- L’etimo del termine “natura” rimanda a qualcosa che emerge e si sviluppa: nascere, crescere, diventare... Non si limita, dunque, a significare una "essenza" immutabile, ma indica piuttosto un principio dinamico, operativo.
- Platone e Aristotele hanno sviluppato l’idea di natura come essenza, ovvero "ciò che una cosa è per natura", sebbene essa regoli anche come una cosa possa svilupparsi e interagire con altre entità.
- A partire dal XVII secolo, con Stenone, Linneo, Lamarck e, poi, Darwin, nella visione della natura entra progressivamente la nozione di "storia" e con essa l'idea di una natura in evoluzione.
- Molto istruttive le metafore impiegate nei secoli per intendere la natura: un libro scritto dal Creatore, un organismo in evoluzione, un orologio regolato da un “grande orologiaio”, un computer.
- La visione meccanicista e determinista di Seicento e Settecento entra in crisi con le scoperte del Novecento (termodinamica, meccanica quantistica, teoria della relatività) che portano a un’immagine della natura olistica e complessa.
- Il Novecento ha visto tornare in auge questioni e dibattiti come quello tra idealismo e realismo nelle nostre rappresentazioni della natura.
- L'impresa scientifica, pur fallibile e perfezionabile, si basa su una concezione della natura come sede di proprietà stabili e conoscibili.
In due tra le maggiori opere di consultazione filosofica on-line, la Stanford Enciclopedia of Philosophy e la Internet Enciclopedia of Philosophy, non è stata (ancora?) predisposta la voce “Nature”. Nell’indice delle entries si può trovare naturalism, nature of law, natural kinds o anche dispositions. Questa assenza vuol dire che il termine “natura” rimanda a un concetto filosofico obsoleto? La domanda richiede un’attenta riflessione.
In effetti, le discussioni intorno al concetto di natura sembrano confluite in riflessioni più ampie, relative alle “visioni della natura” sviluppate nel corso della storia. Esse si sono arricchite di immagini e metafore fortemente evocative e dal valore euristico, capace di orientare filosofi della natura prima e scienziati poi nelle loro ricerche. Le varie visioni della natura che si sono succedute, alternate o sovrapposte risentono del contesto storico-culturale ma esprimono anche la permanenza di alcuni elementi concettuali.
La natura tra stabilità e dinamicità. L’etimologia della parola “natura” contiene parte della risposta alla nostra domanda. Il termine greco rimanda a physis e fin dalle origini del pensiero occidentale esso ha assunto molteplici significati. In effetti, appena si prova a ragionare su cosa sia la natura, ci si accorge che non è semplice fissarne il significato. Nel VI-V sec. a.C. i Milesi, con molta probabilità, mossero dall’osservazione del mondo individuando il principio utile a spiegare la totalità delle cose. Acqua, aria, fuoco, terra: qualsiasi fosse il fondamento ne nasceva un’articolata serie di problemi che esigeva una risposta più complessa. Physis deriva da phuo, “genero”. Il termine latino “natura” è composto di natus, participio passato di nascere, e urus, suffisso del participio futuro. Esso indica ciò che nasce e che nascerà. L’etimo di “natura”, dunque, rimanda a quel che emerge e che si svilupperà dall’ordine attuale delle cose, in senso sia statico (l’ordine, l’organizzazione) che dinamico.
Platone prima e Aristotele poi hanno sviluppato l’idea di natura come essenza (ousia, eidos), intendendo ciò che rende una cosa esattamente quello che è, la accomuna ad altro (la natura di un gatto è di avere una serie di proprietà) e al contempo la distingue da altro (la natura di un gatto è diversa da quella di un cane). Per questo, si può avere scientia soltanto dei fenomeni che accadono necessariamente in conseguenza delle essenze, o “per lo più”, ut frequenter, come sottolinearono i commentatori medievali di Aristotele. Le conoscenze acquisite vanno poi articolate e organizzate entro un sistema di elementi, alcuni dei quali più universali e fondamentali (assiomi o dignità), altri particolari e derivati.
La natura tra fissismo ed evoluzione. La tensione tra l’idea di una natura che presenta regolarità e conserva le essenze degli enti, e quella di una natura mutevole, cangiante e dinamica torna forte quando, dal XVII secolo in poi, alla visione fissista della natura si affianca quella evolutiva. Le ricerche di N. Steensen offrirono dati per prendere in considerazione l’ipotesi che alcune forme di vita originariamente apparse sul globo terracqueo potessero essersi estinte. Anche la pratica di classificare le forme viventi si intensificò, portando all’opera tassonomica di Linneo e identificando il problema, tuttora irrisolto, se la natura delle specie fosse continua o discontinua.
