Non so quanti di voi abbiano usato un caleidoscopio. Quando ero ragazzino (parliamo di 60 anni fa) era un giocattolo comune. Un semplice tubo di cartone con dei piccoli frammenti di vetro che, riflessi da due o più specchi, quando si faceva ruotare il tubo prendevano la forma di molteplici figure simmetriche, sempre diverse, mai uguali, tutte provenienti dagli stessi pochi e piccoli frammenti contenuti al suo interno. Il Natale, ciò che esso è e ciò che esso evoca, può paragonarsi a quei piccoli frammenti capaci di dare origine a luci straordinarie, nelle letture che ne danno l’arte, la letteratura, la cultura popolare, il cinema (quello buono), la musica e, ovviamente, il cristianesimo, che di tutte quelle letture è l’origine, sebbene per molti sia adesso un’origine quasi nascosta.
I testi che il portale disf.org propone in queste settimane di Avvento sono immagini eterogenee, composite, che prendono però tutte luce da mistero che si trova al loro centro e che esse riflettono. A queste se ne potrebbero aggiungere infinite altre, quelle che la cultura umana ha prodotto negli ultimi duemila anni, ma anche quelle che l’umanità ha intravisto, forse desiderato,prima della nascita di Gesù di Nazaret , come suggerisce ad esempio la comprensione del mito come praeparatio evangelii in C.S. Lewis.
Leone Magno scrive qualche anno dopo il Concilio di Calcedonia (451), divulgando in modo accessibile a tutti la dottrina cattolica sull’unità della Persona del Verbo e le sue due nature, quella umana e quella divina, unite, appunto, perché possedute da una medesima persona, in modo inconfuso, immutabile, inseparabile e indivisibile. Da questa semplice definizione, dipende tutta l’originalità del mistero cristiano rispetto alla mitologia greca e ella filosofia orientale: Dio viene incontro all’uomo, si unisce all’uomo, restando Dio, ma assumendo su di sé, come sua natura, tutto ciò che l’essere umano è. «La sua origine è diversa dalla nostra, – afferma Leone Magno – ma la sua natura è uguale alla nostra», «discende dalla sede celeste senza, però, allontanarsi dalla gloria del Padre», «pur rimanendo invisibile nella sua natura è diventato visibile nella natura nostra»; «egli che è l'immenso, ha voluto essere racchiuso nello spazio: pur restando nella sua eternità, ha voluto incominciare a esistere nel tempo», «l'immortale non ha rifiutato di sottomettersi alla legge della morte». Di fronte a questo modo così stretto e reale con cui l’amante si fa prossimo all’amato, fino a diventare una sola cosa con lui, tutte le altre storie d’amore impallidiscono.
Nel primo messaggio Urbe et orbi, alla città e al mondo, che Giovanni Paolo II dirige a braccio due mesi dopo la sua elezione, il giorno di Natale del 1978, presenta il Natale come “festa dell’uomo”, ovvero come la radice dalla quale prende forza ogni discorso sulla dignità della persona umana.«Accettate la grande verità sull’uomo. Accettate la piena verità sull’uomo pronunziata nella notte di Natale. Accettate questa dimensione dell’uomo, che si è aperta a tutti gli uomini in questa Santa Notte!». L’invito, rivolto a tutti, credenti e non credenti, è ad accettare il mistero di questo annuncio. Un invito che, in alcuni passaggi del successivo magistero di Benedetto XVI, sarà presentato come il coraggio di “vivere come se Dio esistesse”, perché da ciò sembra proprio dipendere, in modo emblematico, il bene dei popoli e dell’umanità. Affermava Giovanni Paolo II in questo messaggio: «In questo mistero si trova la forza dell’umanità. La forza che irradia su tutto ciò che è umano. Non rendete difficile questa irradiazione. Non la distruggete. Tutto ciò che è umano, cresce da questa forza; senza di essa deperisce; senza di essa va in rovina». Difendere la narrazione del Natale – per i credenti,la storia di Dio entrato davvero nel mondo – è qualcosa con cui, ci sembra poter dire, la dignità dell’essere umano sta o cade. L’esperienza di vederla purtroppo caduta troppe volte, in troppi luoghi, con troppo dolore, dovrebbe farci tutti pensare e aiutarci a tirare le conseguenze.
Se fare questa scelta, cioè aprirsi alla possibilità del mistero del Natale, può risultare gravosa e controcorrente, Raniero Cantalamessa, in un originale sermone di Avvento pronunciato nella Basilica di san Pietro nel 2010, sembra volercene offrire le ragioni di convenienza. Ripercorrendo la vicenda del rapporto fra fede e ragione in Occidente, egli argomenta come l'esperienza del sacro, lungi dal mortificare la ragione, le mostra le sue vere possibilità. Una volta superati i condizionamenti del riduzionismo neopositivista, la ragione può cercare cammini che possano aprirla alla nozione di Dio e al suo riconoscimento nella natura e nell'esistenza umana.
Nella sua opera Vita activa. La condizione umana (1958), Hannah Arendt riflette sul “miracolo” della nascita di un essere umano e ne parla come l’unico, vero elemento che può dare speranza al genere umano, apparentemente chiuso nell’itinerario che dalla vita lo conduce alla morte. La nascita di un nuovo essere umano è «il miracolo che preserva il mondo», l’unica esperienza che può generare fede e speranza, due caratteristiche, afferma Arendt, che la cultura greca ignorava. «È questa fede e speranza nel mondo trova forse la sua più gloriosa e efficace espressione nelle poche parole con cui il vangelo annunciò la "lieta novella" dell’avvento: "Un bambino è nato fra noi"».
Può essere infine letto come una metafora del Natale anche il bellissimo film di Frank Capra La vita è meravigliosa (1946), una storia di crisi e di salvezza che fa riflettere sul senso della vita di ciascuno, anche quando sembra ormai irrimediabilmente perduta. Sull’orlo del suicidio, dopo aver visto l’ormai inevitabile tracollo della sua banca, attraverso la quale aveva pure fatto tanto bene a tanta gente, il protagonista George Bailey (James Stewart) incontra un personaggio misterioso, svelatosi poi essere un angelo. Proprio di fronte alla sua disperazione – “sarebbe stato meglio se non fossi mai nato”, afferma Bailey – l’angelo Clarence gli fa vedere come sarebbe stata la sua città, il mondo, se egli non fosse mai nato, se non avesse fatto il bene attraverso il suo lavoro. E qui il nostro interrogativo: come sarebbe stata la storia degli uomini, come sarebbe stata la storia dell’Occidente, ma anche del mondo intero, se il cristianesimo non fosse mai sorto, se non fosse mai esistito il suo sconvolgente messaggio che Dio si è fatto uomo ed è diventato uno di noi? Quali destini i popoli e le nazioni avrebbero conosciuto negli ultimi duemila anni se la cultura umana non avesse scoperto, in Gesù di Nazaret, il senso del perdono e della misericordia, il valore della libertà e della speranza del Cielo? Come sarebbe il mondo senza il Natale?
Domande supreme, che esortano a maggiore consapevolezza i credenti, ma fanno riflettere anche i non credenti sul corso del mondo e degli eventi, provvidenziali, che lo visitano. Accostiamoci ancora una volta al Natale, come ad un caleidoscopio che ci riserva immagini inedite, sempre nuove, dove bellezza e speranza possono congiungersi.