Chi è l’uomo? Filosofia, antropologia, teologia e senso della vita

Gianluca Segre
Auguste Rodin, Il pensatore (1880-1902), fusione in bronzo, Museo Rodin, Parigi.
In pillole
  • A partire da Socrate, la questione dell’uomo – inteso essenzialmente come anima – diviene centrale. Platone, Aristotele, lo stoicismo e il neoplatonismo, con diversi accenti, riflettono sull’uomo come essere razionale, sociale e spirituale.
  • La riflessione cristiana, partendo dall’uomo come imago Dei, giunge alla nozione di persona, in cui emergono il valore e la natura relazionale dell’essere umano. Specificità del cristianesimo è inoltre sostenere l’Incarnazione del Verbo, ovvero la dottrina secondo cui Dio si è fatto uomo.
  • Con l’Umanesimo viene evidenziato il rapporto con il mondo, esaltando le capacità operative dell’uomo. Tale prospettiva, accentuata sia da Bacone sia da Cartesio, si trasforma poi, con l’Illuminismo e soprattutto con il Positivismo ottocentesco, in una concezione immanentista.
  • L’immanentismo ateo caratterizza la concezione di Feuerbach, Marx e Nietzsche. Ogni apertura dell’uomo al trascendente è alienazione o tradimento della vita.
  • Nell’età moderna è ben presente un’altra prospettiva, che mette in luce la creaturalità e il carattere personale dell’essere umano. È la linea che va da Pascal a Vico, da Kierkegaard sino a Rosmini, Newman e Bergson.
  • Il Novecento vede la coesistenza di concezioni contrastanti sull’umano. A fronte di un crescente nichilismo, si assiste alla nascita di un personalismo che esalta il valore relazionale dell’essere umano. Il senso della dignità dell’uomo emerge, fra l’altro, nella Dichiarazione Universale dei diritti umani (1948).

L’uomo è un mistero tremendo” afferma Sofocle nel coro dell’Antigone. L’arte e il pensiero greco delle origini offrono elementi notevoli per una riflessione sull’anthropos – secondo alcune ricostruzioni etimologiche, “colui che guarda in alto”. Nel pensiero filosofico dei Presocratici, rivolto all’indagine sulla natura e la sua origine, emerge la dottrina pitagorica dell’anima – per la quale il corpo è una sorta di prigione dalla quale liberarsi – e risaltano le intuizioni di Eraclito: “Non incontrerai i confini dell’anima, tanto profondo è il suo logos”, “Ho indagato me stesso”.

A partire dai Sofisti, e ancor più da Socrate, la questione dell’uomo viene posta al centro. Con Socrate, e con il “conosci te stesso”, si afferma l’importanza della psychè, identificata nell’io libero, consapevole e responsabile, di cui prendersi primariamente cura, come riportato da Platone nell’Apologia: “Questo è in fondo quello che faccio. Cercare di persuadervi a non prendervi troppa cura del corpo e dei beni materiali prima che della vostra anima, affinchè divenga migliore”. Al tempo stesso egli intende la vita e la ricerca della sapienza come una missione, quasi un “posto di combattimento” affidato dagli dèi.

Con Platone l’antropologia viene agganciata all’indagine metafisica, alla “seconda navigazione”; non si può comprendere veramente l’uomo senza il fondamento di una verità immutabile, soprasensibile e trascendente. Platone, influenzato dalla concezione pitagorica, delinea un dualismo antropologico che avrà gran peso nel pensiero occidentale. Nel Fedro, con il celebre mito della biga alata, viene messa in luce sia la complessità dell’essere umano, non riconducibile alla sola ragione, sia il naturale orientamento dell’anima verso il mondo delle Idee e l’iperuranio; il divino diviene dunque la vera patria dell’anima.

Aristotele, distaccandosi dal dualismo platonico, sostiene invece una concezione fortemente unitaria dell’essere umano. L’uomo, “animale razionale”, è visto come un tutto poiché l’anima è forma e principio vitale del corpo. La rivalutazione della dimensione corporea nell’uomo ha chiare ripercussioni sull’etica e sulla vita felice, che include anche un’equilibrata presenza di beni fisici. Aristotele delinea così un ideale di vita virtuosa in cui la saggezza, che regola in modo conveniente i beni umani, è superata dalla sapienza, che si nutre della contemplazione delle cose più alte: “tra gli esseri che conosciamo, l’uomo è il solo a partecipare al divino, o quello che ne partecipa di più”.

