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Teoria o teorie dell'evoluzione? Una introduzione al tema

La biologia – e più in generale le life sciences – sono oggi in una fase di sviluppo magmatico. Non soltanto perché i dati osservativi e i risultati sperimentali in ogni suo settore (dalla biologia molecolare alla biologia evoluzionistica, dall’etologia alle neuroscienze) vengono ottenuti ad un ritmo incalzante, e con precisione e affidabilità sempre maggiori. Ma anche – e forse soprattutto, almeno dal punto di vista di questa introduzione – perché è in corso un acceso ed esplicito dibattito sul suo assetto teorico. Per dirla con la nota espressione dello storico e filosofo dalla scienza T. S. Kuhn, sembra quasi che la biologia evoluzionistica si trovi oggi all’esordio di una “rivoluzione”, perché sempre più autorevoli scienziati nel campo si interrogano sulla necessità di una revisione teorica significativa, tale da poter far presagire ad un vero e proprio “cambio di paradigma” nel prossimo futuro. Questo, in breve, è il tema di cui vuole occuparsi lo speciale che proponiamo ai nostri lettori.

Al solo menzionare la biologia evoluzionistica, il nome che viene subito alla mente è Charles R. Darwin. Giustamente: senza i suoi contributi non è possibile comprendere lo sviluppo dell’approccio evolutivo al vivente. Grazie alla sua opera – spesso si afferma – la biologia evoluzionistica ha raggiunto una forma matura. In effetti, la proposta teorica darwiniana è molto potente dal punto di vista esplicativo. L’idea di selezione naturale da senso al fatto dell’evoluzione dei viventi – fatto già all’epoca di Darwin assai circostanziato da dati paleo-ontologici e archeologici, nonché da osservazioni naturalistiche (tra le quali quelle di Darwin stesso in giro per il globo) che mostrano l’enorme variabilità delle forme di vita, anche in un unico areale piuttosto confinato (emblematico il caso dei cosiddetti “fringuelli di Darwin” [1]).

L’approccio evoluzionistico alla vita, tuttavia, non inizia con Darwin. Almeno, è necessario andare precisamente mezzo secolo indietro (rispetto alla pubblicazione del capolavoro darwiniano del 1859 On the Origin of Species by Means of Natural Selection, or the Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life), all’opera di Jean-Baptiste Lamarck che pubblica la sua Filosofia zoologica nel 1809. In realtà, una concezione “storica”, evolutiva della natura affonda le sue radici quasi fino all’epoca di Galilei. Fu infatti Niccolò Stenone (1638-1686) che a seguito dei suoi studi naturalistici (geologici e di anatomia comparata) propose l’idea che la natura – a cominciare dalla stessa conformazione geologica del nostro pianeta – cambia, ha una storia, non rimane sempre identica a sé stessa. È chiaro, l’idea di un “divenire” e quella di storia sono assai più antiche, e rimontano alle origini profonde della cultura occidentale: quelle greche e quelle ebraico-cristiane. 

Tuttavia, è con Stenone che l’idea di una natura che evolve inizia ad affacciarsi in contesto propriamente scientifico. Lamarck formulerà la prima ipotesi evolutiva sulla vita (e – incidentalmente – conierà lo stesso termine “biologia”). Darwin porterà a maturità questi sviluppi con la sua biologia evoluzionistica incentrata sull’idea di selezione naturale. Siamo nella seconda metà dell’‘800.

Propongo un piccolo “parallelo”. La scienza moderna – è ormai luogo comune – nasce tra il XVI e il XVII secolo. La cosiddetta “rivoluzione copernicana” – proprio il processo storico che porta alla nascita della scienza moderna – inizia convenzionalmente nel 1543, data di pubblicazione (postuma) del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico , e si chiude convenzionalmente nel 1687 con la pubblicazione dei Philosophiae naturalis principia mathematica di Newton. Ora: la storia della fisica finisce qui? Evidentemente no! Basterebbe menzionare le due grandi rivoluzioni della fisica del ‘900 (quella quantistica e quella relativistica) – trascurando però, quantomeno, svolte come la nascita di termodinamica e meccanica statistica, o dell’elettromagnetismo e la “fisica dei campi”. 

