L’ing. Giuseppe Locati ci ha lasciato venerdi scorso, 26 agosto 2022, a Monza, sua città natale, all’età di 83 anni. Imprenditore, artista, pensatore, apprezzava da anni le attività del Centro di ricerca DISF e quelle della SISRI, sostenendole. La sua è stata un’attività per molti versi unica. Non è facile trovare un noto imprenditore che, al tempo stesso, sia forse ancor più noto per le sue opere artistiche e conosciuto anche per i suoi libri di filosofia. Attività apparentemente diverse fra loro, ma legate da una visione e unitaria della realtà e della vita, frutto di un pensiero costruito negli anni, con pazienza e con passione. Per l’ing. Locati la realtà era un’unità a molti livelli: non solo materia da modellare in officina perché venisse trasformata in strumenti utili alla vita, ma anche materia da pensare e da meditare, perché luogo dove abita lo spirito, che sprigionava significati sempre nuovi. Erano quei significati che egli cercava di esprimere attraverso le sue opere, con le quali si sforzava di rappresentare le regole del nostro linguaggio e del nostro pensiero. Un uomo appassionato all’unità del sapere, per il quale cultura umanistica e cultura scientifica non erano parti divise di un sapere frammentato, ma aspetti di un’unica comprensione della realtà. Cercava modi per far dialogare fra loro pensiero scientifico e filosofia, ma si dirigeva volentieri anche alla teologia, perché persuaso che le risposte ultime e più profonde della realtà potevano giungere solo considerandola opera di un Creatore.
Conobbi Giuseppe Locati nel 2008, in occasione di un concorso per giovani laureati da lui promosso in collaborazione con i Lions di Monza, allo scopo di stimolare la riflessione sulle grandi domande filosofiche. Scoprimmo subito un intento comune, una passione che adesso ci legava: fornire gli strumenti perché le nuove generazioni non cadessero negli errori del riduzionismo e nel pragmatismo, ma coltivassero una “ragione aperta”, disposta ad andare in profondità, evitando superficialità e pressapochismo. Il “Premio Locati” ebbe diverse edizioni, tutte di grande livello, a varie delle quali fui invitato a prendere parte come membro della Giuria. Nacque così una collaborazione culturale che vide Locati partecipare a Roma ai workshop della SISRI (Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare) e a sostenere il lavoro che svolgevamo. I giovani restavano ammirati dagli ampi interessi di questo imprenditore brianzolo che maneggiava gli attrezzi dell’officina meccanica e quelli dell’artista con la medesima delicatezza, perché mosso dalla medesima ispirazione. Commentando una delle sue opere, il “Quasi-cubo” (1992), mi diceva: “Vede, da lontano sembra un cubo, razionale, squadrato; da vicino, invece, lo si scopre smussato, di strati e colori diversi, complesso. Così è la realtà. Non è mai chiusa in una fredda razionalità. È ricchissima e poliedrica, ma occorre imparare ad osservarla”.
Oltre alla squisita ospitalità nella loro casa a Monza, accanto alla moglie Elisabetta Galimberti, di Giuseppe Locati ricordo l’ottimismo e l’amore per la riflessione, per la meditazione silenziosa. Una consuetudine a prima vista distante dalle esigenze della vita contemporanea, scandita dai ritmi della produzione e dell’efficienza. Locati amava meditare, passeggiare in silenzio, pregare. La sua fede in Dio creatore era il filo conduttore che univa ispirazione artistica, passione per il lavoro, vita di studio e ricerca intellettuale. Il lavoro, tecnica e arte, era per lui il modo con cui partecipare all’attività creatrice di Dio.
L’ing. Locati ci lascia un esempio straordinario, che ci proponiamo di tener vivo nel tempo, insieme al suo ricordo. Mi piace pensare che la sua ricerca dell’unità, dell’unificazione del molteplice nel semplice, sia stata adesso finalmente soddisfatta dalla contemplazione “dell’Amor che muove il sole e l’altre stelle”, contemplazione con cui Dante Alighieri conclude il suo pellegrinaggio nellaCommedia, speranza di ogni credente nel Risorto.
Giuseppe Tanzella-Nitti