Con lo Stoicismo inizia ad essere meglio compresa e  fondata l’uguaglianza degli esseri umani. La dottrina del Logos, presente in ogni uomo, è poi il fondamento della teoria del diritto naturale, a sua volta asse portante del pensiero giuridico e politico dell’età medievale e moderna, sino alla riflessione sui diritti umani della nostra epoca.

Lo stoicismo romano accentua l’importanza dell’interiorità e del rapporto con il divino, specie con Seneca:  “La divinità ti sta vicino, è con te, è dentro di te”. Con il neoplatonismo e Plotino -  tramite la dottrina del ritorno all’Uno – l’aspirazione alla trascendenza diviene poi l’essenza e la meta del cammino umano.

Il pensiero cristiano, alla luce della rivelazione biblica, è impegnato con i Padri della Chiesa nella riflessione sulla Trinità e approfondisce la nozione di uomo come imago Dei, giungendo alla fondamentale nozione di persona. Una celebre definizione si ha in Boezio, per il quale la persona è “sostanza individuale di natura razionale”.

Tale nozione consente di mettere in luce il valore incomparabile di ogni uomo, che ha Dio come Creatore e Padre, come afferma Leone Magno: “riconosci, o cristiano la tua dignità”. Al tempo stesso evidenzia la sua natura relazionale, nel rapporto con gli altri esseri umani e con Dio.

Il concetto di persona è divenuto in epoca moderna e contemporanea un patrimonio universale; si può ricordare ciò che afferma Kant dell’uomo, da considerare “sempre come fine e mai come mezzo”, cioè come un essere che ha una dignità, con un valore non esprimibile in termini di prezzo.

Il pensiero della Scolastica, in un primo momento fortemente caratterizzato dalla filosofia neoplatonico-agostiniana, dopo la riscoperta di Aristotele giunge alla grande sintesi di Tommaso d’Aquino. Egli sottolinea la mirabile natura dell’uomo, creatura che è al confine tra due mondi. La sua antropologia esclude ogni dualismo, evidenziando la continuità tra le attività biologiche, sensoriali e spirituali della creatura umana: la singola persona è la realtà totale costituita dall’unione tra anima e corpo. Non solo, essa è il vertice della creazione: “la persona è ciò che di più nobile e di più perfetto vi è al mondo”.

Il pensiero di Tommaso, riscoperto tra il XIX e il XX secolo, permane come una fonte di novità perenne. Il suo principio “gratia non tollit naturam, sed perficit”, è in grado di dare il giusto fondamento e valore all’impegno terreno, proprio dell’homo viator, alla luce della finalità ultima, che consiste per Tommaso nella beatitudo,  la vita in eterna comunione con il Dio trinitario.

Con l’Umanesimo, talvolta riduttivamente definito come passaggio da una concezione teocentrica a una visione del mondo antropocentrica, viene particolarmente evidenziata l’autonomia dell’uomo e il suo rapporto con il mondo, esaltandone le capacità operative. Manifesto della concezione umanistica è l’orazione De hominis dignitate, di Pico della Mirandola.

Si apre così la strada ad una concezione laicale, non necessariamente laicista, in cui la legittima autonomia delle attività e delle conoscenze umane non è in contrasto con la vocazione soprannaturale. Tale concezione ha la sua radice nella visione positiva della rivelazione biblica, che sin dal libro del Genesi vede come “cosa molto buona” l’essere umano, uomo e donna.

Nel Seicento la prospettiva “operativa” – cioè l’accentuazione della capacità umana di trasformare il mondo a proprio vantaggio – è proposta sia da Bacone, il profeta della tecnologia per il quale “sapere è potere”, sia da Cartesio, che esprime grande fiducia nelle capacità della ragione umana, supportata da un adeguato metodo.

Con Cartesio si riaffaccia poi una concezione fortemente dualistica del rapporto tra mente e corpo, res cogitans e res extensa, dalla quale è possibile far derivare sia lo spiritualismo ottocentesco, che sottolinea l’importanza della libertà, dell’interiorità, della fede, sia forme di materialismo.

La concezione  antropocentrica si trasforma poi, con parte dell’Illuminismo e soprattuttoil Positivismo e altre filosofie ottocentesche, in una visione del tutto immanentista. L’immanentismo ateo caratterizza la concezione di Ludwig Feuerbach, ripresa in parte da Karl Marx, che vede l’uomo come “insieme dei rapporti sociali” e, in modo diverso, la filosofia di Friedrich Nietzsche. Ogni apertura dell’uomo al trascendente è alienazione o tradimento della vita.