E la storia della biologia, finisce con le opere di Darwin? Evidentemente no! Da un certo punto di vista, lo speciale che qui proponiamo, vuole sottolineare proprio questo punto. Vuole cioè indugiare sui cambiamenti della biologia evoluzionistica dopo Darwin. Ancor meglio, vuole concentrarsi sui cambiamenti della biologia evoluzionistica attualmente in corso – cambiamenti che, come accennato, hanno tutto il sapore di essere “rivoluzionari”.

Dopo Darwin, attorno alla metà del XX secolo (circa un secolo dopo l’Origin), viene alla luce la cosiddetta Sintesi Moderna (o Neodarwiniana), scaturita delle opere di biologi quali T.H. Morgan, R. Fisher, T. Dobzhansky, G.G. Simpson ed E. Mayr, e “sancita” dal libro di J. Huxley del 1942 intitolato Evolution: The Modern Synthesis. La forma compiuta della Sintesi Moderna sarà messa a punto nel corso degli anni ‘60, anche a seguito della celebre scoperta della struttura del DNA ad opera di Francis Crick e James Watson, nel 1953.
Infatti, i capisaldi della Sintesi possono essere schematicamente riassunti in:
   
Produzione di variazione: mutazioni e variabilità genetiche,
Trasmissione di variazione: ereditarietà genetica (mendeliana),
Selezione di variazione: selezione naturale (“sopravvivenza dei più adatti”).
    
Questo però, evidentemente, non è uno sviluppo recente. Al contrario è ciò che potrebbe essere chiamata la “received view” per i biologi evoluzionisti dei nostri giorni. Tuttavia, negli ultimi 50-60 anni sono accadute moltissime cose in biologia, sia sul versante empirico, sia sul versante più teorico. Impossibile sarebbe renderne conto in queste brevi note. Sarà interessante ribadire, però, che la comunità scientifica delle life sciences è attualmente combattuta tra l’idea che la Sintesi Moderna rappresenti ancora l’assetto teorico di riferimento per la biologia evoluzionistica – che sia ancora un “programma di ricerca in buona salute”, per usare l’espressione di un altro epistemologo del ‘900, Imre Lakatos – e l’idea che invece essa abbia bisogno di un profondo “ripensamento” [2].
    
Quali sono gli elementi che indurrebbero a questo ripensamento? Anche in questo caso, non è facile prenderli tutti in considerazione. Forse il punto fondamentale (più o meno esplicitamente percepito) per la Sintesi Moderna è l’idea che un organismo possiede, iscritto nel suo DNA, un programma che gestisce il suo sviluppo e lo porta alla sua forma matura, e che quindi in qualche modo ne determina le caratteristiche morfologiche, anatomiche, fisiologiche, e anche comportamentali e “cognitive” (sensu lato). Con questa idea, la spiegazione dell’evoluzione dei viventi secondo la Sintesi Moderna correva in maniera assai scorrevole. Il genoma di un organismo ne fissa i tratti. I tratti di un organismo ne determinano il successo in termini di sopravvivenza e riproduzione. La selezione naturale premia gli organismi con i tratti più adatti, e quindi favorisce la diffusione dei genomi che fissano i tratti “di successo”.

La cosiddetta Extended Evolutionary Synthesis (EES – la “sintesi evoluzionistica estesa”) – vale a dire, quel tentativo di nuova sintesi teorica che intende superare la Sintesi Moderna – in fondo, mette in questione proprio quell’assunto fondamentale. Gli organismi non sarebbero “programmati” dal DNA, ma sono costruiti durante lo sviluppo, in maniera profondamente dipendente da fattori ambientali ma anche da fattori comportamentali e di interrelazione tra diverse forme di vita in un ambiente condiviso. Questo non è un punto secondario, perché ha molte conseguenze sia “a monte” che “a valle” dell’azione della selezione naturale. A monte, perché ciò su cui l’ambiente agirebbe selettivamente (selezione naturale), a questo punto, non sarebbe più il “prodotto diretto” di un certo genoma ma il risultato delle interazioni tra l’organismo che si sviluppa e il suo ambiente. A valle, perché l’ambiente, che agirebbe selettivamente sugli organismi che lo abitano, a questo punto, non è più “indipendente” proprio da quegli organismi, che al contrario contribuiscono in maniera decisiva a plasmarne aspetti e fattori.