Il mondo della vita sfuggiva alle categorie impiegate nelle scienze fisiche: importare la mentalità sperimentale e meccanicista della scienza moderna nelle scienze della vita conduceva a forme di materialismo biologico non sempre convincenti ed esaustive. Così, in epoca illuministica e soprattutto romantica, non mancò di svilupparsi un filone anti-meccanicista, che affiancava all’approccio sperimentale quello vitalistico. In tal senso, però, occorreva capire da dove sono tratte la materia e il movimento, se da un Creatore o da una forza ordinatrice intrinseca. La dinamicità poteva essere concepita come interna alla natura stessa che, nel quadro di un ilemorfismo ateo, veniva interpretata come attuante un ordine parziale, sebbene priva di un fine evolutivo ultimo.
Ereditando queste visioni della natura, Lamarck propose una prima forma di evoluzionismo, che raggiungerà la sua piena e originale espressione con Charles Darwin. La teoria dell’evoluzione varcò presto le soglie del sapere scientifico, aprendo discussioni filosofiche e teologiche. Ad oggi, la visione evolutiva della natura si ritrova anche in cosmologia, quando si parla di origine ed evoluzione dell’universo.
Vitalismo e materialismo: dall’organismo alla macchina. Le origini dell’idea di mondo come organismo possono essere fatte risalire a Socrate, che criticava il materialismo degli Ionici e insegnava che tutta la natura è orientata all’essere umano. Platone proseguì svalutando la natura, sede delle copie delle Idee, rispetto al mondo degli enti immateriali e intellegibili. Aristotele, pur critico della teoria delle idee di Platone, rimase fedele al principio fondamentale del programma socratico: la natura va intesa in analogia all'uomo, anch’essa si muove verso il miglior ordinamento possibile e agisce come un organismo.
Esiste dunque una corrispondenza tra il modo di agire dell'uomo e il modo in cui la natura opera. L’idea aristotelica della corrispondenza tra l’uomo come microcosmo e la natura come macrocosmo fu ampiamente ripresa nel Rinascimento, ma si ritrova anche in autori recenti, come Pavel Florenskij. Analogamente, l’idea del cosmo come sistema vivente riemerge intorno all’idea di ecosistema nelle riflessioni di James Lovelock. Nel passaggio alla Modernità la metafora della natura come organismo si attenua a vantaggio dell’idea di natura sperimentabile e matematizzabile.
La svolta impressa dal pensiero moderno rispetto a quello medievale è radicale. Gli scienziati moderni, Galileo Galilei in primis, riprendono l’uso medievale della metafora del Libro della Natura, dove è possibile l’opera di Dio, ma l’atteggiamento cambia: diventa centrale la rappresentazione cinematica dei fenomeni, volta a comprendere non come il tutto si generi da un principio, ma come un singolo evento sia il prodotto di un processo causale ripetibile e descrivibile matematicamente. La Natura non è più vista come organismo, ma come meccanismo.
La natura come meccanismo: dall’orologio al computer. La visione della natura costituita da materia e movimento è al cuore del meccanicismo moderno. La natura è una grande macchina, mossa per meccanismi regolati da leggi. Gli orologi erano macchine particolarmente studiate, soprattutto nelle loro applicazioni astronomiche. Si delinea la metafora del mondo come un orologio e di Dio grande orologiaio (Descartes). Il rapporto tra Dio e la regolarità dei meccanismi naturali richiede di precisare il ruolo del Creatore rispetto alla creazione. Il ricorso a Dio laddove la spiegazione scientifica di un fenomeno è mancante sarà espressamente codificato tra il XIX e XX secolo nell’opera di alcuni teologi: è celebre la definizione di “God of the gaps” (“Dio tappa-buchi”, “Dio dei vuoti”).
Oggi l’approccio meccanicistico si ritrova nel Neomeccanicismo (con studiosi come C. Craver o S. Glennan), che attualizza l’idea di meccanismo alla luce degli sviluppi della scienza del XX secolo e indaga l’idea di causalità secondo una pluralità di soluzioni e di visioni della natura, come quella basata sull’interazione tra oggetti. Dalla natura come orologio si è giunti infine a paragonare la natura a un computer. Dopo i primissimi computer (la macchina di McCullogh e Pitts e quella di von Neumann), calcolatori sempre più potenti hanno spinto a ipotizzare di riprodurre l’intelligenza umana mediante algoritmi eseguiti dal computer. Lo sviluppo dell’informatica e della teoria dell’informazione autorizza molti studiosi a ritenere che gli stessi processi naturali siano elaborazione di informazione. La visione pitagorica della natura ha trovato un revival nella tecnologia: tutto è numero, tutto è informazione e la natura è un grande computer.
