Giorgio Israel, matematico italiano, storico della scienza e pubblicista affermato, scomparso nel 2015, è stato professore ordinario di Matematica presso l’università la Sapienza e membro dell’Académie Internationale d’Histoire des Sciences. L’opera presentata si rivolge a coloro che si occupano di insegnamento e contiene interessanti spunti di riflessione per insegnanti ed educatori; riporta con chiarezza analitica e profondità critica gli elementi fondamentali dell’attuale sistema d’istruzione.
L’A. descrive il quadro educativo corrente come “disastroso”. In particolare, rileva il “gravissimo” regresso nell’insegnamento sin dai primi ordini di studio nelle diverse discipline, cui si affianca una situazione nella quale «l’”utente” […] sta prendendo letteralmente in ostaggio gli insegnanti». (p. 38)
Egli si sofferma sulle origini del “disastro” educativo, spiegando come la legge Gentile avrebbe dovuto essere riformata dando maggior spazio alle materie scientifiche per il loro valore culturale. «Si trattava di valorizzare il significato culturale della fisica, della matematica, della chimica, della biologia, evitando accuratamente ogni approccio che le riducesse a meri saperi tecnici ed esaltasse, al contrario, la loro portata conoscitiva e anche filosofica». (p.41) Ma ciò non è stato fatto, in nome di quello che l’A. chiama un “pedagogismo progressista”, che ha voluto spostare l’attenzione dai contenuti dell’istruzione al metodo, stimolando il passaggio «dalla cultura delle discipline alla cultura delle competenze» (p.64). Israel mette in luce come la scuola abbia perso la sua funzione educativa, da quando si è teso progressivamente a strutturarla sempre più come istituzione volta all’”erogazione di un servizio” per un “utente”; in tal senso egli parla di “scuola come impresa”: «Un voto insufficiente in una materia è come una scatola di pomodori avariata: l’utente protesta col venditore» (p.68)
Il sistema universitario, d’altro canto, è sempre più ridotto a somministrare nozioni necessarie a superare un esame, come “una macchina cieca e rozza” che con la cultura non ha nulla a che vedere. Egli critica l’introduzione delle lauree brevi triennali che definisce come “inutili” salvo alcune poche eccezioni. A tale riforma del sistema universitario è conseguita la “frantumazione” degli insegnamenti in micro esami e il proliferare dei corsi di laurea «per concorrere efficacemente alla conquista del massimo numero di “utenti”». (p.46)
Israel affronta in profondità, con la competenza di uno storico e alla luce di una lunga esperienza come docente universitario, la questione dell’educazione scientifica. Essa dovrebbe, a suo avviso, avere una posizione speciale e importante. Questo perché, da un lato la scienza ha un ruolo centrale nella società, dall’altro a ciò corrisponde una scarsa propensione a informarsi e ad acculturarsi scientificamente. «La scienza non è considerata come parte della cultura […] non suscita particolari attrattive ed entusiasmi nella maggioranza delle persone, malgrado essa ci bombardi da tutti i lati e la sua presenza sia pervasiva in ogni senso». (p.81) L’A., rilevando come il declino delle facoltà scientifiche sia diffuso nei paesi avanzati, propone un’analisi rivelativa delle radici storiche di tale declino. L’arretratezza nel settore scientifico che ha caratterizzato l’800 in Italia, è stata affrontata nei primi del ‘900 in modo egregio. Nei campi della matematica, della fisica, dell’ingegneria, della chimica, l’Italia investì e toccò delle eccellenze. Per questo, secondo Israel, è priva di fondamento la tesi secondo cui in Italia non vi sia mai stata una cultura scientifica: «Gli scienziati italiani di rilievo nel periodo postunitario non furono soltanto specialisti ma furono spesso uomini di cultura di grande spessore, capaci di inquadrare e spiegare in termini generali il senso delle loro ricerche» (p. 95) Israel ripercorre quindi le idee di Croce sulla scienza e la matematica; dedica un paragrafo al rapporto tra il marxismo e la scienza in Italia e rileva come negli anni successivi al ’68 si sia proposto e affrontato il tema della non neutralità della scienza.
A minare profondamente la cultura scientifica in Italia, secondo Israel, è stato lo scientismo. Esso si è diffuso nella cultura italiana insieme a quelle che l’A. definisce “teologie sostitutive”, prima fra tutte il marxismo. Il crollo del marxismo ha lasciato un numero enorme di persone prive del riferimento a una cornice ideologica, politica, sociale; restò in piedi invece l’ideologia scientista. «Come diceva Steiner, le teologie sostitutive hanno bisogno di riti, di simboli, di gesti, di scenari aventi un valore di identificazione. […] Un sostituto è stato trovato: le iniziative sulla scienza. […] Per lo più si tratta di iniziative contro la religione e per la difesa della “laicità”, di cui la scienza sarebbe il presidio». (p. 153) L’atteggiamento “apologetico” degli scientisti, secondo l’A., impone un duro prezzo da pagare alla cultura scientifica, ne è esempio lampante l’uso strumentale e distorto che si fa della storia della scienza. Israel riporta la sua impressione nel percepire la diffusione di un “sistema di potere” che mira a controllare ciò che ha a che vedere con la cultura scientifica (spazi sui giornali, editoria, manifestazioni culturali, ecc.); egli testimonia come la sua non adesione all’ortodossia scientista abbia avuto per lui specifiche conseguenze: difficoltà nel pubblicare, taglio negli inviti ai convegni, censura. Oggi, chiunque non aderisca ai “dogmi” dello scientismo è collocato nella schiera dei “reazionisti”.
L’A. si sofferma sul chiarire quanto determinati sviluppi “oscurantisti” della tecnoscienza rappresentino un rischio per la conoscenza scientifica e per la società. Rileva inoltre come la letteratura di orientamento scientista affermi che tra scienza e religione ci sia una contrapposizione irriducibile. Il ricordo di eventi persecutori (caso Galileo, il rogo di Giordano Bruno, le persecuzioni a Spinoza, ecc.) serve a rinvigorire la tesi secondo cui «la religione è, per sua natura, intollerante, fanatica e ostile al libero pensiero razionale che è l’essenza del metodo scientifico». (p.187) L'affermarsi di una “spettacolarizzazione” della scienza inoltre, la svuota di contenuti e la trasforma in nuova religione dogmatica, distruggendo sistematicamente ogni visione umanistica della scienza. In un’ampia sezione finale del libro Israel riporta, in maniera specifica e rigorosamente dettagliata, esempi di “documenti di malascienza”.