Nella Sintesi Moderna, il centro dell’attenzione erano i geni, il genoma. L’ambiente costituiva il fattore selettivo. Fatta salva l’ereditarietà, il ruolo dell’organismo nella sua concretezza e realtà era tutto sommato ridotto a quello di “interfaccia” tra genoma ereditabile e ambiente selettivo. Nella Sintesi Estesa, al contrario, ciò che “accade” nell’arco di vita dell’organismo reale e concreto nel suo ambiente (la sua ontogenesi) assume importanza centrale. Viene posto l’accento su come l’organismo modifica il suo ambiente, e quindi modifica, spesso “smussando”, i fattori selettivi su sé stesso e la propria progenie (vale a dire, quanto indicato con l’espressione niche construction). Viene posto l’accento su come l’ambiente modifica l’organismo nel corso della sua esistenza (senza richiedere mutazioni genetiche), inducendo tratti e caratteri sia morfologici che comportamentali (vale a dire, ciò che si intende con “plasticità fenotipica”). Lo sviluppo dell’organismo, a questo punto, diventa il focus principale, il luogo dove l’evoluzione biologica veramente “avviene” (e questo è il nucleo della cosiddetta evolutionary developmental biology– “evo-devo”).

Altro aspetto “rivoluzionario” della Sintesi Estesa riguarda le modalità di trasmissione di informazione. Per la Sintesi Moderna l’ereditarietà era genetica, senza eccezione. Per la Sintesi Estesa possono essere distinti almeno altri tre canali di ereditarietà. Quello epigenetico: la trasmissione di variazione non tramite mutazioni genetiche ma tramite cambiamenti in aspetti molecolari non genetici – ovvero: epi-genetici). Quello comportamentale: molti comportamenti e strategie di sopravvivenza vengono trasmessi tramite apprendimento sociale (imitazione, emulazione, ecc. – essenzialmente, “copiando altri membri del proprio gruppo”) e non grazie alla trasmissione genetica. Quello simbolico: quantità ingenti di informazione possono essere trasmesse di generazione in generazione grazie alla comunicazione simbolica (linguaggio e scrittura, monumenti e opere d’arte, ecc.) – è, evidentemente, il caso della cultura che opera nell’evoluzione umana.

Queste potrebbero essere le coordinate essenziali lungo le quali la biologia evoluzionistica sta cambiando. Entrare in livelli di dettaglio più fini non è possibile in questa sede. Per alcuni versi, un simile approfondimento può essere innescato dalla lettura dei testi proposti in questo speciale. Prima di passare ad una loro breve presentazione, varrà la pena di soffermarsi su un’ultima considerazione. Alcuni dei punti che hanno indotto alcuni studiosi del campo a proporre una Sintesi Estesa hanno a che fare con alcune peculiarità dell’essere umano, specificamente col tema della cultura e dell’evoluzione culturale. A ben guardare infatti, il tema della cosiddetta gene-culture co-evolution (vale a dire, l’idea che le strategie e innovazioni culturali, essendo parte integrante dell’ambiente selettivo delle popolazioni umane che le posseggono, influenza l’evoluzione genetica di quelle stesse popolazioni) è un caso di niche construction. Se poi si tiene a mente che la gene-culture co-evolution emerge nel campo della genetica di popolazione negli anni ‘70 del secolo scorso, si realizza quanto questo “fattore umano” (la cultura) abbia influenzato la ricerca biologica successiva. Ancor più evidente è la rilevanza della considerazione della cultura umana nella riflessione intorno alle modalità di trasmissione dell’informazione: la modalità simbolica è al cuore della cultura e dell’evoluzione culturale.

Venendo ora ai testi che compongono questo speciale, la prima cosa da notare è che essi sono proposti in un ordine “quasi cronologico”. Il primo testo è la voce del Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede per il lemma “evoluzione” (redatto dal compianto Prof. Lodovico Galleni nel 2002): esso gioca il ruolo di offrire una panoramica sul tema di fondo dello speciale, secondo la prospettiva interdisciplinare di questo portale.

Il secondo testo è un commento all’opera di Stenone intitolata Prodromo a una dissertazione sui solidi naturalmente contenuti in altri solidi. È proprio in quest’opera che, come accennato, Stenone propone una chiara idea di una cronologia in natura, che questa abbia una vera e propria storia. Il titolo potrebbe sembrare rimandare alla geologia più che alla biologia. Non è interamente così: il lettore scoprirà che i solidi di cui parla Stenone non sono solo rocce e sedimenti, ma anche fossili di viventi – vale a dire, la base fattuale primaria dell’evoluzione biologica.

