma che ravvede come direzionalità.