Tale prospettiva concepisce l’uomo come un soggetto autonomo, che si costituisce da sé, scisso da qualsiasi rapporto con Dio. È il più radicale rovesciamento dell’antropologia creaturale biblica: non è più l’uomo adessere immagine di Dio, ma è Dio che diviene una proiezione della coscienza umana. Cosicché, per l’autocostituirsi dell’uomo, l’ateismo è una condizione necessaria.

Nell’età moderna è al tempo stesso presente un’altra linea di pensiero, che difende la creaturalità e l’irriducibile complessità e singolarità dell’essere umano. È la linea che va da Blaise Pascal a Giambattista Vico, da Søren Kierkegaard sino ad Antonio Rosmini, John Henry Newman e Henri Bergson, per proseguire con i sostenitori del personalismo cristiano nel XX secolo.

Il Novecento, segnato dall’avvento della società di massa, dalla tragedia dei totalitarismi, dalla rivoluzione informatica, vede la coesistenza di concezioni contrastanti, dalle quali viene riproposta la domanda sull’umano.

L’esplorazione dell’inconscio intrapresa dalla psicoanalisi di Sigmund Freud consegna un’immagine dell’umano che vede all’opera diverse istanze psichiche (irriducibili all’Io) e in cui l’azione delle pulsioni tende a porre un vincolo alla soggettività umana. La sfida posta alla riflessione antropologica da Freud viene raccolta, tra gli altri, da Viktor Frankl, il fondatore della logoterapia, o terapia del significato. Per Frankl chi sa di avere nella vita un compito, ha in mano un valore ineguagliabile; l’homo religiosus vede questo compito come una missione, il tempo terreno come un dono e come avvio alla conoscenza di Dio.

Il senso della dignità dell’uomo emerge – almeno come presupposto implicito – anche nella Dichiarazione Universale dei diritti umani, documento adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948.

Il magistero della Chiesa nel XX secolo, con nuovi approfondimenti a partire dalla teologia dell’umano come imago Dei, difende con rinnovato vigore una concezione integrale dell’essere umano, la cui vocazione soprannaturale non esclude ma anzi richiede un serio e appassionato impegno nella vita lavorativa, sociale  e familiare, come affermato dal Concilio Vaticano II (1965) nella costituzione Lumen gentium, con la dottrina della chiamata universale alla santità.

Come, nello stesso Concilio, afferma la Gaudium et spes, “L’essere umano è l’unica creatura che Dio abbia voluto per sé stessa”. Specificità del cristianesimo, infatti, è la fede nell’Incarnazione del Verbo, ovvero Dio si è fatto uomo. Dal momento che Dio ha assunto una vera umanità, ogni essere umano è capace di partecipare della vita di Dio.

Tracce di lavoro: 

Laboratorio interdisciplinare: I docenti di diverse discipline stimolino una discussione comune sul significato dell’aggettivo “umano” quando viene accostato a vari sostantivi. Ad esempio: scienze umane, errore umano, decisione umana, ambiente umano, calore umano, etc. Riflettano su come tali significati aiutano a caratterizzare la peculiarità della specie umana.

Discutiamone insieme: L’essere umano manifesta una auto-trascendenza che si manifesta nel progresso scientifico, nella ricerca di mete sempre più alte e ambiziose della conoscenza, nella progettualità, ecc. Il docente stimoli negli studenti una riflessione a commento della frase di Blaise Pascal: «L’uomo supera infinitamente l’uomo».

Approfondisci e rifletti: Offri un tuo commento al brano Oratio de hominis dignitate di Pico della Mirandola, incluso tra le Pagine scelte, in particolare a proposito della questione della libertà umana.

Per approfondire

Gianfranco Basti, Mind-Body Relationship

voci tratte da DISF e INTERS
Opere influenti: 
Blaise Pascal, Pensieri, Opuscoli e Lettere (1670), a cura di Tommaso Bernard Vinaty
Søren Kierkegaard, Diari (1834-1848), a cura di Francesco Panizzoli
Maurice Blondel, L’Azione. Saggio di una critica della vita e di una scienza della prassi (1893), a cura di Giuseppe Tanzella-Nitti
Martin Heidegger, Essere e Tempo (1927), a cura di Stefano Oliva
Bertrand Russell, Perché non sono cristiano (1957), a cura di Maurizio Schoepflin
Indicazioni bibliografiche: 

Opere in rapporto con il Percorso:

M. Buber, Il cammino dell’uomo (1947)

J.C. Eccles, Il mistero uomo (1979)

A. Gehlen, L’uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo (1983)

J.C. Eccles, D. Robinson, La meraviglia di essere uomo (1984)

G. Israel, La macchina vivente. Contro le visioni meccaniciste dell’uomo (2004)