Il Libro della Natura e la Creazione. Fu Raimondo di Sabunde (Ramon Sibiuda, 1385-1436 ca.) a parlare esplicitamente della natura come un libro in cui identificare le tracce del Creatore, ma da Agostino a Bonaventura di Bagnoregio la teologia aveva attinto variamente a questa metafora. La metafora del libro della natura ha condizionato l'emergere di nuove prospettive scientifiche, soprattutto in età moderna e in particolare con Galileo Galilei. D’altra parte, il problema dell’accordo tra la rappresentazione del mondo e la sacra Scrittura aveva segnato il cristianesimo fin dalle sue origini.
Ereditando il libro della Genesi dalla tradizione giudaica, i cristiani avevano trovato nell’Esamerone una narrazione rassicurante del modo in cui il mondo era stato creato. Tale rappresentazione è fortemente in continuità con quelle provenienti dall’Oriente più antico: nella tradizione mesopotamica, ad esempio, un dio creatore ordinava una materia preesistente. Anche nel testo genesiaco l’azione creativa è spesso indicata con il verbo “fare” (Gn 1, 7; 16; 25), che non necessariamente allude alla creazione dal nulla e si può riferire alla totalità del fenomeno cosmico. L’allusione alla creatio ex nihilo si affianca o sovrappone a quella per cui la natura ha una storia, compresa all’interno della storia della salvezza: gli esegeti cristiani dei primi secoli interpretano allegoricamente il libro della Genesi, inserendo divagazioni su contenuti astronomici o di storia naturale.
Caos e ordine: indeterminismo, determinismo, complessità. L’idea di una natura matematizzata può far ripiegare verso materialismo e determinismo, soprattutto se si prendono a modello le scienze fisiche: è quanto avvenne tra Seicento e Settecento. Tra il XIX secolo e la prima metà del XX, grazie all’avvento della termodinamica, della meccanica quantistica e della teoria della relatività, la natura viene pensata in modo meno riduzionista. Si scoprono fenomeni dominati dal principio di indeterminazione: se questa scoperta sia dovuta alla mancanza di conoscenza delle leggi che regolano i processi microfisici, alla debolezza delle teorie usate per descriverle, o all’essenza stessa della realtà resta ancora oggetto di profonde discussioni scientifiche e filosofiche. Nel corso del XX secolo si delinea anche l’immagine di una natura olistica e complessa: il comportamento dei sistemi e dei processi non è riconducibile alle leggi che regolano quello dei loro componenti singoli. Il tutto è più della somma delle parti.
La meccanica classica aveva operato su sistemi con poche variabili per ottenere leggi universali, ottenendo grandi risultati scientifici e tecnologici. La meccanica statistica aveva, soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, lavorato su sistemi a tante variabili ottenendo leggi probabilistiche e statistiche e una visione della natura come un sistema complesso e non organizzato. Il XX secolo scopre che la natura è una complessità organizzata. Da un lato minime variazioni di poche variabili possono ottenere effetti di larga scala; dall’altro, la gran quantità di fattori indipendenti non produce inevitabilmente il disordine, ma può originare meccanismi di auto-organizzazione: mentre l’entropia dell’universo lo spinge verso la morte termica, entro alcuni sistemi chiusi si produce ordine e vita. La scienza viene incoraggiata a rinnovare l’immagine che ha di se stessa e si parla di “nuova alleanza” tra essa e altre forme di sapere.
La natura è conoscibile dalla scienza? Realtà e apparenza. Nel Novecento la filosofia e la scienza stessa hanno dovuto riconsiderare una serie di questioni sul nostro tentativo di penetrare i segreti della natura: la questione del metodo scientifico e del rapporto tra esperimento e teoria, la demarcazione della scienza dalla non-scienza, la rappresentazione e la razionalità del cambiamento delle teorie scientifiche, il concetto di causa e di legge naturale, il rapporto tra scienza e tecnologia.
In questo contesto sono riemersi in nuova luce due antichi problemi filosofici: il dibattito tra realismo e antirealismo scientifico è la nuova versione del tradizionale confronto tra scettici e “dogmatici”. Quel che la scienza teorica dice sulle strutture inosservabili della natura è sufficientemente giustificato e almeno parzialmente vero, come indicherebbero le sue scoperte e i suoi successi tecnologici? O si tratta di semplici ipotesi inverificabili, come farebbero temere le frequenti confutazioni di teorie un tempo ritenute indubitabili?
