Il giorno 11 febbraio ci ha lasciato George Coyne, astronomo, direttore del Vatican Observatory dal 1978 al 2006. È morto a Syracuse, New York, per le conseguenze di un cancro contratto anni prima. L’Istituto di ricerca della Santa Sede, dalla storia lunga e prestigiosa, ha avuto in George Coyne un direttore intelligente e apprezzato, che ha saputo aprire le porte della Specola a ricercatori di tutto il mondo, facendone per molti anni uno dei centri più vivaci del dialogo fra scienza e religione. Altri organi di informazione offriranno biografie approfondite dello scienziato statunitense, nato a Baltimora il 19 gennaio del 1933. L’attuale direttore della Specola, Guy Consolmagno ha offerto un necrologio su Vatican News e sul sito ufficiale della Specola. Molti altri amici e conoscenti di George lo ricorderanno in questi giorni con riconoscenza e affetto.
George ha vissuto una stagione importante, in cui il ruolo del Vatican Observatory non è stato più solo quello di un Istituto di ricerca della Santa Sede, unicum nel suo genere, finalizzato a mostrare la presenza istituzionale della Chiesa cattolica nel mondo scientifico. George aveva dato alla Specola Vaticana una vesta innovativa e uno spazio internazionale, culturale e scientifico, nuovo. Coyne aveva promosso iniziative importanti, creato ponti, favorito l’incontro fra scienziati di diverse confessioni religiose, portando in tutto il mondo l’immagine della fiducia con cui la Chiesa cattolica accoglieva nel suo seno i risultati delle scienze e vi meditava sopra, traendone spunto per una maggiore intelligenza della fede. Nell’ufficio di George, una volta ubicato nel Palazzo Apostolico di Castelgandolfo, sono passati astronomi di fama internazionale. Sulla terrazza del suo studio, dal quale si accedeva direttamente dal suo ufficio, nelle giornate d’estate Giovanni Paolo II si sedeva a chiacchierare con studiosi e scienziati, poneva loro domande, ascoltava le loro risposte.
In quello studio e su quella terrazza anch’io ho avuto la fortuna di poter conversare tante volte con George a partire dal 1984, per tutti gli anni della sua permanenza a Roma. Quando, nel 1987, gli comunicai che avrei lasciato l’Osservatorio Astronomico di Torino per ordinarmi sacerdote e dedicarmi allo studio della teologia nel neonato Ateneo della Santa Croce a Roma, mi guardò con simpatia e mi disse: “Giuseppe, non lasciare lo studio dell’astronomia: il sacerdozio di Cristo è così grande che vi entra dentro tutto”. A prima vista quelle parole mi sembrarono distanti dai miei sentimenti e da ciò che mi preparavo a vivere. Poi, a distanza di pochi anni, mi accorsi che aveva ragione. Dopo la mia ordinazione sacerdotale, molti colleghi cominciarono inaspettatamente ad interpellarmi per seminari e convegni nei quali desideravano conoscere il punto di vista della teologia su importanti questioni interdisciplinari. Mi resi conto che vi era anche un modo accademico di promuovere gli studi di teologia e scienze e che quello poteva essere per me un bellissimo campo di ricerca, ma anche di evangelizzazione. Solo un anno dopo venne pubblicata la lettera che Giovanni Paolo II indirizzò a George Coyne proprio sui rapporti fra teologia e scienze, un documento che a distanza di oltre 30 anni continua ad essere di una straordinaria attualità.
Cominciarono gli anni dei Convegni Interdisciplinari promossi dal Vatican Observatory sull’importante tema Scientific Perspectives in Divine Action, protrattisi per circa 20 anni, ai quali presero parti teologi e scienziati di fama internazionale; ad essi presto si affiancarono i Simposi The Inspiration of Astrononical Phenomena, alla cui organizzazione potei prendere parte insieme a George e ad altri, che riunirono in molte sessioni astronomi, umanisti e artisti. Anni fecondi nei quali George, con la sua amicizia e la sua simpatia, fu capace di avviare rapporti prestigiosi e ricchi di contenuto, della cui eredità molti di noi stanno ancora giovandosi.
Molti analisti e commentatori ricorderanno George Coyne per la sua presenza nella Commissione, voluta da Giovanni Paolo II e presieduta dal card. Paul Poupard, che dal 1979 al 1992 si occupò di approfondire alcune questioni relative al “caso Galileo”, al suo impatto culturale e alle sue ripercussioni sul piano pastorale e della vita della Chiesa. George colse che il fine di questa Commissione non era tanto quello di chiarire questioni formali o disciplinari, risolte già secoli addietro, ma sanare una ferita di ordine culturale, che distanziava alcuni ambienti scientifici dalla Chiesa cattolica. Diede pertanto vita ad un’incessante serie di conferenze pubbliche e di eventi che portarono in tutto il mondo questa nuova sensibilità di Giovanni Paolo II e aiutarono molti a riscoprire le radici cristiane dell’interesse per la scienza e per lo studio della natura.
Durante le sue conferenze, quando gli capitava di mostrare al pubblico la fotografia della nebulosa NGC 7000, nella costellazione del Cigno, detta dagli astronomi “Nord America” per la sua forma che ricorda il profilo del continente americano, George indicava col puntatore laser la sua Baltimora, scherzando sul fatto che gli USA avevano un posto anche nel Cielo. Siamo certi che quel cielo, che da astronomo George ha studiato con passione, è oggi per lui, trasfigurato, il luogo della contemplazione senza tramonto.
Giuseppe Tanzella-Nitti
Guarda l'intervista a George Coyne girata dal DISF il 7 dicembre 2001
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