A questo testo segue uno studio critico dell’opera di Lamarck con la quale ha avuto inizio la biologica evoluzionistica. Oltre ad una presentazione sobria degli assunti fondamentali della Filosofia zoologica di Lamarck, il lettore troverà qui anche indicazioni circa il dibattito dell’epoca tra concezione fissista e concezione, appunto, evolutiva delle specie viventi, nonché un confronto tra “lamarckismo” e “darwinismo”.

Testo chiave di questo speciale è la (nostra) traduzione italiana di un estratto dell’ultimo capitolo del libro di Alfred R. Wallace Contributions to the Theory of Natural Selection. Wallace deve essere considerato il “co-scopritore”, insieme a Charles R. Darwin, della selezione naturale. 

Il testo qui proposto è parte del capitolo in cui Wallace manifesta le sue riserve circa l’idea che la selezione naturale possa spiegare interamente l’evoluzione umana al pari di quanto riesca a fare per l’evoluzione degli altri animali. Il testo è del 1870, e naturalmente andrebbe ben contestualizzato all’epoca. Molti degli argomenti usati da Wallace non sarebbero più accettabili oggi. Anche la prospettiva “spiritualista” che emerge dal testo in versione integrale inglese, riceverebbe oggi sensate critiche. Ciò nonostante, il testo è interessante per almeno due ragioni (oltre a quelle strettamente storiche). In primo luogo, Wallace enuclea con chiarezza un problema (quello dei limiti della selezione naturale nel caso dell’essere umano) che è attualmente un problema ampiamente discusso non soltanto nel campo di “Scienza e Fede” ma anche in biologia stricto sensu. E questo sia per ciò che riguarda lo specifico caso dell’evoluzione umana, sia – come abbiamo visto – per quanto riguarda quella revisione concettuale nella teorizzazione evoluzionistica del tutto in generale oggi in corso (e di cui Wallace non poteva avere presagio). In secondo luogo, il testo di Wallace, questa volta considerato anche nella sua interezza, e non solo per l’estratto tradotto qui proposto, è un esempio di speculazione interdisciplinare di un biologo/naturalista che se può sembrare oggi prevalentemente estranea al “biologo militante” (anche se non è così, in realtà) certamente non era affatto estranea agli uomini di scienza contemporanei o precedenti Wallace stesso, in altri settori dell’indagine scientifica (si pensi a un Boole o un Cauchy, ma anche ad un Galilei o un Newton).

Il quinto testo proposto è la riproduzione dell’interludio riassuntivo del celebre libro di E. Jablonka e M. J. Lamb Evoluzione in quattro dimensioni, in cui viene esplicitata e proposta proprio la riflessione sulle diverse modalità di trasmissione transgenerazionale di informazione oltre a quella strettamente genetica. Il testo offre anche due tabelle sinottiche assai utili.

Il sesto contributo è l’articolo pubblicato da Nature nel 2014 in cui le voci dei sostenitori della Sintesi Moderna e di quelli della Sintesi Estesa vengono confrontate punto a punto. È proprio questo articolo a dare la chiara impressione che la biologia evoluzionistica possa essere alle soglie di una rivoluzione paradigmatica.

Chiude lo speciale un testo di Xavier Le Pichon, geologo di fama mondiale e destinato a passare alla storia, in cui l’evoluzione umana viene guardata anche dal punto di vista etico-religioso, ponendo l’accento sulla rilevanza dell’amore e della compassione per il cammino che ha condotto fino all’essere umano.

   

Ivan Colagè
(Ricercatore del Centro DISF)


[1] I “fringuelli di Darwin” sono così chiamati perché attirarono l’attenzione dello stesso Darwin quando, a bordo del Beagle, giunse nelle isole Galapagos. La variabilità inter- e intra-specifica dei fringuelli sulle Galapagos è effettivamente stupefacente. Inoltre, studi successivi su quelle popolazioni di volatili hanno fornito alla comunità scientifica profonde conferma circa l’effettiva efficacia della selezione naturale: P.R. Grant - B.R. Grant, How and why species multiply. The radiation of Darwin’s finches, Princeton University Press, Princeton –  Oxford 2008. P.R. Grant, Ecology and evolution of Darwin’s finches, Princeton University Press, Princeton 19992.

[2] Cf. K. Laland – G. Wray, et al., “Does Evolutionary Theory Need a Rethink?”, Nature, 514 (2014): 161-164. (Articolo riproposto in questo speciale.)