Il contrasto tra costruttivismo e realismo “metafisico” si ritrova invece in quello tra idealismo e realismo: l’immagine della natura propostaci dalla scienza, con tutta la sua ammirevole esattezza, è vera solo nel nostro pensiero, o ci parla di una realtà oggettiva che è altro da noi, che ci trascende, e che esploriamo con crescente meraviglia? Sintetizzando entrambi i quesiti in termini kantiani, si tratta di capire se le nostre immagini della natura sono apparenze (probabilmente fallaci), o sono il trasparire, seppur nelle forme limitate della conoscenza umana, della realtà.
Laboratorio interdisciplinare: Per l’essere umano è necessario vivere in armonia con la natura. I docenti guidino un confronto su questo tema, ponendo in dialogo l’approccio del metodo scientifico con le visioni filosofiche e religiose della natura. Fra queste ultime si prenda anche in considerazione la concezione della natura come creazione.
Discutiamone insieme: La linguistica e la filologia sono discipline essenziali per comprendere l’origine e l’evoluzione di parole e concetti. Quale relazione sussiste tra le presunte etimologie del termine “natura” proposte lungo i secoli e le varie visioni filosofiche e culturali sottese? I docenti di lingua e letteratura greca e latina e/o di filosofia propongano agli studenti un percorso di ricerca che possa valorizzare tali aspetti.
Discutiamone insieme: La natura è stata oggetto, lungo la storia, di diverse metafore. Fra queste, si considerino le seguenti: la natura come essere vivente; la natura come libro; la natura come orologio; la natura come programma in codice (computer). I docenti approfondiscano quali autori le hanno proposte e in quali periodi storici, se limitate nel tempo oppure ricorrenti nella storia. In modo particolare, guidino una discussione su quali siano le conseguenze di queste differenti visioni sul nostro modo di conoscerla, su cosa sia o voglia dire la natura in sé, sulla sua autonomia o dipendenza da qualcuno, sull’immagine di colui al quale la natura rimanderebbe.
Approfondisci e rifletti: Nella tragedia di Sofocle Antigone si assiste all’opposizione tra legge naturale e legge civile. Impiegando questo spunto, compi una ricerca per capire cosa sono il diritto naturale e il diritto positivo.
- L’etimo del termine “natura” rimanda a qualcosa che emerge e si sviluppa: nascere, crescere, diventare... Non si limita, dunque, a significare una "essenza" immutabile, ma indica piuttosto un principio dinamico, operativo.
- Platone e Aristotele hanno sviluppato l’idea di natura come essenza, ovvero "ciò che una cosa è per natura", sebbene essa regoli anche come una cosa possa svilupparsi e interagire con altre entità.
- A partire dal XVII secolo, con Stenone, Linneo, Lamarck e, poi, Darwin, nella visione della natura entra progressivamente la nozione di "storia" e con essa l'idea di una natura in evoluzione.
- Molto istruttive le metafore impiegate nei secoli per intendere la natura: un libro scritto dal Creatore, un organismo in evoluzione, un orologio regolato da un “grande orologiaio”, un computer.
- La visione meccanicista e determinista di Seicento e Settecento entra in crisi con le scoperte del Novecento (termodinamica, meccanica quantistica, teoria della relatività) che portano a un’immagine della natura olistica e complessa.
- Il Novecento ha visto tornare in auge questioni e dibattiti come quello tra idealismo e realismo nelle nostre rappresentazioni della natura.
- L'impresa scientifica, pur fallibile e perfezionabile, si basa su una concezione della natura come sede di proprietà stabili e conoscibili.
Giovanni Monastra, Nature
Giuseppe Tanzella-Nitti, Materialism
Bibliografie tematiche:
Sacra Scrittura: esegesi e rapporto con le scienze
Opere in rapporto con il Percorso:
R. Brague, La saggezza del mondo. Storia dell’esperienza umana dell’universo (2005)
G. Del Re, La Danza del Cosmo (2006)
V. Grossi, La cultura scientifico-naturalista nei Padri della Chiesa (I-V sec.) (2007)
R. Speamann, R. Löw, Fini naturali. Storia e riscoperta del pensiero teleologico (2013)
P. Zellini, La dittatura del calcolo (2018)
La natura come orologio, citazioni di R. Descartes
The Gaia Hypothesis (2000), di J. Lovelock
Esiste una storia naturale? (2020), di I. Colagè